vai alla home page

Bookmark and Share

 

Tap, lotta a oltranza contro il gasdotto: “Non molleremo”

Militarizzata l’intera area dell’espianto degli ulivi. Attivisti e sindaci trascinati via a forza: “Niente trattative, neanche per le compensazioni”. L’arcivescovo: “Ascoltate la popolazione”

 

di Tiziana Colluto da Il Fatto Quotidiano del 30-03-2017
http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/tap-lotta-a-oltranza-contro-il-gasdotto-non-molleremo/

 

Un gruppo di attivisti si allontana dal presidio, senza clamore. Obiettivo: aggirare l’ostacolo e provare a bloccare il passaggio dei camion dalla parte opposta. L’ennesima giornata calda a Melendugno, Lecce, è un gioco a scacchi. Per evitare gli scontri corpo a corpo di martedì, il cordone di polizia attorno al cantiere del gasdotto Tap si è fatto ancora più imponente, più serrato. Ci sono agenti che arrivano da Reggio Calabria; l’elicottero sorvola a bassa quota l’intera zona. Le folate di terra si sollevano cadenzate. “Ma non vi vergognate? Non vi rendete conto?”, urla un signore agli operai. Ha 74 anni e il bastone. È arrivato a piedi, perché altro modo non c’è: gli accessi sono tutti sbarrati. “Dovranno spiegare in Parlamento quanto costa questa militarizzazione”, dice Giovanni Paglia, deputato di Sinistra Italiana.

 

I mezzi della multinazionale svizzera Tap, che vuole costruire il metanodotto per far arrivare in Europa, via Salento, il gas dell’Azerbaijan, giungono intorno alle 8. I manifestanti sono già lì dalle 5, qualcuno dalla notte. In macchina ha dormito anche il sindaco di Gallipoli, Stefano Minerva, in segno di solidarietà. Chi si siede per terra, per non far passare camion e gru, viene trascinato di peso dalla polizia.

 

Per tutto il giorno, si va avanti di gran lena con l’espianto di gran parte dei primi 211 ulivi da spostare. “Il punto non sono gli alberi, ma un’opera che noi non vogliamo. Non contiamo niente?”, urla una donna. Nella ex palude di contrada San Basilio, va liberato il campo per il pozzo di spinta del microtunnel, il tubo che, inabissandosi nel mare di San Foca, dovrà rispuntare qui e proseguire per altri otto chilometri nell’entroterra.

 

Sull’opera più delicata del tratto italiano è ancora aperta la valutazione tecnica. Non si sa se, a conti fatti, si riuscirà a fare davvero. Intanto Tap tira dritto col placet del governo.

 

“Scriverò al presidente della Repubblica: è una sospensione della democrazia”. Il sindaco di Melendugno, Marco Potì, sbotta e parla alla telecamera che la Digos gli tiene costantemente puntata addosso. Viene portato via a forza. Non ci sarà trattativa con Tap: “Non incontrerò la società, neanche per accettare compensazioni”, spiega. Si preparano le mosse legali. Sarà Vietnam per la multinazionale. Non solo in tribunale, dove finora ha vinto, ma soprattutto sul territorio. “Non andrete lontano, vi rallenteremo a ogni passo”, è la sfida degli attivisti. Ogni mezzo che va via con gli ulivi è preso di mira, a volte con sassaiole. Tap denuncia il lancio di una bomba carta nella notte. A parte isolati episodi, però, il clima è pacifico. “Serve una pausa e rispetto per la popolazione e l’ambiente”, dice l’arcivescovo, Domenico D’Ambrosio.

 

Qualcuno aspetta ancora di vedere il governatore Michele Emiliano, che attacca il governo (“non sa ascoltare”) e assicura: “C’è l’accordo tra Regione e Comuni per proseguire insieme le azioni legali per lo spostamento del tubo da San Foca a Squinzano”. È proprio da lì, però, che giunge l’alt del sindaco Mino Miccoli: “Prima va riconvertita la centrale a carbone Enel di Brindisi”. Si è punto e daccapo.