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Sorveglianza speciale, uno dei leader storici di Askatasuna si rivolge alla Corte Costituzionale

L’avvocato di Giorgio Rossetto: “È una norma troppo generica e che lascia troppa discrezionalità al giudice.
Nel nostro caso sono stati presi in esame episodi che risalgono alla fine degli anni Settanta”

 

da La Stampa del 15/03/2023 - edizione Torino

https://www.lastampa.it/torino/2023/03/15/news/giorgio_rossetto_askatasuna_sorveglianza_speciale-12696260/

 

Può un episodio avvenuto quando si era minorenni condizionare la libertà di un 62enne? E quanta discrezionalità può avere un giudice nel valutare il peso di questo episodio? È quanto intende chiedere alla Corte Costituzionale l’avvocato Roberto Lamacchia, legale di Giorgio Rossetto, uno dei leader storici del centro sociale Askatasuna, per il quale la procura di Torino ha chiesto l’applicazione della sorveglianza speciale per quattro anni.

 

Rossetto è un volto storico dell’antagonismo torinese. Il pm Paolo Scafi ha sostenuto che la sua libertà debba essere limitata perché, secondo la sua tesi, il 62enne dirige le manifestazioni di piazza e le dimostrazioni No Tav in Valle di Susa che sfociano in incidenti con le forze dell’ordine. Per rafforzare la sua richiesta, la procura di Torino ha prodotto una serie di sentenze di condanna nei confronti di Rossetto la più antica delle quali risale a 43 anni fa, nel 1980, ed era relativa ad alcuni atti vandalici compiuti nel Torinese da un gruppo chiamato “Ronde proletarie per il comunismo” di cui Rossetto faceva parte quando era ancora minorenne.

 

L’avvocato Lamacchia si è opposto a questa richiesta sollevando una questione di legittimità costituzionale rispetto alla norma della vigilanza speciale, il decreto legislativo antimafia 159 del 2011 (poi modificato nel 2017). Per il legale la norma è troppo generica non chiarendo con precisione quali sono i comportamenti che il giudice deve valutare per la sua applicazione e facendo presente che il decreto era nato per contrastare la criminalità organizzata, salvo poi essere estesa ad altri tipi di reato. Rossetto, nella scorsa udienza, aveva preso la parola per contestare l’impostazione della procura e sottolineando come da diversi anni sia sottoposto a una notevole quantità di controlli mirati da parte della polizia.

 

Cosa comporta la sorveglianza speciale

La sorveglianza speciale è una misura di prevenzione che può essere applicata anche solo sulla base di indizi e senza alcuna prova di commissione di reati. Alla persona sottoposta alla sorveglianza speciale vengono revocati il passaporto e la patente per la durata della misura. Il sorvegliato speciale non può ottenere alcuna licenza e non può esercitare alcuna attività economica potendo solo lavorare come dipendente in ditte i cui titolari e altri dipendenti non siano pregiudicati. Inoltre non può svolgere lavori autonomi che prevedano l’iscrizione ad albi professionali. Chi è sottoposto alla sorveglianza speciale ha possibilità di movimento limitate: non può rincasare oltre una certa ora e non può uscire di casa prima di un’altra, a meno di dimostrare l’assoluta necessità alla deroga di questa regola e solo dopo aver avvertito in precedenza l’autorità di pubblica sicurezza. Infine il sorvegliato speciale non può frequentare pregiudicati e non può partecipare a riunioni di qualsiasi tipo.

 

I dubbi sulla norma

Non è la prima volta che la sorveglianza speciale è attaccata. Sia in Europa che in Italia si è più volte discusso della sua legittimità costituzionale proprio per il suo carattere discrezionale. Nel 1980 la Corte Edu criticò la norma che aveva previsto la sorveglianza speciale nei confronti di una persona ma in un altro comune, in particolare sull’isola dell’Asinara, cosa che aveva di fatto isolato completamente la persona dai suoi affetti e dal resto della società. Nello stesso anno la Corte costituzionale italiana criticò la formula troppo generica che lasciava troppa discrezionalità nella sua applicazione. Nonostante queste critiche e il fatto che la misura derivi dal codice Rocco del 1931, la sorveglianza speciale è sempre stata riconfermata dal legislatore italiano salvo una mdifica nel 1988 che eliminò la possibilità per il tribunale di ordinare l’obbligo di soggiorno in un comune diverso da quello di residenza e stabilì che per la sua applicazione non bastavano le semplici voci ma la valutazione da parte del tribunale doveva essere fatta sulla base di “elementi di fatto