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Tunnel di corso Grosseto, inchiesta sulla gara d’appalto

Sei indagati per corruzione e turbativa. Tra loro l’ex assessore Bonino

 

di Paola Italiano e Andrea Rossi da La Stampa del 09-05-2015 – Cronaca di Torino
http://www.lastampa.it/2015/05/09/cronaca/tunnel-di-corso-grosseto-inchiesta-sulla-gara-dappalto-jiBWlSCMLTcvYGYlQ1VzIK/pagina.html

 

Mai vista una gara d’appalto così, dicevano i (tanti) critici. Mai visto un progetto pubblico da 131 milioni essere affidato e modificato subito dopo, con aggravio di costi, inserendo lavori che le ditte escluse dalla gara proponevano di realizzare allo stesso prezzo. Il tunnel di corso Grosseto - che permetterà di arrivare in treno da Porta Susa a Caselle - non è nato sotto una buona stella. Troppe anomalie. Anche secondo la procura di Torino.

 

L’indagine 

A Palazzo di Giustizia hanno aperto un fascicolo, affidato al pm Stefano Demontis che a oggi vede sei indagati. Tra loro ci sono l’ex assessore regionale alle Infrastrutture Barbara Bonino, il suo compagno, l’imprenditore Ezio Bigotti, e Leo Massari, un dirigente di Scr, la società pubblica che gestisce gli appalti per conto della Regione e che nel 2013 ha aggiudicato la gara per il cantiere, 131 milioni per collegare la linea Torino–Ceres ( e l’aeroporto di Caselle) con il passante ferroviario di Torino.  

L’ipotesi è corruzione e turbativa d’asta rispetto alla contestatissima procedura con cui sono stati affidati i lavori - due anni e mezzo di cantieri - al raggruppamento di imprese formato da Itinera (gruppo Gavio) e Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna: tra gli indagati ci sarebbe anche almeno un dipendente di Ccc. Nei giorni scorsi i carabinieri hanno perquisito in più occasioni la sede di Scr e del gruppo Sti che fa capo a Bigotti, il quale sarebbe però coinvolto a titolo personale.

 

L’offerta tecnica

Le anomalie nella gara sarebbero diverse, molte denunciate nei mesi scorsi dalle ditte uscite sconfitte e da vari esponenti politici. A cominciare dalla struttura stessa del bando, che assicurava ben poca importanza all’offerta economica, solitamente invece decisiva in questi appalti da decine di milioni. Il prezzo a cui le aziende si impegnavano a concludere il cantiere incideva per circa il 15% sul punteggio complessivo, diversamente dalle caratteristiche tecniche, considerate decisive, ma per loro natura molto discrezionali. Infatti, la procedura si era sostanzialmente conclusa con l’apertura delle buste con l’offerta tecnica: a quel punto Itinera e Ccc avevano un punteggio così alto che - era la battuta all’epoca ricorrente tra i critici del bando - i rivali non avrebbero vinto nemmeno se si fossero offerti di fare i lavori a gratis. 

 

L’intervento del C omune 

Non bastasse, ad appalto aggiudicato - e in attesa del verdetto di Tar e Consiglio di Stato - era intervenuto il Comune di Torino: l’assessore alla Viabilità Claudio Lubatti aveva proposto una variante al progetto. Si trattava di includere nel collegamento anche lo Juventus Stadium. Una soluzione che avrebbe determinato un aumento delle spese ma che - in sede di gara - era stata proposta da una delle aziende escluse a costi invariati.  

Anche sui referenti politici dell’operazione - l’assessorato ai Trasporti della Regione - incombevano molte ombre. A capo della commissione di gara era Leo Massari, direttore amministrativo di Scr, legato a Barbara Bonino. C’era lui perché il suo superiore, Sergio Manto, era stato escluso salvo poi essere nominato da Itinera responsabile unico del procedimento. In sostanza, il dirigente capo della struttura regionale che aveva affidato l’appalto era diventato responsabile del cantiere assegnato dalla sua stessa struttura. Davvero molte anomalie.