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Il Tav va in montagna: altri 250 milioni per evitare proteste

Il governo valuta una modifica per mettere fuorigioco il movimento anti-tunnel: addio al cantiere di Susa, si scaverà solo a Chiomonte (che è difficile da attaccare).
Tempi rapidi: il Cipe dovrà decidere nei prossimi giorni sulla variante proposta dalle Infrastrutture, in tempo per l’ultimo accordo con la Francia.
Costi impazziti: l’accordo di programma tra Stato e Rfi sancisce che l’Italia spenderà 7,7 miliardi (rispetto alle stime 2,3 in più). Prezzo totale: 13 miliardi 

 

di Marco Palombi e Carlo Tecce  da Il Fatto Quotidiano del 13-02-2015

 

A ltri soldi. Sono quelli che serviranno, pare, a completare il Tav Torino-Lione: attorno ai 250 milioni di ulteriori extracosti che stanno per spuntare dal nulla e andranno a sommarsi ad un totale che ad oggi non è nemmeno definito con certezza.
A fine mese, infatti, ci sarà l’ennesimo incontro tra i governi francese e italiano per definire gli accordi attorno alla ferrovia ad alta velocità. Parigi vuole garanzie, Roma accorre e il ministro Maurizio Lupi firmerà un accordo per fissare i tempi per la costruzione del tunnel che fende le montagne piemontesi bucandole per 12 chilometri dopo aver viaggiato per i primi 42 nel sottosuolo d’Oltralpe.
Non solo buoni propositi, però, al tavolo italo-francese: Lupi illusterà pure l’ultima variante al progetto che dovrebbe consentire di aggirare i tentativi di interdizione del movimento no-Tav.

 

La mossa tattica, però, ha un prezzo: secondo stime governative tra i 200 e i 300 milioni di euro. In questi giorni la relativa delibera spetterà al Comitato interministeriale (Cipe), che con ogni probabilità la autorizzerà.
La modifica proposta dal ministero delle Infrastrutture e avallata da palazzo Chigi è la seguente: avviare tutti i lavori dal cantiere di Chiomonte, che si trova in montagna ed è considerato dal Viminale un luogo più protetto e meno accessibile ai manifestanti. Il tunnel sbucherà sempre a Susa (occorrono anni), ma le macchine e gli operai interverranno da Chiomonte, sfruttando il tunnel di servizio che è in via di scavo e dovrebbe servire ai lavori nel versante italiano: lavoreranno, insomma, al riparo della montagna connettendosi direttamente al tracciato francese.
Scegliere Chiomonte è più costoso, certo, ma consente a governo e ditte appaltatrici di rinunciare al cantiere di Susa, il comune nel cui territorio sbucherà il tunnel della Torino-Lione e che non sembrano gradire la cosa, al punto che lo scorso maggio hanno eletto sindaco Sandro Plano, un no-Tav, per quanto moderato.
Chiomonte, invece, è più in alto, circondato da strade impervie e relativamente più semplice da blindare: sopra passa l’autostrada, che già adesso è vigilata giorno e notte, e quel che resta è l’antica via Francigena, sentieri angusti che non permettono il passaggio a un numero elevato di persone. Ecco spiegata, allora, l’intenzione di iniziare gli scavi dal cuore della montagna e non dal comune più a valle.

 

Questa scelta, secondo alcuni, sarebbe propedeutica a una decisione ancor più radicale, di cui s’era parlato qualche mese fa: far scavare il tunnel fino a Susa direttamente ai francesi, ovviamente pagandoli (con ulteriori extracosti, quindi, oltre ai 250 milioni che servono per “nascondersi” a Chiomonte). 

 

Quest ’ennesimo capitolo della telenovela Tav in Val di Susa rende ancor più complicato il risiko attorno ai costi reali dell’opera, recentemente lievitati - ha rivelato un rapporto del Centro studi di Montecitorio - di 2,358 miliardi. Ecco com’è successo. La versione ufficiale (governo e Ferrovie dello Stato) sostiene che il Tav Torino-Lione costerà in tutto 9,94 miliardi di euro (5,7 la quota totale italiana): 1,61 miliardi in studi, indagini geognostiche e gallerie esplorative; 8,3 miliardi per realizzare l’opera. Di questi 8,3 miliardi ancora da spendere del tutto, la quota italiana è pari a 4,8 miliardi: il governo Monti ne ha già stanziati 2,9, mentre il resto - altri 1,9 miliardi, pari al 40% del costo - viene pagato con fondi europei. Adesso, però, le cose sono cambiate. Lo certifica il nuovo accordo di programma tra ministero delle Infrastrutture e Rfi, la società delle Ferrovie che gestisce le reti: la vecchia stima di 9,9 miliardi (2012) è stata aggiornata a novembre, tenendo conto del passare degli anni, a un indice del 3,5% come hanno fatto recentemente i francesi (secondo gli accordi, infatti, i lavori saranno affidati secondo la normativa di Parigi).

 

In questo modo, lo scenario più avverso - che è quello messo nero su bianco da governo e Rfi - fa salire il costo totale del Tav da 9,9 miliardi a quasi 13 miliardi. In questo caso, la quota totale a carico dell’Italia (il 58%) passerebbe da complessivi 5, 676 miliardi ai 7,789 a cui si riferisce l’ufficio Studi di Montecitorio parlando di “una variazione in aumento” di 2,358 miliardi. Facendo due conti, sulle spalle del governo Renzi - al netto del 40% di cofinanziamento Ue - resta un costo totale di 4,673 miliardi, ancora da finanziare per quasi un miliardo e mezzo. La cifra sale, ovviamente, se si aggiunge pure la variante da 250 milioni per proteggersi dai no-Tav. E i lavori non sono nemmeno iniziati.