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E lo scarto pericoloso diventò materiale utile
Un decreto del ministro Clini modifica il trattamento dei residui per lo scavo della Tav
Rocce e polveri smaltite tra miniere e parchi. Idea già lanciata nel 2001 dal predecessore Lunardi

 

di Sara Frangini da Il Fatto Quotidiano del 25/09/2012 – pag. 12

 

Basta cambiare il nome e il gioco è fatto. I rifiuti del cantiere per la costruzione del tratto fiorentino della Tav po­trebbero diventare semplici materiali da smaltire in tutta tranquillità. Perfino in un par­co. O meglio, nell'ex miniera di Santa Barbara a Cavriglia, comune in provincia di Arezzo. A stabilirlo è un decreto a firma del ministro dell'Am­biente Corrado Clini la cui pubblicazione in Gazzetta Uf­ficiale (la 221 del 21 settem­bre) sul "Regolamento recan­te la disciplina dell'utilizzazio­ne delle terre e rocce da scavo", è stata seguita dall'inter­rogazione alla Commissione Europea della presidente della Commissione Antimafia a Bru­xelles Sonia Alfano con "ri­chiesta immediata di valutazione del regolamento mini­steriale italiano".

 

Perché le norme sulle terre e delle rocce di scavo allarghe­rebbe le maglie, e non di poco, sulla possibilità di smaltimen­to, lasciando al tempo stesso spazio a interpretazioni più ampie sulla classificazione dei residui. Compresi, appunto, quelli prodotti dal cantiere per la costruzione del doppio tun­nel (della bellezza di sette chilometri) del nodo fiorentino dell'Alta velocità. Si tratta di "milioni di tonnellate di rifiuti inquinanti che per di più sono mescolati agli additivi chimici utili all'escavazione con la fre­sa, la famosa Monna Lisa", de­nuncia la consigliera comuna­le di Firenze Ornella De Zordo, precisando che andrebbero a finire "in un'area destinata a di­ventare Parco". Dopotutto, si sa, smaltire i ri­fiuti in un modo o in un altro fa una bella differenza, soprattut­to in termini economici. Det­taglio, ma nemmeno poi tanto, che aveva ben presente il mi­nistro del Governo Berlusconi Stefania Prestigiacomo quan­do, lo scorso novembre, tentò il colpo di coda provando a cambiare il regolamento. Pro­prio come avrebbe fatto Clini nonostante il fallimento del precedente tentativo, blocca­to dalla Commissione ambien­te della Unione europea. Il suo nuovo decreto, stando a quan­to si apprende, sarebbe stato vagliato a Bruxelles dalla Com­missione Industria che "ha verificato solo la non sussistenza di fattori che ostacolino la libe­ra concorrenza".

 

Parola della capolista di opposizione fiorentina PerUnaltracittà che te­me si realizzi "il miracolo della sparizione dei rifiuti speciali dal sottosuolo di Firenze che riappariranno nel parco di San­ta Barbara, trasformato in di­scarica".

 

I NO TAV sono in allerta e, visto che alla partenza dei lavo­ri di scavo i materiali erano considerati rifiuti smaltibili soltanto in discarica, il motivo è più che comprensibile. Sulla questione la battaglia è scop­piata da anni. Da quando terre e rocce con particolari caratte­ristiche vennero inquadrate, con il decreto Ronchi, come ri­fiuti. Poi Lunardi ci mise lo zampino e arrivò la cosiddetta "legge obiettivo". La 443 del 21 dicembre 2001 parlava chiaro. Secondo la norma "le terre e rocce da scavo, anche di galle­rie, non costituiscono rifiuti", restando quindi "escluse dal­l'ambito di applicazione" del decreto legislativo che ne di­sciplinava la gestione. Questo "anche quando contaminate durante il ciclo produttivo da sostanze inquinanti derivanti dalle attività di escavazione, perforazione e costruzione, sempreché la composizione media dell'intera massa non presenti una concentrazione di inquinanti superiore ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti".

 

Una classificazione non distan­te, nella sostanza, da quella di Clini, fatta con lo scopo - sulla carta - di avere procedure più semplici e snelle per lo smalti­mento dei rifiuti. In realtà, per ambientalisti e No Tav, di libe­rarsi da qualche vincolo di troppo per togliere di mezzo gli scarti più facilmente e, so­prattutto, a costi inferiori.