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Sud preso in giro: l’alta velocità aiuta i costruttori e i più ricchi

Con il Pnrr arrivano miliardi per infrastrutture costossisime, senza stime di traffico e con effetti ambientali negativi.

Al Meridione serve occupazione stabile in settori avanzati

 

di Marco Ponti da Il Fatto Quotidiano del 14-06-2021

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/06/14/sud-preso-in-giro-lalta-velocita-aiuta-i-costruttori-e-i-piu-ricchi/6229287/

 

Nell’attuale Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) nessun criterio è presentato al pubblico per le nuove linee ferroviarie ad Alta velocità al Sud: non certo analisi costi-benefici, definite “odiosissime” dal viceministro Giancarlo Cancellieri (se fossero soldi suoi probabilmente cambierebbe idea: chissà se prima di fare un acquisto si informa sul prezzo), ma nemmeno previsioni di traffico, o analisi ambientali o finanziarie. Nulla. Il ministro Enrico Giovannini un criterio altamente scientifico lo ha espresso in Tb: “L’Av il Sud se la merita”. Sembrerebbe un criterio distributivo (“dare a chi non ha avuto”). Ma, come vedremo, è vero il contrario. Esistono tuttavia tre parametri importanti, non misurati probabilmente per paura dei numeri che potrebbero uscirne.

 

Il primo è la crescita economica: dopo 20 anni di stasi ne abbiamo bisogno. La crisi Covid ha reso drammatico e urgente questo obiettivo. È l’unico vagamente misurato nel Pnrr, ma in modo grottesco: si usa un buon modello macroeconomico europeo, ma si assume a priori che tutti i progetti siano efficientissimi, senza entrare nel merito nemmeno dei maggiori. Una linea ferroviaria deserta avrebbe effetti di crescita identica ad una affollatissima: entra nel modello solo come costo. Anzi, più costa e meglio è.

 

Ora, i modelli che stimano gli effetti di crescita (sono noti come “input-output”) sono in generale favorevoli al settore “costruzioni” nella fase di cantiere, ma non distinguono tra grandi e piccole opere. E le grandi opere hanno impatti occupazionali nettamente inferiori. Le piccole opere hanno effetti rapidi (e oggi ci serve occupazione rapida) a differenza delle grandi che necessitano di tempi molto lunghi per essere realizzate. Tempi che faranno anche cadere gran parte delle grandi opere fuori dai limiti del Recovery Fund, e quindi le dovremo pagare a tassi di interesse di mercato, che rischiano di essere alti.

 

Rischiano poi di essere drammatici gli effetti di crescita “a valle” cioè nella fase di esercizio, nella quale è fondamentale il traffico servito. Nulla di questo traffico ci è dato sapere. Abbiamo un caso davvero molto simile: la metà della rete AV meno utilizzata spagnola a dieci anni dalla costruzione è rimasta semi-deserta. Date le densità insediative in gioco nel Mezzogiorno, e le tendenze demografiche, i rischi di un esito analogo sono più che verosimili.

 

Si tratta poi di tecnologie con modesti impatti di innovazione e ad occupazione temporanea. Il traffico ferroviario merci, infine, in nessun paese al mondo è interessato all’AV. Le previsioni di traffico hanno forti relazioni con la scelta dell’AV, che presenta capacità e costi elevatissimi: 300 treni al giorno e 60 milioni al km.

 

Il secondo criterio riguarda gli effetti che sono misurati dalle analisi costi-benefici, delle quali, come si è detto, non c’è minima traccia (e forse è una fortuna, visto che le ferrovie applicano una metodologia molto “personale”, che rende fattibile praticamente qualsiasi opera). Quali sono questi effetti? Quello che pesa di più in un progetto AV è il risparmio di tempo di viaggio dei passeggeri, seguito dai benefici ambientali dell’eventuale cambio di modo dalla strada o dall’aereo alla ferrovia, e alla sicurezza. Dipendono in modo critico, come è ovvio, dal traffico, per il quale non esistono previsioni ufficiali (le farà ufficiosamente, con modelli sofisticati BRT- onlus, che da adesso dovrà servirsi dell’infelice acronimo “runts”).

 

Dei rischi molto concreti di una ripetizione del caso spagnolo abbiamo già accennato (linee deserte nelle aree periferiche anche dopo 10 anni). Ma sempre sul caso spagnolo esiste una recente ricerca davvero allarmante: per quasi metà della rete, i risparmi di emissioni ottenuti dalle linee Av sono stati così modesti da non compensare nemmeno quelle generate dal cantiere. Cioè le nuove linee hanno generato un danno netto all’ambiente. Altro che rivoluzione verde.

 

E veniamo al terzo obiettivo, quello ridistributivo. L’unica forma ammissibile è tra ricchi e poveri, e le linee Av favoriscono, a costi enormi pagati da tutti, una piccola minoranza di persone che viaggia, dell’ordine del 5 per 1.000. E sono viaggiatori che hanno molta fretta, non certo i cittadini a più basso reddito del Sud. A cui servono buoni servizi ordinari di trasporto, per i loro spostamenti quotidiani per studio e lavoro. Siamo evidentemente in presenza di una “ridistribuzione perversa”, come dicono gli economisti.

 

Per crescere il Sud ha bisogno di cose totalmente diverse: più occupazione stabile, in tempi brevi, e in settori avanzati.