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Savona, l’arresto di Fameli e le ombre sulla Procura

di Chiara Pracchi da Narcomafie del 12/03/2012 http://www.narcomafie.it/2012/03/12/savona-larresto-di-fameli-e-le-ombre-sulla-procura/

 

A tre giorni di distanza dall’operazione che ha portato in carcere Antonio Fameli per riciclaggio e trasferimento fraudolento di beni, la vicenda non smette di far parlare di sè. Questa volta per i contatti e le coperture di cui potrebbe aver goduto l’imprenditore loanese di origini calabresi, ritenuto da tempo vicino al clan dei Piromalli. “La giustizia lo sa già tutti i miei giri di proprietà e di società che sono tutti miei prestanomi, e questo l’ho comunicato tempo fa anche al dottor Scolastico, della Dda di Genova”. Lo scrive lo stesso Antonio Fameli in una email indirizzata al figlio Serafino, che minacciava di diffondere un dossier sulle attività del padre. Quelle finanziarie, perché della presunta vicinanza di Fameli alla ‘ndrangheta in questa inchiesta non c’è traccia.

 

Per questo occorre ripercorrere brevemente le vicende giudiziarie che lo hanno interessato, per poter inquadrare meglio questo nuovo capitolo. Ritenuto affiliato alle logge massoniche del ponente Savonese, nel 1985 venne condannato in secondo grado all’ergastolo, quale mandante di un omicidio nell’ambito del processo “Mafia delle tre province”. Sentenza che venne poi ribaltata in Cassazione dal giudice Corrado Carnevale per irregolarità procedurali. Alla ripresa del nuovo procedimento venne nuovamente condannato in primo grado, ma non nei successivi. Dal 1964 vive in Liguria dove ha fatto fortuna con un’agenzia di intermediazione immobiliare.

 

Il riferimento al coordinatore della Direzione distrettuale antimafia di Genova non è l’unico agli atti: “L’altro giorno è arrivato uno della Dia – racconta Fameli al telefono – m’ha detto me manda il Procuratore Scolastico, vorrei sapere quella persone dove abita, io ho detto dove abita, io sto collaborando e il casinò (la sala giochi posta al pian terreno della Villa Fameli, sull’Aurelia, ndr) non vien toccato per niente! … A me Scolastico m’ha detto … in qualsiasi situazione che ti trov ifai il mio nome … Chiunque che sia chiama me!”. Convinzione che aveva condiviso anche con la sua segretaria, Maria Antonietta Barile, che, interrogata il 17 novembre del 2011, riferisce che Fameli “era tranquillo perché il fatto che lui avesse dei prestanome lo sapeva perfettamente anche il dottor Scolastico …. e che per questo non gli sarebbe potuto succedere nulla”. Millanterie o l’imprenditore è stato per anni un confidente della Procura, in cambio di favori e protezioni? A questo punto delle indagini è difficile rispondere al quesito e Scolastico, che prima di passare alla Dda di Genova è stato per anni il procuratore capo di Savona, ha smentito categoricamente, ma in maniera molto pacata, queste affermazioni.

 

L’ordinanza, firmata dal gip Donatella Aschero su richiesta del pm Danilo Ceccarelli, mostra molto bene il modo di procedere del commendator Fameli, che, come è scritto a pag 11 “ama da sempre tenere contatti con i magistrati, carabinieri, esponenti delle forze dell’ordine, vantandosi di ciò apertamente e ritenendo che questa sua condotta lo renda immune da conseguenze penali”.

 

Implicato nella vicenda, non è dunque solo Scolastico. Una delle persone che compaiono più volte nell’inchiesta, pur non essendo indagato, è il luogotenente dei carabinieri Pier Luigi Stendardo, fino a poco tempo fa in forza al comando provinciale. Stendardo è il marito di Claudia Marsala, uno dei legali di Antonio Fameli e quindi è normale che i due si conoscessero. Ma, stando alle dichiarazioni rilasciate dalla segretaria Barile, “Fameli faceva l’informatore di Stendardo in relazione a eventuali reati di cui lui veniva a conoscenza, ad esempio qualche reato commesso da qualche straniero cui lui aveva affittato un appartamento”. In cambio – prosegue la segretaria – si poteva ricorrere a lui in caso di movimenti strani: “Ricordo di aver visto una autovettura, che si era fermata di fronte al locale e mi sembrava facesse delle foto, auto che ho poi visto ripassare. Chiamai allora Stendardo dandogli il numero di targa. Fameli mi aveva detto che Stendardo era uno della squadra mobile di Savona, (in realtà in forza al nucleo investigativo carabinieri) che era il marito dell’avvocato Claudia Marsala e che se avessi mai visto qualcosa di strano o preoccupante, avrei dovuto chiamare Stendardo”.

 

Ad ottobre, il pm Danilo Ceccarelli ha disposto una perquisizione della casa e dell’ufficio di Stendardo, dal quale sono stati portati via i faldoni riguardanti Fameli, per poi essere restituiti tempo dopo, senza lasciar trapelare nulla sul contenuto dei documenti.

 

Coincidenza vuole, poi, che l’avvocato Claudia Marsala sia la cognata del generale dei carabinieri Michele Riccio, condannato in via definitiva a 4 anni e mezzo per aver favorito i suoi confidenti. Negli anni ’80 Riccio e alcuni altri funzionari di Savona testimoniarono a favore di Fameli, a proposito della sua presunta vicinanza al clan Piromalli, dicendo che non era un soggetto ‘ndranghetista, ma che al contrario era stato utile ad alcune indagini. Il riferimento è al progetto di rapire l’imprenditore di Loano Augusto Salvini, di cui Fameli venne a conoscenza in carcere, e che denunciò a Riccio e al suo collaboratore Angelo Piccolo. Stando all’ordinanza di custodia cautelare, il maresciallo Piccolo farebbe parte di quei contatti che Fameli avrebbe cercato di smuovere per inquinare le prove.

 

Impossibile per il momento stabilire se in passato il faccendiere calabrese abbia potuto godere di un trattamento di favore da parte di alcuni inquirenti della procura di Savona.