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Bugie mediatiche e realtà dell'accordo italo-francese

 

Ecco smentiti fin dall'articolo 1 (3° comma) gli annunci dati a mezzo stampa sui tempi di avvio dei lavori e sui costi per i due stati:

 

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Riproduciamo qui un commento alla lettura dei principali articoli:

 

Italia-Francia, i cavilli sul Tav
Tra le pieghe dell’accordo ancora molta incertezza. Il documento non si sbilancia sui fondi UE

 

di Massimiliano Borgia da Luna Nuova del 10/02/2012 – pag. 3

 

L'accordo sottoscritto da Francia e Italia a Roma, il 30 gennaio, non è propriamente l'atto finale che da il via libera definiti­vo alla Torino-Lione. Nei cavilli elaborati da due diplomazie navigate, quali sono quella italiana e, soprattutto, quella francese, si può leggere ancora molta incertezza. Intanto, l'accordo (che è "addi­zionale" a quello del 29 gennaio del 2001) rimanda, in buona parte, alla disponibilità dei fondi europei. Inoltre, i due governi hanno prefe­rito non sbilanciarsi sull'ammon­tare di questi fondi comunitari che, invece, da mesi vengono dati per scontati e quantificati nel 40 per cento dei costi.

 

All'articolo 1, si dice che l'accordo «non ha come oggetto di per­mettere l'avvio dei lavori definitivi della parte comune italo-francese», perché i lavori richiederanno «un protocollo addizionale separato, tenendo conto, in particolare, della partecipazione definitiva dell'Unione europea».

 

E poi, all'articolo 16: «La disponibilità del finanziamento sarà una condizione preliminare per l'avvio dei lavori delle varie fasi della "parte comune italo-francese" della "sezione internazionale". Le parti si rivolgeranno all'Unione europea per ottenere una sovvenzione pari al tasso massimo possibile per questo tipo di opera». Vale a dire che, nonostante l'interesse dei due Stati, se non ci saranno i relativi finanziamenti europei, il Tav non si farà.

 

Due distinti passaggi che lascia­no trasparire una forte incertezza sulla futura disponibilità dei fondi europei, che, per ora, sono stan­ziati solo per la progettazione, e fino al 2013. Tra, l'altro, proprio questo accordo era la condizio­ne senza la  quale l'Europa non avrebbe continuato ad erogare i finanziamenti.

 

Nello stesso testo è poi con­tenuto il presupposto per fare pagare all'Europa una percentuale anche su quelle che diventano le ex "tratte nazionali" della Nuova Torino-Lione. Se nel 2001 la tratta internazionale andava da Saint Jean de Maurienne ai paraggi di Bussoleno (si parlava di Bruzolo), ora, la "sezione internazionale" è estesa praticamente a tutta la linea: da Saint Didier de LaTour (traLione e Chambery) al Nodo di Torino. Questa è poi divisa in tre parti, che potrebbero coincidere con le fasi costruttive. Sono: la parte france­se (da Saint Didier de La Tour a Montmélian); la "parte comune" italo-francese, tra Montmélian a Chiusa S.Michele; la parte italiana (da Chiusa S.Michele al Nodo di Torino). All'interno della "parte comune" è individuata quella che ora è ufficialmente la "sezione transfrontaliera", da Saint Jean de Maurienne alla zona tra Susa e Bussoleno dove è compreso il tunnel di base da 57 chilometri.

 

Come previsto, la realizzazione della "parte comune" sarà divisa in due diverse «fasi funzionali». In una prima fase, che è quella og­getto dell'accordo, sarà realizzatasolo la sezione transfrontaliera insieme ai raccordi con la linea storica a Susa-Bussoleno e a Saint Jean. In aggiunta a questi lavori, nello stesso testo, è prevista la realizzazione, da parte di Rfi, di «lavori di miglioramento della capacità sulla linea storica tra Avigliana e Bussoleno». Dopo la sezione transfrontaliera, per il resto, sarà necessario un nuovo accordo. «La consistenza delle fasi successive - è scritto - sarà definita dalle parti nell'ambito di accordi ulteriori».

 

All'articolo 6 sono citate espres­samente le «misure di accompa­gnamento dei cantieri», che, in Francia, dovranno applicare la Démarche grand chantier, mentre, in Italia, dovranno applicare la legge della Regione Piemonte su cantieri e territorio, che in questo modo vie­ne riconosciuta ufficialmente. An­che in questo caso, l'inserimento delle misure di accompagnamento, se interpretato come organico al progetto, potrebbe aprire le porte a una futura richiesta di finanziamento europeo.

 

Sulla ripartizione dei costi tra i due Stati, l'accordo conferma il testo del 2001 che prevede una ripartizione dei finanziamenti «in parti uguali tra i due paesi». Ma «in via del tutto eccezionale, i sovra-costi derivati dal cambiamento del tracciato in Italia saranno sostenuti totalmente dalla parte italiana, che beneficerà della globalità del re­lativo finanziamento europeo per coprire: i costi per la revisione del progetto preliminare e definitivo dell'opera; i costi per la realizza­zione del cunicolo geognostico della Maddalena; i costi per la rea­lizzazione dei sondaggi in Italia. Questi costi sono quantificati come da bilancio di Ltf del 2010».

 

Sempre sulla ripartizione dei costi viene sancito che «sottratto il contributo europeo e la parte finanziata dai pedaggi versati dalle imprese ferroviarie, per i costi di prima fase (e, dunque, solo per quelli, ndr) la chiave di ripartizione scelta è del 57,9 per cento per la parte italiana e del 42,1 per cento per la parte francese, nei limiti del costo stimato nel progetto definiti­vo, certificato da un terzo esterno. Oltre questo importo certificato, i costi saranno ripartiti al 50 e 50 tra la parte italiana e la parte francese».

 

E, sempre sui costi, spunta la cifra di 81 milioni di euro per realiz­zare quei lavori di miglioramento della linea storica da Avigliana a Bussoleno che dovranno essere realizzati da Rfi. Questo finanzia­mento, infatti, fa parte del costo della realizzazione di prima fase, ma «gli eventuali sovracosti - non si fidano i francesi - saranno total­mente a carico della parte italiana». C'è da dire che l'esistenza stessa di un progetto di miglioramento della capacità della linea tra Avigliana e Bussoleno era sconosciuto ai più. Soprattutto a molti sindaci della valle. Un progetto che, con la "seconda fase" rimandata a un nuovo accordo bilaterale, sa tanto di opera definitiva.

 

Le opere realizzate nella sezione transfrontaliera diventeranno di proprietà del "promotore pubbli­co" cioè della nuova Ltf, che potrà gestirle direttamente o affidarle in gestione. Su come l'opera sarà ripagata, l'accordo esprime solo un auspicio. E cioè che i «principi di tariffazione della linea ferroviaria tengano conto, per ogni sezione, dell'utilità che le imprese ferrovia­rie potranno trarre dalla loro rea­lizzazione», anche per aumentare la capacità di autofinanziamento delle diverse opere.

 

In previsione del massimo utiliz­zo della futura Torino-Lione, Italia e Francia si impegnano a realizzare quella «politica di trasferimento modale», mai davvero messa in pratica, rilanciando la vecchia idea del pedaggio ambientale per i mezzi pesanti e cioè attuare la «regolazione della circolazione delle merci su strada, utilizzando gli strumenti tariffari o normativi appropriati, nel rispetto della legi­slazione europea» ma solo quando sarà disponibile «un'adeguata capacità ferroviaria».

 

La gestione della linea storica del Frejus sarà affidata al nuovo Promotore pubblico, cioè alla nuo­va Ltf. Questo avverrà non prima di due anni, e dopo la revisione della convenzione tra i due stati del 1951 relativa alle stazioni internazionali di Ventimiglia e Modane.