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da notav.info - 02-10-2020

Abbiamo analizzato i tre gradi di sentenza del processo che ha portato Dana in carcere

I fatti: l ’iniziativa

Era il 3 marzo 2012 e iI movimento No Tav all’epoca dei fatti era in mobilitazione permanente da lunedì 27 febbraio, in seguito alla caduta di Luca dal traliccio. Giorni di rabbia e dolore, che fin dall’inizio del processo, non sono mai stati presi in considerazione, anzi nelle ricostruzioni della polizia si era trattato di un evento “romanzato” dal movimento No Tav, in quanto secondo loro ci trovavamo di fronte, semplicemente, ad un gesto sconsiderato da parte di un attivista. (Ah, dimenticavamo, il poliziotto rocciatore, sempre secondo loro, non seguiva Luca mettendolo in pericolo, ma lo voleva solamente invitare a scendere…ed infatti il fascicolo aperto contro i roccitori fu ben presto archiviato, come del resto qualsiasi altro su nostra istanza aperto contro le forze dell’ordine)

L’iniziativa era in autostrada perché dopo l’occupazione della stessa per 4 giorni, si era deciso di ritornarvi per protestare contro la Sitaf per il ruolo attivo nella vicenda tav, denunciando i costi della tratta Torino – Bardonecchia la più cara d’Italia.

Oggi paga Monti perché il governo dei sacrifici presieduto da Mario Monti, tenne una vuota e terrificante conferenza stampa in quei giorni, dove dichiarò di voler continuare con determinazione nel progetto Tav Torino Lione, così si presentò un pupazzo di Monti in persona ai caselli di Avigliana.

 

Partiamo dal capo d’imputazione

Il reato per l’iniziativa in autostrada poteva tranquillamente essere considerato un “blocco stradale” ed esagerando poteva diventare un “danneggiamento” (risibile peraltro) mentre si è trasformato in un elenco infinito di contestazioni agli imputati con l’unico intento di trasformarlo in qualcosa di gigantesco in fase di condanna.

Violenza privata, violenza a pubblico ufficiale, danneggiamento, blocco stradale, concorso morale…

Questa formula è quella applicata normalmente ai processi notav in mano alla procura torinese, prima ai pm Rinaudo -Padalino e poi Quaglino – Pedrotta, che ha toccato il suo apice quando ha portato avanti un intero processo con il capo di accusa di “terrorismo” sonoramente bocciato in altre sedi.

 

Le richieste della Procura

Dal principio del processo la strategia della Procura è mirata a “punire i nemici” notav, infatti chiedere pene spropositate consente loro, anche se abbassate di poco dal giudice, di portare a casa “la punizione” desiderata.

I reati contestati avevano come pena base 15 giorni, mentre il Pm ha chiesto per tutti, senza nessuna differenza di partecipazione alla manifestazione, 3 anni di pena.

Questo perché avrebbe permesso loro, come poi è avvenuto, in caso di condanna di evitare che venisse concessa la sospensione della condizionale (cioè DI NON scontare in galera) A tutti, anche agli incensurati come Dana.

 

Il concorso morale

Tutti gli imputati/e sono stati condannati/e per concorso morale nella manifestazione, quindi tutti “colpevoli” allo stesso modo.

Questa parte della sentenza è fondamentale da comprendere perché sancisce la strategia della Procura sopracitate: chi tiene uno striscione, chi parla ad un megafono, chi anche solo è presente, partecipa al pari di tutti gli altri (che possono anche commettere altri reati) e quindi rientra nel massimo della pena inflitta senza condizionale.

 

La violenza privata

Fa comodo nelle ricostruzioni giornalistiche (fatte a partire da appunti passati dalla questura) farcire i testi con il termine “violenza”, eppure anche in questo caso, come in molti altri peraltro, i reati di violenza a pubblico ufficiale o violenza privata, rappresentano atti che non hanno nulla di violento per come ce lo immaginiamo tutti.

In questo caso la violenza privata a cui si richiama la sentenza sarebbe rappresentata dalle sbarre alzate dell’autostrada e dal passaggio degli automobilisti al casello senza pagare.

Ma sia buona parte dei casellanti, cosi’ come la maggioranza degli automobilisti non hanno mai parlato di violenza nei loro confronti:

  • Il capo casellante nelle sue testimonianze non ha mai parlato di minacce o violenza nei confronti dei casellanti presenti
  • Le testimonianze degli automobilisti dicono che non si sono spaventati e che i manifestanti si sono rivolti educatamente a loro, parlano di clima tranquillo e atteggiamento pacifico.

Sono diverse le testimonianze del genere, per la maggioranza di quelle raccolte, ma il Pm nella sua ricostruzione e il giudice nella condanna riesce a riportare le uniche due che fanno comodo.

 

Il blocco stradale

Per la manifestazione in oggetto sarebbe persino errato parlare di blocco stradale, perché la circolazione, nella realtà è stata rallentata, di 10 minuti o alcuni secondi (sempre dalle testimonianze degli automobilisti).

 

La condanna

Con tutto il “carico” messo sopra a questo processo la condanna è stata a dir poco spropositata ed ha mantenuto la linea della Procura (cosa che avviene molto spesso).

11 persone condannate da 1 a 2 anni di pena senza la condizionale, ovvero avviandoli verso la galera, per aver:

  • parlato con un megafono (nel caso di Dana),
  • per aver tenuto uno striscione (nel caso di Nicoletta e di altre 2 notav)
  • per aver illustrato i motivi della protesta agli automobilisti
  • per essere STATI presenti

 

Il danno economico causato

Infine, visto che parte del processo si è tenuto sostenendo che la manifestazione aveva bloccato il traffico e fatto passare gli automobilisti senza pagare e quindi ha arrecato un danno, ci teniamo a sottolineare come questo danno sia stato quantificato in meno di 800€.

 

Il diritto penale del nemico

Ora ci sembra palese che qualcosa non quadri da tanti punti vista.

E’ in corso una punizione esplicita ed esemplare che mira non solo a sconfiggere il movimento notav, ma a punire i notav, uno per uno.

La politica ha fallito sonoramente, e quindi ora è il momento delle forze dell’ordine e della magistratura che ha istituito centinaia di processi e fatto ricostruzioni storiche fuori dalla realtà, presentando la Val Susa come campo di battaglia e i notav come veri e propri nemici da sconfiggere.

 

Proprio per questo calza appieno la teoria del diritto penale del nemico, dove s’ intende rappresentare non una violazione al sistema penale, quanto più la creazione di un altro diritto penale: quello del nemico.

 

Si viene a formare, quindi, un diritto parallelo e separato rispetto a quello vigente dove gli imputati non hanno gli stessi diritti degli altri cittadini, ma vengono giudicati per quello che sono (non per quello che fanno), con una sorta di diritto di guerra.

 

Ecco perché Dana è in carcere per aver parlato ad un megafono, da incensurata, con il rifiuto della sospensione della pena e delle misure alternative alle quali avrebbe potuto tranquillamente accedere.