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Tu chiamale (se vuoi) compensazioni

 

 

 

Spettacolari, roboanti fantasie di spartizione dei soldi pubblici

Nel caso del Tav Torino-Lione la società costruttrice (Telt) ha come direttore Mario Virano, architetto caposcuola delle “opere di accompagnamento”: sostiene che alcune opere collaterali vadano addirittura progettate insieme all’infrastruttura; afferma che usare termini quali “compensazione” e “mitigazione” equivarrebbe ad ammettere che l’opera di per se crei danni al territorio (non sia mai!). Abile nel disegnare scenari immaginari, l’architetto evoca la predisposizione di un complesso organico di opere di accompagnamento al Tav capaci di costituire, insieme, un fantastico (sicuramente fantasioso) quadro di sviluppo “sostenibile e duraturo” per il futuro della Valle di Susa; fino ad arrivare al cortocircuito concettuale secondo cui “in realtà è l’opera stessa la compensazione per il territorio”. Chi non ricorda il suggestivo fascino emanato fin da un titolo: “Smart Susa valley”?

 

C’è un ulteriore principio su cui Virano insiste, ed è che anche l’insediamento di grossi cantieri debba portare vantaggi al Comune ospitante (in Francia si chiama Démarche grand chantier). L’idea, al di là di altri fronzoli, è sostanzialmente quella di rinunciare a costruire i classici appositi campi di baracche per i lavoratori del cantiere, e di riadattare piuttosto case locali inutilizzate in cui poterli ospitare; così il Comune potrebbe percepire gli oneri di urbanizzazione collegati alle ristrutturazioni, i cittadini-proprietari riceverebbero un affitto per gli anni di durata del cantiere e infine le imprese risparmierebbero sui costi di trasferta del personale. L’uovo di Colombo.
Virano si è tanto impegnato sulla questione che la Regione Piemonte ha legiferato in questo senso (Legge regionale 21 aprile 2011, n. 4: "Promozione di interventi a favore dei territori interessati dalla realizzazione di grandi infrastrutture. Cantieri - Sviluppo - Territorio"), un provvedimento esplicitamente dedicato ai casi della galleria geognostica e più in generale dell’insieme dei lavori in progetto riconducibili al Tav Torino-Lione.

 

Su tutta la partita delle “ricadute territoriali” (i vari generi di compensazioni, in buona sostanza) l’architetto-dominus è riuscito dal 2011 ad oggi a disegnare in astratto una complessa scenografia finalizzata a garantire il famoso quadro teorico di sviluppo organico della valle. Su questo sfondo ha poi indotto la tessitura di una trama che lega la Regione (la quale diventa il formale ente gestore dei fondi) ai veri centri decisionali: il commissario di Governo, con la copertura dell’Osservatorio, e la direzione di Telt, cioè Virano stesso. Ultimo atto in questo montaggio di scena è il protocollo denominato “Patto per il territorio” firmato a maggio 2017 appunto da Regione, Commissario e Telt. I vari ministri delle infrastrutture che nel frattempo si succedono si limitano ad approvare, ripetutamente e senza riserve, tutte le proposte, forse surclassati da tanta strabordante iper-creatività, o vittime di grande capacità di suggestione.

 

 

Il triangolo dei poteri di erogazione: Governo (min. Del Rio), Regione (ass. Balocco) e Telt (dir. Virano)

 

Delfino di Virano è l’architetto Paolo Foietta, che nel 2015 gli subentra nelle cariche di Commissario governativo per il Tav e Presidente dell’Osservatorio tecnico sull’opera. I due sono stati a lungo compagni nella scuola sviluppista torinese targata Pci-Pds-Ds-Pd che negli anni li ha piazzati prevalentemente nel ruolo di alti funzionari dell’ente locale e delle aziende partecipate dei servizi: Mario fu prima dirigente del Consorzio trasporti torinesi, poi A.d. della Sitaf, la concessionaria autostradale pubblico-privata della A32 della Valsusa; Paolo nel frattempo  si occupò di trasporti nell’ente Provincia, ma anche di rifiuti (presidente dell’ATO-R).

Un aneddoto in tema di compensazioni, della serie “l’allievo supera il maestro”: per la costruzione dell’inceneritore di Torino venne “venduta” a tre Comuni del Torinese (Grugliasco, Orbassano e Rivalta) un’opera compensativa; consiste in una nuova linea del Servizio Ferroviario Metropolitano, la SFM5, utile a migliorare notevolmente la mobilità da/verso il capoluogo. Oggi, 2017, senza che nemmeno un metro di binario sia stato ancora posato, Foietta “ri-vende” la stessa linea agli stessi Comuni come anticipazione al Tav.

 

File di questuanti in coda al Teatro dei miracoli

Normalmente la somma complessiva da destinare a compensazioni territoriali è pari al 2% del costo totale dell’opera: più questa è grande, più soldi girano; e si sa, grosse somme stanziate stimolano vasti appetiti.
Già le Olimpiadi invernali di Torino 2006 avevano fornito esempi eclatanti sulla natura pretestuosa e clientelare di certe compensazioni: anche Comuni non coinvolti in gare o manifestazioni, anche al di fuori delle valli alpine interessate dall’evento e pure parecchio distanti da queste riuscirono, chissà come e perché, ad ottenere fondi per opere stradali o strutture sportive.

 

Per il Tav in Valsusa la sede designata dal Governo a discutere di inserimento della nuova ferrovia nel territorio, e dunque anche di compensazioni (pardon, fare selezione tra progetti di opere di accompagnamento), è l’Osservatorio tecnico istituito nel 2006 e via via abbandonato praticamente da tutti i Comuni della Valsusa in quanto contrari all’opera. Tra il 2007 ed il 2009 Palazzo Chigi cooptò nell’Osservatorio vari Comuni, appartenenti alla cintura torinese ed alla Val Sangone, con l’effetto di aumentare attorno al tavolo tecnico le posizioni favorevoli al Tav: vi sono casi di paesi ben distanti dal tracciato di progetto della nuova ferrovia che tuttavia si prestarono al gioco, con la speranza di non essere usati al bisogno e poi gettati, ma anzi di poter un domani partecipare alla spartizione della torta delle compensazioni.

 

Nei sette anni trascorsi da allora ad oggi, tuttavia, la contrarietà all’opera di popolazione e sindaci è stata ricondotta ad esclusivo problema di ordine pubblico, il territorio è stato militarizzato e la repressione del dissenso affidata alla Magistratura: non servono più comparse nella commedia dell’Osservatorio ora che davvero si inizia a trattare di compensazioni ed infatti si vocifera di un nuovo decreto della presidenza del Consiglio che dovrebbe ridisegnare le presenze dei Comuni al tavolo, limitandole a quelli realmente e direttamente toccati dall’infrastruttura.

 

Dalle fantasie alla prosaica realtà

Nel caso della nuova ferrovia Torino-Lione ad oggi sono infatti trascorsi sei anni durante i quali un unico cantiere, quello per lo scavo della galleria esplorativa propedeutica all’opera vera e propria, è stato insediato nel territorio comunale di Chiomonte, attivo e militarizzato (dichiarato sito di interesse strategico nazionale) dal 2011.
Seguendo in qualche modo gli schemi  teorici, le opere di accompagnamento promesse al Comune all’atto dell’insediamento furono la realizzazione della rete di distribuzione capillare del metano in paese e la costruzione di un para-valanghe nella frazione Ramat, già definito necessario da molto tempo: trascorsi 72 mesi di scavo, a galleria dichiarata ultimata, nulla di tutto ciò è stato nemmeno avviato.

 

Neppure le ricadute sventolate sotto il naso a ristoratori ed albergatori chiomontini in omaggio alla Démarche grand chantier si sono viste; sono piuttosto stati gli esercizi di altri comuni a beneficiare degli introiti legati alla lunga permanenza nei loro Hotel di centinaia di poliziotti, finanzieri e carabinieri schierati a presidiare in permanenza il cantiere e reprimere le manifestazioni dei No Tav.

Alla fine, dunque, la solita vecchia storia: sfrondate da tutta la pomposa spettacolarità le compensazioni si rivelano promesse da marinaio.

 

(vedi la scheda successiva: Paese mio che stai sulla collina)