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Errori e varianti: è il costruttore Telt la causa dei mega-ritardi dell’opera

I dati - Non sono le proteste a dilatare i tempi, ma le Decine di modifiche fatte senza controlli

 

di Luca Giunti da Il Fatto Quotidiano del 25-06-2020

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/06/25/errori-e-varianti-e-il-costruttore-telt-la-causa-dei-mega-ritardi-dellopera/5846949/

 

La scorsa settimana la Corte dei Conti europea ha pubblicato una relazione su alcune mega infrastrutture di trasporto. Il rapporto esprime un giudizio severo per la grande opera della Val di Susa: i ritardi, l’insostenibilità economica, gli irrecuperabili danni ambientali, l’inefficacia del progetto. Non è una novità. Le Corti dei Conti hanno sempre segnalato le criticità della Torino-Lione. Quella francese nel 2012 ne stimò la spesa totale in 26 miliardi, giudicandola insopportabile (9,6 costa solo il tunnel di base). Quella italiana denunciò il debito generazionale provocato dall’intera rete ferroviaria AV quando i ragazzi del Fridays for Future erano ancora bambini.

 

Non è nulla di nuovo per chi è abituato a studiare i documenti ufficiali e non i comunicati stampa di Telt. La quale spesso nei suoi annunci implicitamente ammette di progredire molto lentamente: da dicembre 2018 ad aprile 2020, ad esempio, 3,5% di avanzamento in 15 mesi (0,23% al mese, 2,8% all’anno). Le testimonianze si sprecano. L’architetto Mario Virano, al timone prima come Commissario di Governo e poi come Direttore generale della stessa Telt, nel 2009 al Senato aveva annunciato l’avvio dei cantieri principali per l’autunno 2013. A ottobre 2013 in Commissione Trasporti della Provincia di Torino li posticipò tra il 2015 e il 2016. La Gazzetta Ufficiale del 24 gennaio 2018 nella Delibera Cipe n. 67 rese pubblico un cronoprogramma ottimistico: inizio degli scavi del tunnel a ottobre 2017 e dei lavori di attrezzaggio e impiantistica a gennaio 2026. Inimmaginabile. Non è una novità nemmeno che Telt perda i finanziamenti europei. È già successo a Chiomonte, dove non è riuscita a spendere 400 milioni. L’Ue glieli ha riassegnati nel bilancio seguente, ma non è detto che il giochino riesca sempre.

 

Telt attribuisce i ritardi al Movimento No Tav. Da un lato, nessuno dei documenti ufficiali citati lo indica tra le cause; dall’altro, perché amministratori, tecnici e cittadini non dovrebbero opporsi a un’opera che è certificata essere inutile e devastante per l’ambiente? Un’altra scusa invocata da Telt riguarda le autorizzazioni ministeriali e la burocrazia, troppo lente. Nemmeno queste reggono. La Torino-Lione è incardinata dentro la Legge Obiettivo del governo Berlusconi che le garantisce iter privilegiati, tanto è vero che, al contrario di qualsiasi infrastruttura normale, al gestore – prima Ltf oggi Telt – è concesso di approvare da sé le varianti in corso d’opera. Questo è uno dei punti caldi. La superficialità nella progettazione e la contraddittorietà di molti indirizzi fanno sì che le modifiche siano frequenti, dopo l’approvazione definitiva. Il cantiere di Chiomonte, modesto, ne ha viste ben 6 in 6 anni. Alcune erano di poco conto ma altre, come la modifica del deposito dello smarino, piuttosto rilevanti. Cambiare un’opera autorizzata comporta rinvii, nuove valutazioni e insofferenza nei funzionari.

 

Il cantiere di Chiomonte è un buon esempio anche per altri fenomeni. L’area venne sgomberata a luglio del 2011 ma i lavori veri e propri, secondo Telt, sono iniziati solo l’anno dopo. Quando il progetto venne approvato nel 2010 era descritto come un cantiere provvisorio di 5 anni, da rinaturalizzare e restituire alla comunità. Anche per questo aveva ottenuto una valutazione di impatto ambientale positiva, pur con decine di prescrizioni e critiche. Se, passati 5/6 anni, come è accaduto, il progetto viene cambiato e diventa senza fine, è evidente che le valutazioni e le autorizzazioni dovranno essere ripresentate e riapprovate, dilatando tempi e costi.

 

Il progetto della Torino-Lione ha visto la sua prima analisi costi-benefici nel 2012, oltre vent’anni dopo la sua ideazione. Produceva un risultato di poco positivo – nonostante le critiche metodologiche riportate persino al suo interno – solo a condizione che l’intera nuova ferrovia fosse in esercizio nei tempi stabiliti. La Francia ha deciso di valutare solo dopo il 2030 se fare la sua tratta nazionale, e l’Italia non ha ancora licenziato un vero progetto per la porzione Bussoleno-Torino. La Torino-Lione è vecchia e climaticida. Prima verrà accantonata, meglio sarà per tutti