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C’è una montagna di amianto scavata col Tav
Cantiere bloccato - 10mila metri cubi di materiali forse tossici sequestrati dalla Gdf. Ne vale la pena?


Di Luca Mercalli da Il Fatto Quitidiano del 10-05-2020
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/05/10/ce-una-montagna-di-amianto-scavata-col-tav/5797063/

 

Salbertrand è un bel borgo dell’Alta Val di Susa, a quota mille metri. Ci passa la statale del Monginevro, già strada romana delle Gallie, e nessuno fa caso alla sua cinquecentesca chiesa di San Giovanni che vale la visita.

 

Tutti notano invece l’ampio fondovalle della Dora che è diventato una selva di infrastrutture: lo scalo ferroviario della linea internazionale esistente Torino-Modane con la stazione elettrica, l’area di servizio della A32 e la montagnola di detriti contenenti amianto accumulati nel tempo, in uso a Itinera, Gruppo Gavio. È l’ultimo lembo di terreno utilizzabile al di fuori della zona esondabile della Dora e del Parco Naturale del Gran Bosco, e per questo è stato scelto per installarci lo stabilimento di produzione degli elementi di calcestruzzo destinati al cantiere Tav Torino-Lione. Ma il problema è che i circa 10mila metri cubi di materiali amiantiferi potenzialmente tossici sono stati posti sotto sequestro dalla Guardia di Finanza su esposto del sindaco Roberto Pourpour e ora ci vorranno un po’ di mesi per smaltirli con tutti i crismi della sicurezza prima di poter disporre dell’agognato terreno.

 

Siamo certi che il lavoro verrà eseguito a regola d’arte: anche se questa è una zona asciutta e ventosa i detriti verranno insaccati in modo praticamente stagno e avviati verso discariche speciali, in parte in Piemonte e si dice pure in Germania. Le tecnologie e le normative per evitare rischi per addetti e popolazione locale ci sono, basta pagare, e infatti Pourpour stima in circa 4,5 milioni di euro il costo dell’operazione.

 

Ciò che preoccupa è il dopo: il cantiere che per una buona decina d’anni dovrà trattare una parte dello smarino – la roccia risultante dalla perforazione del tunnel di 57 km – e fabbricare i conci di calcestruzzo per il rivestimento delle canne. I camion circoleranno senza tregua per alimentare l’impianto, producendo polvere e inquinamento, alla faccia del delicato ambiente alpino che la grande opera si fregia di proteggere! Ma la questione è sempre a monte dei dettagli pratici: questo gigantismo infrastrutturale serve al nostro futuro che dovrebbe essere sostenibile e compatibile con i limiti ambientali? No.

 

Lo ha detto sul piano economico l’analisi costi e benefici del prof. Marco Ponti ignorata dal governo, lo dicono i numeri delle emissioni di CO2 dovute al cantiere e alla gestione futura. Se una grande opera fosse indispensabile alla collettività sarei il primo ad appoggiarla: chiederei ovviamente che venissero applicate tutte le migliori garanzie per minimizzare i danni locali, imponendo pure una lievitazione dei costi per avere il massimo dei controlli e della qualità. Ma se la grande opera non serve, in quanto concepita trent’anni fa e ormai antistorica? Se è rimpiazzabile tanto dalla vecchia linea Torino-Modane quanto dalle nuove tecnologie e dalla necessità di un’economia circolare che faccia muovere non più merci, ma meno? Allora temo che tutto questo agitarsi sostituirà un piccolo cumulo di detriti con uno molto più grande.