100 ragioni contro la TAV in valle di Susa

Brevi considerazioni tecniche sul progetto di

Alta Capacità Ferroviaria Torino-Lione

 

Testi di

Mario Cavargna

Master in Valutazione di Impatto Ambientale

al Politecnico di Torino e di Losanna

 

Febbraio 2006

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INDICE

 

Questioni Generali

L’idea progettuale

L’evoluzione dei traffici merci attraverso le Alpi

La questione della saturazione dei valichi esistenti

L’autostrada ferroviaria ed il trasferimento dei Tir su ferrovia

 

I progetti presentati

La valutazione di impatto ambientale

I cantieri e la durata dei lavori

Lo scavo e la gestione degli inerti

La presenza di amianto

La presenza di uranio

L’interferenza con le acque

L’emissione di rumore

I costi

 

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Questioni Generali

 

1. I TRE MOTIVI che erano stati alla base del progetto, e cioè:

– la crescita dei transiti di persone e merci ai valichi italo-francesi, ed a quelli ferroviari in particolare,

– la saturazione o la loro inadeguatezza tecnica,

– la possibilità di trasferire sulla ferrovia una parte consistente dei camion che li attraversano,

 

dopo 13 anni si sono rivelati tutti inesistenti. Il volume dei traffici merci in questione è diminuito (cfr. 15, 16, 17); i valichi e le infrastrutture attuali sono restati ben al di sotto della metà della loro capacità (cfr. 32 e 35) ed il sistema proposto per trasferire trasportare i camion si è rivelato un costoso e completo fallimento (cfr. 43 e 47). Quello che era nato come un progetto strategico si è rivelato un progetto sbagliato.

 

2. NON HA SENSO proseguire un progetto che ha visto fallire e capovolgere tutte le sue previsioni tecniche ed economiche: anche i passeggeri, di cui si prospettava il triplicamento tra il 1992 e 2002, sono diminuiti del 20%, e nel 2004 è stato soppresso il collegamento diretto TGV tra Lione e Torino.

E non ha senso neppure dissanguare le risorse disponibili per indirizzarle su investimenti colossali, con costi ambientali devastanti, dove non esiste un problema di crescita dei traffici e di capacità delle linee esistenti (cfr. 28 e 56), trascurando le necessità di adeguamento e di manutenzione.

 

3. IL COSTO PREVENTIVATO per la tratta comune è già raddoppiato (dai 7.200 miliardi di lire iniziali ai 7 miliardi di euro dell’ultima stima ufficiale), prima ancora di affrontare nella loro effettiva consistenza le gravi problematiche che sono emerse negli ultimi anni (la protezione e messa in discarica di amianto e rocce radioattive, e le distanze per il rumore). Ma il costo globale dell’intera opera a carico del governo italiano è stato autorevolmente stimato (cfr. 99) a 17 miliardi di euro, che porterebbe il costo effettivo a cifre superiori ai 300 miliardi di lire al chilometro.

 

4. L’IMMAGINE DI UN “ISOLAMENTO” del Piemonte non corrisponde alla realtà. L’arco alpino occidentale che comprende il Piemonte e la Valle d’ Aosta, è la regione europea con il maggior numero di grandi gallerie di collegamento internazionale: 3 stradali (Monte Bianco, Gran S. Bernardo, Frejus) e 3 ferroviarie (Frejus, Sempione e Tenda, anche se quest’ultimo non è utilizzato). Ad est il Piemonte ha le autostrade e le linee ferroviarie con la Pianura Padana, ed a sud il sistema dei grandi porti liguri.

 

5. IL PARALLELO TRA attraversamento e crescita economica non è corretto. Tra le nazioni che condividono l’ arco alpino la Svizzera e l’Austria hanno fatto quanto era possibile per rifiutarlo. In ogni caso il corridoio 5 nel senso in cui è prospettato non esiste. Nei vertici di Corfù e di Essen, e nei successivi aggiornamenti, furono inserite una tratta italiana ed una spagnola considerate in modo disgiunto. Già ad est di Trieste il rifiuto della TAV – TAC è netto. Anche nella recente indicazione dei 30 assi prioritari di trasporto, fatta dalla UE, il cosiddetto corridoio 5 potrebbe esser fatto solo componendo assi diversi. Comunque questa indicazione non ha nulla a che vedere con la tesi di una continuazione delle linee di questo tipo sostenuta dai promotori. 

 

6. LA VALLE DI SUSA sopporta già un enorme carico di infrastrutture per interessi esterni: ospita una autostrada e la principale linea ferroviaria con la Francia, che veicolano il 18-25 % dell’intero traffico merci italiano per via di terra. Poi un bacino idroelettrico a 2000 metri di quota con 170 milioni di metri cubi di acqua, ed un elettrodotto di connessione internazionale a 380.000 V che, insieme, rappresentano circa il 15% dell’energia di punta necessaria al sistema elettrico nazionale; a questi si aggiunge ora la nuova centrale idroelettrica dell’AEM, che prosciugherà i 9/10 della Dora a monte di Susa. È un territorio che ha sempre dato generosamente per l’interesse nazionale, ma che non può più sopportare ulteriori carichi.

 

7. IL SACRIFICIO SI PUÒ VALUTARE considerando che, pur in una sostanziale stabilità dei volumi di traffico, nel 1992 il movimento di merci che attraversava la valle di Susa su strada o su rotaia era appena superiore a quello che attraversava la valle d’ Aosta, mentre al 2004 – ultimo anno valido per un confronto – è stato quattro volte tanto (26 Milioni di Tonnellate all’anno contro 6,6 MT all’anno comprendendo il Gran S. Bernardo).

 

8. 100 MEDICI DI BASE della Val di Susa hanno firmato nel 2004 un documento con cui denunciano i rischi per la salute della popolazione. Si tratta di un “consulto medico di massa” che non ha precedenti e che merita tutta la considerazione per l’attenzione professionale che riveste. Il documento conclude dicendo che “la situazione che si prospetta per il nostro territorio è estremamente preoccupante, e tale da configurare la concreta possibilità di severi danni alla salute pubblica”.

 

9. LA NUOVA LINEA interessa un territorio con circa 200.000 abitanti, dalla bassa Valle di Susa alla cintura metropolitana di nord ovest, e l’opposizione ha raggiunto progressivamente dei livelli di partecipazione eccezionali. Dalle 3.500 persone che avevano manifestato a S. Ambrogio di Susa nel 1996, si è arrivati alle 20.000 che hanno marciato da Borgone a Bussoleno il 31 maggio 2003. Nel 2005, 37 consigli comunali con 400 amministratori si sono convocati in Piazza Castello a Torino, creando un evento senza precedenti nella storia democratica nazionale; il 4 giugno successivo 30.000 persone hanno marciato da Susa a Venaus. Il 16 novembre in 50.000 hanno preso parte alla marcia da Bussoleno a Susa e in 30.000 hanno partecipato l’8 dicembre alla “riconquista” del cantiere di Venaus. Infine oltre 50.000 persone hanno sfilato a Torino il 17 dicembre 2005, ed hanno dato vita ad una imponente manifestazione che ha avuto un grande rilievo a livello nazionale.

 

L’idea progettuale

 

10. NEL 1992 IL PROGETTO SI BASAVA su un collegamento della rete TGV alla rete ad Alta Velocità italiana, dando per scontato che i Treni ad Alta Velocità (T.A.V.) non potessero transitare per la linea storica di Modane. Smentito questo fatto, e dovendo anche tenere conto della esiguità degli utenti interessati, lo si è trasformato in un progetto essenzialmente merci definendo la stessa linea ad Alta Capacità ed immaginando di poter attrarre i TIR dalla strada caricandoli su treni lunghissimi chiamati “autostrada ferroviaria”. Ma la verifica di questo sistema ha dato esito negativo (cfr. 43 e seg).

 

11. TUTTI GLI STUDI di approfondimento ministeriali francesi hanno stroncato la Torino Lione:

– il 2/1996 il “Rapporto Martinand” sintesi del “Debat National sur l’avenir du transport ferroviaire”;

– il 5/1998 il Rapporto Brossier redatto dai “tre saggi” nominati dal Ministero dei Trasporti;

– il 2/2003 la perizia sui grandi progetti ferroviari commissionata dal Ministero delle Finanze francese (rapporto di audit governativo) e presentata dal governo all’Assemblea Nazionale.

 

12. LA POSSIBILITÀ DI FAR COESISTERE sulla stessa linea i treni TGV e treni merci molto pesanti salvaguardando efficienza e sicurezza è stata esclusa dai francesi, infatti: “Secondo il progetto, le linee ferroviarie da realizzare in territorio francese in funzione del tunnel di base sono due:

1)       una nuova linea passeggeri TGV tra Lione e St. Jean de Maurienne

2) un nuovo itinerario ferroviario per le merci, da Ambérieux (per gli accessi da Digione) a St. Jean de Maurienne” (Audit 2003). Però da parte italiana si prevede di farli viaggiare entrambi sulla nuova linea (cfr. 65).

 

13. LA RECENTE AFFERMAZIONE che questa linea, insieme alla Milano–Genova, possa servire per fare dell’Italia una piattaforma logistica europea per le merci provenienti via mare dalla Cina si scontra, oltre che con moltissimi altri elementi strutturali ed economici, con l’impossibilità fisica di creare un porto continentale come Rotterdam, e la sua rete di collegamenti, sulle coste liguri. Un progetto del genere sarebbe fisicamente realizzabile per Marsiglia–Fos, ma è così fantasioso che non è mai stato abbozzato.

 

14. NEL 1998 IL PROGETTO della nuova linea Torino–Lione era quasi abbandonato, fu rilanciato nel 1999 dall’incidente nel tunnel autostradale del Montebianco.

– Nel 1998 Le Monde titolava: “Les Alpes apercoiven la fin du tunnel; le rapport Brossier recomande d’ameliorer le existants plutot que percer des nouvelles voies” ;

Il Sole 24 ore: “Le Ferrovie dicono di no alla Torino Lione: la priorità aziendale è nel nuovo valico verso la Svizzera”;

La Stampa : Il premier D’Alema afferma: “La Torino Lione può attendere: precedenza al Gottardo”.

Poi un abile sfruttamento dell’emergenza ha rilanciato il progetto sino all’accordo italofrancese di Torino del gennaio 2001.

 

L’evoluzione dei traffici merci attraverso le Alpi

 

15. DAL 1993 AL 2004 il numero complessivo dei mezzi pesanti che hanno usato i trafori autostradali del Frejus e del Monte Bianco non è aumentato. Nel 1993 erano circa 750.000 per l’uno e 700.000 per l’altro. Nel 2004 erano 1.130.000 e 350.000. Nel 2005 sono complessivamente calati di circa il 10 %. Tra il 1993 ed il 2004 il tonnellaggio complessivo dei due trafori si era mantenuto sempre tra 25 e 26 milioni di T.

 

16. NON VI È ALCUN ELEMENTO per sperare che i traffici italo francesi possano tornare a crescere perché dal 1992 ad oggi si sono avuti momenti congiunturali molto favorevoli con l’allargamento dell’Unione Europea senza che questo si traducesse in un aumento di traffici su questo arco delle Alpi. Il ruolo e le forniture di merci che si avevano tra Italia e Francia in una economia a 10 stati non sono più quelle di una UE a 25 stati e di un mercato globalizzato. Ed anche l’Europa dell’ Est, che era la grande speranza delle vecchie previsioni, è stata messa da parte dalla crescita della Cina.

 

17. SECONDO I DATI DELLE STATISTICHE federali svizzere (ALPINFO), che sono le più accreditate, nel 2004 sono passati per la Valle di Susa circa 19 Milioni di Tonnellate nel tunnel autostradale del Frejus, circa 7 MT sulla linea ferroviaria di Modane, circa 0,5 dal valico stradale del Monginevro. In totale sono transitate 26,5 MT, pari al 17 % del totale del traffico internazionale che attraversa l’arco alpino da Ventimiglia a Trieste sui 12 valichi principali (nel 2000 erano 37 MT pari al 25%). Ma il progetto in corso, prima di essere insostenibile per l’alta quota di traffico merci che già detiene la valle di Susa, è geograficamente illogico, dal momento che i flussi principali stanno aumentando solo nella direzione Nord-Sud. Per confronto, nel decennio 1994-2004 mentre i traffici globali tra Italia e Francia sono passati da 45 MT a 50 MT, quelli tra l’Italia, la Svizzera e l’Austria sono aumentati da 63 MT a 103 MT !! Qui l’integrazione ad Est della Germania ha avuto un forte ruolo, che però si va ridimensionando.

 

18. ESCLUDENDO IL VALICO costiero di Ventimiglia e considerando solo i valichi italo francesi alpini, i transiti di merci sono diminuiti tra il 1994 ed il 2004 da 34 a 31 MT. Pertanto tutti gli scenari di crescita e di saturazione di queste infrastrutture sono assurdi. La situazione del valico di Ventimiglia è particolare: qui il traffico è per il 97 % in autostrada (18,5 MT contro solo 0,5 MT per ferrovia) pur disponendo di uno scalo ferroviario e di una linea modernissima trasferita nell’interno da poco più di vent’anni. Questo squilibrio avviene perché alla nuova linea mancano una trentina di chilometri, che ne ostacolano l’esercizio. È quindi sulla linea (Marsiglia)–Ventimiglia–Genova che un intervento di completamento potrebbe realizzare il massimo riequilibrio tra il mezzo stradale e quello ferroviario. Inoltre il congestionamento stradale dell’autostrada costiera indirizza i camions verso i valichi alpini sino al Frejus.

 

19. SUGLI SCENARI FUTURI pesa anche il fatto che la Svizzera, che negli anni ‘80 aveva lungamente rifiutato il transito dei camion di maggiori dimensioni attraverso il suo territorio, obbligandoli ad aggirarlo dai valichi italo-francesi ed italo-tedeschi, ha dovuto rinunciare a questi divieti, che le erano contestati dall’Unione Europea. Ed ora, per mantenere comunque la propria politica e gli equilibri interni della confederazione, sta realizzando due nuovi corridoi ferroviari Nord-Sud

 

20. UNA DELLE PIÙ GRAVI OMISSIONI dei progetti presentati per la Torino–Lione è proprio la mancata considerazione della prossima apertura di due corridoi ferroviari svizzeri: il Loetschberg– Sempione nel 2007 (per ulteriori 20 MT) ed il nuovo S. Gottardo (per 30-40 MT) nel 2014. Inoltre gli svizzeri, per alimentare le nuove linee che temono possano essere sovradimensionate, si sono offerti di attrezzare a loro spese il tratto di ferrovia che collega il territorio elvetico alla linea francese di Digione. Questo per attirare i traffici che ora passano per la ferrovia del Frejus e che avrebbero un percorso più breve attraverso il Sempione.

 

21. INFATTI, RIVEDENDO I CALCOLI dei promotori, la perizia di audit sul progetto commissionata dal governo francese nel 2003 sostiene che: “I progetti ferroviari svizzeri influenzeranno il traffico che transita per i valichi francesi. La Direzione della Programmazione Statale stima che dal 20% al 30% dei traffici ferroviari che passano sulla linea storica di Modane abbia un itinerario più corto attraverso la Svizzera”. Anche il Rapporto Finale di Alpetunnel (Ente costituito dai governi italiano e francese per la verifica di fattibilità dell’opera) nel 2001 stima che: “i traffici autostradali, attualmente deviati dal loro itinerario attraverso la Svizzera, sono il 35% al Bianco e il 23% al Frejus”.

 

22. L’AUDIT GOVERNATIVO CALCOLA anche che “Nella simulazione al 2013, le ferrovie svizzere potranno smaltire, grazie anche al nuovo Loetshberg, circa 40 MT. La quota che resta da transitare per le infrastrutture in territorio francese, supponendo che i trafori autostradali del Frejus e del Monte Bianco se la ripartiscano rispettivamente al 60% e 40%, comporterà la riduzione del traffico al traforo autostradale del Frejus a 14 MT, ai valori del 1994”.

 

23. LA DIREZIONE DI EUROTUNNEL ha scelto la linea Basilea– Sempione per il collegamento tra Londra e la pianura Padana, e questo ha già avuto degli effetti nella riduzione del traffico merci sulla Torino–Modane. Questo dato è confermato da un grafico che compare nel Rapporto Finale di Alpetunnel: il traffico combinato (cioè quello dei TIR che vengono caricati su ferrovia il cui sviluppo giustificherebbe la “autostrada ferroviaria” e quindi il tunnel di base) che passa attualmente per la ferrovia Torino–Modane, è per il 96% diretto in Olanda, Gran Bretagna o Francia del Nord e solo per il 4% nel resto della Francia ed in Spagna. Anche questo indica che la nuova linea del Loetschberg–Sempione è collocata più favorevolmente rispetto alla linea del Frejus nel captare le maggiori correnti di traffico europeo. L’investimento sulla Torino–Lione si rivelerebbe dunque un fallimento, perché si colloca fuori dalle naturali correnti di traffico nel nuovo quadro delle reti ferroviarie europee.

 

24. ANCHE PER I CARRI MERCI TRADIZIONALI i dati, forniti dal già citato audit tecnico-economico del governo francese, hanno calcolato che i treni merci internazionali che transitano per Modane provengono per il 70-80% da Nord attraverso Digione, per il 10% da Sud e per il 20% dal nodo di Lione. E proprio il traffico proviente da Digione è quello che entrerà maggiormente in concorrenza con le ferrovie svizzere per la nuova linea del Sempione.

 

25. PER IL TRAFORO AUTOSTRADALE DEL FREJUS è stato calcolato che circa il 70% dei TIR che lo utilizzano sono diretti o arrivano da Nord ed hanno prevalentemente un itinerario più breve attraverso altri valichi. Solo il 20-25% è diretto verso Lione. E solo il 5-10% viene da Sud, dall’area iberica o dal Mediterraneo.

 

26. LA PERIZIA DI AUDIT GIÀ CITATA affermava esplicitamente più di due anni fa, che “La linea ferroviaria del Frejus esistente stagna da più di 15 anni al di sotto delle 10 MT”, e che “I traffici complessivi di merci su mezzi pesanti sono stabili dal 1994”. Ciononostante l’argomento delle reali previsioni dei traffici è stato un tabù nelle riunioni tecniche, ed ogni volta che si è toccato l’argomento tutto si è fermato di fronte alla “dichiarazione dei ministri”.

 

27. LA PERIZIA GOVERNATIVA notava anche che “La chiusura del tunnel stradale del Monte Bianco è stata priva di effetti sul traffico ferroviario che transita a Modane”. Eppure l’emergenza era stata affrontata predisponendo la possibilità di 25 treni ed abbassando le tariffe del 30%.

 

28. E SOPRATTUTTO LA VALUTAZIONE degli esperti del ministero francese dà dei valori di capacità: “La capacità del tunnel storico di Modane è di 20 Milioni di Tonnellate ed il suo limite massimo è stimato a 25 MT” (ora lo attraversano nei due sensi circa 7 MT). Per quanto riguarda la linea, quando nel 1997 si raggiunse con 10 MT il massimo del traffico merci, l’impegno medio giornaliero risultava essere di 55 treni merci, e di 85 nei giorni di punta. Se aggiungiamo a questi i treni necessari al movimento passeggeri (circa 50 nel tratto di maggiore intensità tra Torino e Bussoleno) si arriva a 135. Con modesti interventi di adeguamento si potrebbe arrivare a 220 treni al giorno per cui, anche nei giorni di punta, ne resterebbero 85 a disposizione del traffico merci. Ciò potrebbe consentire il transito di altri 10 MT, e raggiungere il totale di 20 MT (quasi tre volte il traffico attuale).

 

29. COME CONSIDERAZIONE FINALE la perizia di audit conclude: “Una nuova linea per smaltire il traffico merci non si giustifica, in assoluto, prima del 2030, ammesso che sia giustificabile, tenendo conto che conduce essenzialmente a catturare traffico ferroviario svizzero e non ad un trasferimento modale. Con dei limitati adeguamenti della linea francese e con i progetti svizzeri, i valichi alpini attuali potrebbero smaltire il traffico prevedibile”.

 

30. DI FRONTE ALLA SITUAZIONE ODIERNA val la pena rileggere alcune affermazioni che sono state alla base del progetto della linea TAV–TAC Torino–Lione. Secondo Alpetunnel, nello studio presentato il 9/1997:

- “Tra il 1998 ed il 2010 le merci sulla linea ferroviaria attuale passeranno da 9,6 MT a 19 MT” (nel 2005, erano meno di 7 MT).

 - “I passeggeri passeranno da 1.500.000 a 3.900.000” (ora sono 1.300.000) (cfr. anche 41).

 

31. L’IPOTESI DI UN ESAURIMENTO della linea ferroviaria nella tratta più vicina a Torino entro il 2005 (!) (cfr. 41) era tutta costruita sulla previsione di creare un servizio di tipo metropolitano nella cintura Ovest, che avrebbe tolto spazio al traffico merci. Ma per dimostrare la necessità della Torino–Lione si taceva sul progetto in atto della linea metropolitana sino a Rivoli, che è direttamente concorrente a questo bacino di utenza.

 

La questione della saturazione dei valichi esistenti

 

32. NON ESISTONO PERICOLI DI SATURAZIONE dei grandi valichi ferroviari e autostradali italofrancesi: sono tutti utilizzati sotto il 50%, e la tendenza è stabile o leggermente negativa. In più, come si è detto, dal 2007 l’entrata in servizio del Loetschberg–Sempione avrà come effetto una ripresa in carico di traffici che, in passato, gravavano su altri valichi.

 

33. TRA ITALIA E FRANCIA, la capacità di trasporto ferroviario potrebbe aumentare del 400% rimanendo al di sotto della capacità massima. La ferrovia e lo scalo di Ventimiglia possono aumentare di quasi 20 Milioni di Tonnellate, la ferrovia del Tenda, se elettrificata, potrebbe portare 5 MT assorbendo gli scambi tra il sud del Piemonte e la costa ligure e francese, la ferrovia del Frejus potrebbe assorbire altri 10 MT: in totale oltre 30 MT contro i 7,5 che passano attualmente tra Modane e Ventimiglia. Vi sono quindi enormi margini di utilizzo semplicemente intervenendo sull’esistente, anche tenendo conto che la Genova–Ventimiglia ed il binario in salita della linea di Modane sono entrate in servizio negli ultimi 25 anni.

 

34. LA FACILE RIDISTRIBUZIONE del traffico merci dopo l’incidente che ha bloccato il tunnel autostradale del Frejus sta smentendo chi motivava la Torino–Lione con la prossima saturazione dei valichi esistenti. Il blocco del Frejus, attraverso cui passa il 40% delle merci dell’interscambio Italia-Francia, non ha generato problemi di intasamento agli altri valichi.

 

35. L’IPOTESI SULLA SATURAZIONE delle linee è basata sulla dichiarazione dei due ministri dei Trasporti a Modane, il 15 maggio 2000, quando, sotto l’effetto dell’incidente del Monte Bianco, fu fissato l’obiettivo politico del “quadruplicamento” delle merci come conseguenza (!) della costruzione della nuova linea Torino– Lione. Cioè si promuoveva l’opera anche senza le previsioni di traffico. Da questa dichiarazione non supportata da alcuna analisi, son derivate le 40 MT all’anno di merci con cui vengono giustificati il tunnel di base e la Gronda Merci.  

 

36. IN PRATICA CON LA “DICHIARAZIONE dei Ministri” di Modane si è arbitrariamente attribuito ad un sistema di trasporto mai sperimentato (l’autostrada ferroviaria) ed al semplice fatto di creare una nuova linea, la capacità di generare un aumento enorme delle merci trasportate, per di più su di un itinerario già “maturo”, in cui i volumi di traffico tendono a rimanere stabili. E si è tenuto per vero questo dato come base per tutte le simulazioni relative, anche quando i dati reali smentivano clamorosamente queste ipotesi. (cfr. Alpetunnel Relazione Finale, pag 59 e pag 119). Il risultato della linea Pontebbana verso l’Austria, che è recentissima e moderna, e che è utilizzata solo al 20%, sta a dimostrare come il rapporto tra creazione di una nuova linea ed aumento di traffico non è affatto automatico.

 

37. IL TRATTATO SOTTOSCRITTO a Torino nel 2001 stabilisce che la Torino–Lione si giustifica per la saturazione dei valichi esistenti; così si sono presentati progetti che calcolano i traffici futuri sulla base della dichiarazione dei ministri invece che sui dati reali.

 

38. LA QUESTIONE DELLA SATURAZIONE è fondamentale per l’esecuzione o meno degli accordi. La perizia presentata dal governo francese del 2003 puntualizza che: “Il trattato del 29 gennaio 2001 non dà una data di realizzazione delle opere poiché l’art. 1 dice testualmente che – la loro messa in servizio dovrà essere attuata alla data di saturazione delle linee esistenti –”. Quindi se non ci sarà saturazione non dovrà esserci neppure la Torino–Lione

 

39. NELLE CONSIDERAZIONI FINALI l’audit tecnico economico presentato dal governo francese dice anche che: “In conclusione: è ancora troppo presto per poter dire quando le infrastrutture di trasporto alpino saranno sature. Per quanto riguarda l’autostrada ferroviaria le incertezze che pesano oggi su questa attività sono tali che la Commissione di esperti ritiene prematuro pronunciarsi”.

 

40. MENTRE QUALCHE CAPITOLO PRIMA sosteneva che: “L’aumento di capacità del traffico merci classico per effetto della messa in opera del progetto del nuovo tunnel non contribuirà per niente all’alleggerimento del traffico stradale nella regione di confluenza delle valli alpine”.

 

41. VAL LA PENA di rileggere alcune dichiarazioni che furono alla base del progetto della nuova linea per confrontarle con la situazione attuale:

- SOLE 24 ORE - 21.12.91. “Il Centro Studi sui Trasporti delle Ferrovie italiane ha calcolato che la linea Torino Modane raggiungerà una saturazione nel 1997” (oggi siamo a circa un terzo della sua capacità);

- LA STAMPA - 30.9.00. “Il Direttore delle Infrastrutture delle FS, Moretti, lancia l’allarme: entro il 2005 i binari che arrivano dalla Val di Susa saranno saturi. Le ferrovie non saranno in grado di aggiungere neppure uno spillo tra Torino ed Avigliana” (oggi siamo ancora sotto il 50%, ed è stato possibile inserire 120 treni per le Olimpiadi!).

 

L’autostrada ferroviaria ed il trasferimento dei Tir su ferrovia

 

42. L’AUTOSTRADA FERROVIARIA È IL PRETESTO con cui viene giustificato il tunnel di base e l’obiettivo del trasferimento delle merci su ferrovia. Solo la ridotta pendenza del tunnel di base permetterebbe di farvi transitare i maxitreni lunghi 1500 metri, pesanti circa 4000 T, che caricherebbero i TIR completi invece dei soli cassoni. Questi treni sarebbero tre volte più lunghi e tre volte più pesanti dei merci attuali, ma il peso netto delle merci sarebbe solo il doppio (dati Alpetunnel): il resto è spreco.

 

43. SECONDO LA RIVISTA SPECIALIZZATA francese “Le Rail” (maggio 2005) l’autostrada ferroviaria tra Orbassano ed Aiton, che collauda il modello di servizio che è previsto per la linea Alta Capacità Torino–Lione, trasporta 12.000 mezzi all’anno ed ha un deficit di 15-17 milioni di euro all’anno. In altre parole, ogni viaggio di 175 chilometri costa alle Ferrovie 1.350 euro, oltre ai 290 Euro del costo del pedaggio che viene pagato dal mezzo. L’errore non sta nelle qualità della ferrovia, che ha risultati analoghi a quelle delle altre tratte alpine dove le navette di semirimorchi sono efficienti, ma nel nuovo sistema. E i 12.000 mezzi sono solo l’ 1% dei camion che passano per il traforo autostradale del Frejus.

 

44. L’AUTOSTRADA FERROVIARIA con supertreni merci è il cardine del progetto approvato dalla Conferenza Intergovernativa. Ma i progetti presentati da RFI (Rete Ferrovie Italiane) in Val di Susa hanno i fasci di binari di scambio assai più corti, che non ne permetterebbero l’uso. È una convinzione sostenibile o solo un espediente per minimizzare i progetti presentati ai comuni e cambiarli dopo per necessità?

 

45. IN REALTÀ FAR VIAGGIARE I TIR completi sui treni non è “mettere le merci su ferrovia”: si tratta di un doppione con costi energetici e di gestione assurdi, inventato per accontentare sia le società che costruiscono camion o ne gestiscono i trasporti che quelle di materiale ferroviario. Non si diminuisce il traffico merci se non si diminuiscono i mezzi circolanti. Dal punto di vista energetico l’autostrada ferroviaria è peggiore del mezzo stradale: il rapporto tra peso totale del mezzo a vuoto e quello delle merci trasportate è di 1:1,5 per un camion e di circa 2:1 per il treno dell’autostrada ferroviaria. Il vero futuro del trasporto ferroviario è nell’uso dei containers, delle casse mobili o, perlomeno, dei semirimorchi.

 

46. SECONDO LA PERIZIA TECNICO ECONOMICA presentata dal governo francese nel 2003: “Il numero dei mezzi pesanti tolti dai tunnel stradali del Monte Bianco e del Frejus è quasi uguale sia nello scenario di riferimento – e cioè in assenza della nuova linea – che in quello con il nuovo progetto”. La sola differenza sarebbe rappresentata dalla autostrada ferroviaria.

 

47. MA, SEMPRE SECONDO QUESTA PERIZIA: “L’autostrada ferroviaria permetterebbe un trasferimento modale sulla ferrovia, ma, nelle previsioni, riguarderebbe solo il 10% dei mezzi, mentre il 90% resterebbe su strada”. Però: “l’autostrada ferroviaria è il settore in cui le previsioni di traffico sono le meno affidabili” (e l’esperimento tra Orbassano ed Aiton mostra che la quota reale è inferiore all’1%).

 

48. NELLA “SINTESI NON TECNICA” che riassume gli studi di VIA presentati da LTF è detto che: “Le analisi allegate al progetto stimano al 15-20 % la riduzione dei corrispondenti traffici autostradali connessa alla realizzazione dell’opera”. Si tratta, anche secondo le stime della perizia governativa, di stime troppo ottimistiche, ma è interessante notare come le stesse valutazioni dei promotori siano assai minori della promozione politica che vuol far credere che la nuova linea svuoterà le strade! Il milione di TIR tolti dalle strade secondo una pubblicità fasulla, sono 250.000 secondo i calcoli dei proponenti, 150.000 secondo quelli del governo e 15.000 secondo le prove.

 

49. LA PERIZIA GIÀ CITATA solleva grossi dubbi anche sulla sua utilità per il traffico: “L’autostrada ferroviaria ha un effetto ambiguo nell’ottica di un trasferimento modale dalla strada alla ferrovia. Essa permette l’alleggerimento del traffico stradale su di una tratta, ma parallelamente ha la tendenza ad accrescere l’interesse al trasporto stradale su lunghe distanze. In quest’ottica non può essere fatto un paragone tra il progetto franco italiano ed i progetti ferroviari svizzeri”. Infatti l’incentivazione al valico toglierà qualche TIR dalla tratta di valico, ma aumenterà l’interesse di fare il trasporto per camion sul resto della rete stradale.

 

50. INFATTI LA PERIZIA calcola che: “Lo sviluppo dell’autostrada ferroviaria si fa comunque in parte a spese del trasporto ferroviario classico, riducendo sensibilmente i collegamenti disponibili per quest’ultimo, a causa della sua necessità di un cadenzamento elevato: un treno ogni mezz’ora”.

 

51. IL FLOP DEGLI ESPERIMENTI DELL’AUTOSTRADA FERROVIARIA era stato previsto dagli studi di settore: anche Alpetunnel, nella Relazione Finale, si esprime in questi termini: “L’obiettivo dell’Ufficio Federale dei Trasporti svizzero (per le linee che attraversano le Alpi) non è quello di sviluppare la “strada viaggiante”, dati i costi elevati, ma quello di puntare allo sviluppo dei trasporti combinati non accompagnati, principalmente containers e casse mobili”.

 

52. SEMPRE SECONDO LA PERIZIA GOVERNATIVA: “Vi è una incompatibilità tra il previsto cadenzamento ogni 30 minuti dell’autostrada ferroviaria (su cui si basa tutto il progetto di questo sistema) e la circolazione dei TGV nei tunnel a 220 Km/h. L’insieme delle osservazioni fatte invita a prendere con grande prudenza le proiezioni di traffico fornite, che appaiono insufficientemente motivate e basate su ipotesi troppo ottimistiche”.

 

53. UN SEMPLICE CALCOLO può illustrare il vincolo di una linea dove i treni passeggeri circolano a 220 Km/h ed i treni merci circolano a 100 Km/h. La differenza di velocità di 120 Km/h su di un tratto di circa 80 Km senza possibilità di sorpasso (la stazione di Modane è solo per soccorso) fa sì che ci debba esser un intervallo di 40 minuti tra l’entrata nel tunnel di un treno merci e di uno passeggeri. E questo è ovviamente incompatibile con le frequenze di treni necessari al traffico.

 

54. IN OGNI CASO la stessa perizia francese sostiene che la Autostrada Ferroviaria è inattuabile, così come è stata pensata: “Lo scenario presentato da LTF si basa su di un’offerta di servizio TGV calcolata supponendo che i TGV passino sotto il tunnel alla velocità normale. Questa ipotesi è chiaramente una gonfiatura e permette di evidenziare l’imperfetta messa a punto delle previsioni del traffico merci e passeggeri che si basano su delle ipotesi che si escludono a vicenda”.

 

55. NESSUNO HA MAI VERIFICATO, neppure su di un tratto sperimentale, la compatibilità meccanica del transito dei TGV con i treni superpesanti. Le rotaie delle linee esclusivamente TGV sono rettificate quasi giornalmente e questo rende ancor più incredibile che sulla stessa linea possano viaggiare dei treni così usuranti. In effetti i francesi, a parte il tunnel di base, prevedono per le merci una linea diversa da quella utilizzata dai TGV.

 

56. LA LINEA STORICA non è né vecchia né antieconomica, e fino al 2000 è stata il più importante valico ferroviario d’ Italia. Il binario di salita è nuovo ed è entrato in servizio solo nel 1980. L’intera linea ha performance analoghe a quelle delle linee degli altri maggiori valichi alpini internazionali, e con i lavori di aumento della sagoma delle ultime gallerie, che saranno terminati tra un anno, sarà ulteriormente adeguata. Rispetto ad un treno merci che percorra un tunnel di base c’è necessità di maggiore energia di spinta e di un locomotore in più, ma si tratta di costi poco significativi di fronte agli enormi costi energetici e di manutenzione che richiederebbe il tunnel di base (cfr. 96). Le pendenze ed i tempi di percorrenza sono analoghi a quelli della vicina autostrada, inaugurata nel 1990: ed un convoglio che parte da Orbassano arriva alla piattaforma logistica di Aiton, in Savoia, in meno di tre ore, perfino meglio di un TIR che faccia in autostrada lo stesso tratto alpino.

 

I progetti presentati

 

La valutazione di impatto ambientale

 

57. NELLO STUDIO PRESENTATO da LTF ai fini della Valutazione di Impatto Ambientale, l’alternativa zero, cioè l’ipotesi di non costruire l’opera, fu esclusa dicendo che “da valutazioni trasportistiche emerge che l’intera linea storica tra il 2015-2017 sarà completamente saturata”. Una valutazione che è talmente fuori dalle linee decennali di tendenza da poter essere definita falsa. Per i vari studi per la procedura di V.I.A. sono state redatte circa 5000 pagine: ma non si parla mai dei progetti ferroviari svizzeri che sono già in corso di realizzazione e che modificheranno lo scenario dei trasporti. Ed è ancor più inaccettabile che non vi siano tabulati o dati sull’andamento negli ultimi anni del transito di merci al traforo ferroviario ed a quello autostradale del Frejus, dal momento che questi dati contraddicono le tesi espresse.

 

58. ANCHE NELL’ULTIMO STUDIO redatto a dicembre 2003, permangono tutte le omissioni sulla mancata crescita dei trasporti, sulla non rispondenza di questa scelta progettuale all’obiettivo di spostare il trasporto merci dalla strada alla rotaia, e sull’effettiva consistenza degli impatti dell’opera. È fuori di ogni logica che si continui ad andare avanti senza un pausa di riflessione e senza disporre una perizia che aggiorni il quadro generale del progetto.

 

59. LO STUDIO PER LA VALUTAZIONE di Impatto Ambientale del tunnel di base è stato approvato nonostante gravi contraddizioni: anche se gli accordi di Torino imponevano procedure parallele, è stato presentato un progetto per i soli 20 Km della parte italiana (sui 79,5 Km totali), mentre si discuteva ancora se realizzarlo ad una o due canne. E si è previsto di collocare tutto lo smarino in un sito in Francia senza fare alcuna comunicazione allo stato francese od al comune interessato, che tutt’ora non hanno rilasciato alcuna autorizzazione. Questa mancata comunicazione ha violato anche la direttiva UE sugli impatti transfrontalieri. 

 

60. IL TRATTATO DI TORINO, che ripartisce le competenze in territorio italiano, affidava a LTF la tratta che comprende il tunnel di base e la linea sino a Bussoleno, ed alle Ferrovie (RFI) la parte successiva, “da Bussoleno al nodo di Torino”. Ma la progettazione di LTF è stata fatta fino a Borgone, e su questa ha ottenuto tutte le approvazioni. In un momento successivo RFI, dovendo riprogettare il tratto da Borgone a Torino secondo le richieste regionali, ha rifatto il progetto a partire da Bussoleno, affermando però esplicitamente che per l’autorizzazione di VIA valeva quella di LTF.

 

61. IL CAOS DI COMPETENZE è inaccettabile perché mina la validità delle prescrizioni e delle garanzie che diventano annullabili a piacimento attraverso un rimpallo tra LTF e RFI.

 

62. LA QUESTIONE È SIMILE per tutta la tratta che il trattato di Torino indica “da Bussoleno al nodo di Torino”. Anche se gli stessi schemi delle Ferrovie (RFI) indicano che il “nodo” comincia solo dopo Collegno, esse hanno titolato “Nodo di Torino” tutto il progetto a partire da Bussoleno. Questo potrebbe nascondere la possibilità di ampi mutamenti ad autorizzazione avvenuta.

 

63. IN PRATICA VIENE IGNORATO che la progettazione del tratto tra Bussoleno e Torino, in quanto compresa nel Trattato di Torino, non può essere in contrasto con le caratteristiche approvate dalla Commissione Intergovernativa (CIG) e per essa dai due governi. Nel costante gioco di mimetizzare l’Alta Velocità per far partire il progetto si è presentata questa tratta come una cosa differente, anche se è strettamente vincolata al trattato ed al tunnel di base.

 

64. SINO AL 2000, in dieci anni di progetti, nessuno aveva accostato la progettazione del tratto italiano della Torino Lione, con quello della “tangenziale merci ferroviaria” un progetto che aveva come punto focale l’interporto di Orbassano e si proponeva di evitare alle merci di attraversare il nodo di Torino. Ma nel 2000 le Ferrovie scoprirono la possibilità di dare una spinta alla Torino Lione cominciando dal tratto più vicino a Torino, che è il più fattibile. Di conseguenza lo ribattezzarono “Gronda Merci” e per farlo stravolsero tutto quanto era stato fatto o progettato negli anni precedenti, “liquidando” il nuovissimo interporto di Orbassano, e con esso un collegamento tangenziale Nord Sud. L’assurdo è che quel progetto, nato a supporto della AC Torino Lione, sia ora usato per giustificarla mentre è ovvio che senza il tunnel di base, crolla anche quell’idea di “Gronda Merci” Per salvare l’interporto di Orbassano ed i collegamenti tra Torino e la nuova linea, la Regione ha chiesto nelle sue osservazioni, di farla passare sotto corso Marche, ma questa ed altre richieste si scontrano con il fatto che la Regione non ha competenza su questo progetto e quindi non ci sono garanzie che quanto chiede venga accolto.

 

65. L’ULTIMO PROGETTO PRESENTATO da RFI nel dicembre 2003 ai fini della VIA, prevede di mettere solo le merci sulla nuova linea. Ma, per quanto apprezzabile nel suo intento, contraddice tutto l’impianto progettuale seguito sino ad ora, perché mettere anche i TGV sulla linea ordinaria, alla velocità degli altri, tra Bruzolo e Settimo, significa vanificare tutte quelle rese orarie tra centri di arrivo e destinazione che in tutti questi anni hanno costituito una delle ragioni che hanno sostenuto il tunnel di base (cfr. Audit punto IIA ed Alpetunnel R.F.)

 

I cantieri e la durata dei lavori

 

66. LA DURATA DEI LAVORI è stata valutata solo in via teorica: ma la durata reale che emerge da tutti i riscontri è almeno doppia. I lavori in atto sulla discenderia di Modane erano iniziati a maggio 2002 per fare 4 chilometri in 40 mesi: hanno realizzato 1 chilometro in 24 mesi e poi l’impresa ha rinunciato al lavoro, ed il cantiere è rimasto fermo per oltre un anno. Quelli alla discenderia di St. Martin la Porte hanno scavato, ad oggi, 1400 metri in 30 mesi. In entrambe la velocità di scavo, al netto di tutte le interruzioni, è stata di 500 metri all’anno. Nella vicina centrale AEM in caverna, i lavori erano iniziati nel 1996 per concludersi nel 2000, e lo saranno nel 2006. Le gallerie autostradali di Serre la Voute e Bussoleno son durate il doppio del previsto. Su questa base si devono prevedere almeno 20 anni di cantieri, senza contare il rischio di sospensioni dei lavori. Una durata così lunga indurrebbe la parte più attiva della popolazione ad abbandonare la valle, o a rinunciare ad investirvi.

 

67. RISPETTO ALL’AUTOSTRADA TRA SUSA E RIVOLI, che ha lasciato parecchi punti irrisolti con i comuni, la tratta italiana della Torino–Lione (la cosiddetta “Gronda Merci tra Bussoleno e Torino”) è più lunga (43 Km contro 36) e prevede una superficie di aree di cantiere o di lavoro maggiore del 50% rispetto a quelle che furono necessarie per la autostrada. Ad essa si devono poi sommare le superfici dei cantieri del tunnel di base e della tratta da Venaus a Bussoleno. I dati del cantiere definitivo del tunnel di base forniti da LTF sono poco credibili. Facendo il confronto con quello del tunnel del S. Gottardo il cantiere della Val Cenischia dovrebbe avere una superficie complessiva di poco inferiore a quelli della Gronda Merci. Si tratterebbe quindi, in totale, di 3 volte la superficie dei cantieri e delle opere connesse che si è avuta per l’autostrada.

 

68. LA VISITA AL CANTIERE DEL S. GOTTARDO ha fatto nascere alcune valutazioni sul cantiere che sarà ospitato in Val Cenischia, e che sin’ora pare poco definito. Il cantiere del tunnel del S. Gottardo è attualmente lungo 2 chilometri e largo da 150 a 300 metri. Da questa imboccatura si estrae tutto il materiale della tratta di 16 Km che lo separa dall’altro punto di attacco. Ma il tratto tra Venaus e Modane è di 26 chilometri e sulla stessa area di cantiere insiste un viadotto di 700 metri ed una ulteriore galleria di 13 chilometri. Si può pertanto ipotizzare che in Val Cenischia ci sarà un cantiere di 2 chilometri largo 500 metri, cioè tutto il tratto di valle sino a Venaus.

 

69. IL CASO DEL CANTIERE DELL’AEM per la centrale in caverna di Venaus è interessante perché ha coinvolto lo stesso sito in cui inizierà il tunnel di base. I lavori sono durati 9 anni invece di 4 ed il contenzioso tra AEM e l’impresa appaltatrice ha visto contrapporsi richieste di danni di 240 miliardi contro 200 miliardi (per ritardi nella consegna) su di un importo complessivo di 370. Nessuno di questi rischi è stato valutato per la Torino–Lione (cfr. 77).

 

70. PER QUANTO RIGUARDA invece il rispetto delle leggi e delle normative, nonostante l’apparente sforzo progettuale non vi è alcuna garanzia. Le ditte se la caveranno con una multa, che se è dissuasiva di fronte ad una piccola impresa, è irrisoria per chi lavora ad un’opera che costa 2-300 miliardi di lire al Km. In nessun documento si prevedono cauzioni a garanzia dei Comuni e dei cittadini.

 

Lo scavo e la gestione degli inerti

 

71. LO SCAVO DELLE GALLERIE, secondo i calcoli di LTF, produce circa 0,26 milioni di m3 al chilometro. La parte comune italofrancese, che comprende il tunnel di base e la galleria di Bussoleno, produrrà 17.500.000 m3, pari a 7 volte la piramide di Cheope. Da parte italiana, per la parte comune, saranno estratti 3,5 Milioni di m3 da Venaus (ma nel caso sia aperta anche la finestra di Val Clarea saranno 5 M m3) e 3 M m3 dal tunnel di Bussoleno, quindi in totale 6.500.000 m3, cioè quasi 3 piramidi di Cheope. Si ritiene che se ne potrà riutilizzare circa il 25%: pertanto sono da mettere a discarica da 4,5 a 6 M m3, cioè da 2 a 2,5 piramidi di Cheope. Ma la discarica è sul Moncenisio a 2000 metri di quota, circa 1400 metri più in alto, e manca tutt’ora (!) l’assenso delle autorità francesi, per un sito che è anche inserito in una area protetta come parco naturale.

 

72. A QUESTI SI DOVRANNO AGGIUNGERE i 4,5 milioni di m3 risultanti dai 6.200.000 m3 estratti nei 24 Km di gallerie della “Gronda Merci” (che porta il totale della estrazione da parte italiana a 13-14.000.000 m3). Il totale delle gallerie italo-francesi, compresi i tunnel francesi della Chartreuse e della Belledonne, sarebbe di 34 milioni di m3 di smarino (circa 14 piramidi di Cheope).

 

73. A TITOLO DI PARAGONE 15 milioni di metri cubi corrispondono teoricamente a 2.500.000 viaggi di camion (qualcosa come un camion al minuto per cinque anni di seguito).

 

74. L’INCERTEZZA SULLA DESTINAZIONE degli inerti, che pure è un tema fondamentale per un progetto di questo tipo, si evidenzia nel fatto che nel secondo studio di VIA per la “Gronda Merci”, anche le Ferrovie Italiane hanno indicato come possibile sede di discarica la cava del Moncenisio, che LTF aveva già previsto di utilizzare ed esaurire come discarica per il materiale del tunnel di base. Entrambi i progetti la considerano a propria disposizione prima ancora di avere l’autorizzazione!

 

75. LA MOVIMENTAZIONE, sul versante italiano, sarà di 13- 14.000.000 m3, di cui il 25-30% frantumati per farne cemento o utilizzati per i rilevati ed il resto messo in discarica in circa 20 siti autorizzati (più quello del Moncenisio che ancora non lo è). Questo corrisponde al volume di circa 5 piramidi di Cheope, da gestire in un territorio limitato e già fortemente provato dai cantieri precedenti. Se a tutto ciò si sommano le enormi aree di cantiere e la durata prevedibile dei lavori, si ha il quadro di un degrado che sarà irreversibile.

 

76. LA QUOTA DI CIRCA 3,5-4 milioni di metri cubi “riutilizzata” nasconde il peso di un impatto non meno devastante: il materiale utilizzato per fare calcestruzzo sarà frantumato ed impastato in loco.

 

77. LE DIFFICOLTÀ TECNICHE DELLO SCAVO si prospettano maggiori rispetto al tunnel svizzero del Gottardo e ancora più grandi di quelle dell’Eurotunnel. “Il tunnel di base, in cui la copertura rocciosa supera i 1000 metri per tre quarti del tracciato, con un massimo di 2500 m sotto il massiccio dell’Ambin, può causare rotture violente nella parete di scavo con formazione di sfaldamenti e talvolta di scorrimenti. Di regola la temperatura aumenta con la profondità con un gradiente teorico di 33° C ogni 1000 m. Le temperature riscontrate durante lo scavo del tunnel di base saranno prevedibilmente di circa 50°C” (Alpetunnel R.F. 2000).

 

78. VAL LA PENA DI RICORDARE alcune notizie relative ai lavori dell’AEM, che sono paralleli al futuro tunnel per un chilometro. Il lavoro con le più sofisticate “talpe” (TBM), gestite da una società norvegese ad altissima specializzazione, iniziarono a maggio 1996. A dicembre 1996 il primo blocco di alcuni mesi e la perdita di parte della macchina; a giugno del 1999 il secondo incidente analogo e un anno dopo un terzo in cui una intera TBM fu abbandonata. Poco dopo la ditta norvegese risulta essersi ritirata (cfr. 67).

 

79. IL PROBLEMA DI SOLLEVAMENTO DI POLVERI dalla movimentazione di inerti, dalla superficie delle aree di cantiere e dagli stoccaggi degli inerti, è reso praticamente irrisolvibile dall’esistenza, per circa 40 giorni all’anno, di venti attraverso il Moncenisio che durano più giorni di seguito e possono raggiungere facilmente velocità di 100 Km/h. Si tratta di venti asciutti, e caldi per la compressione atmosferica. In queste condizioni bagnare i mucchi di inerti o le aree di cantiere non risolve il problema perché il disseccamento è veloce e la superficie da trattare è enorme. Per le polveri di rocce normali si può parlare di grave fastidio, per le rocce contenenti amianto di danni alla salute pubblica.

 

80. LA VISITA DEI SINDACI E DEI TECNICI al cantiere del S. Gottardo ed il confronto con gli amministratori dei comuni svizzeri interessati, ha dimostrato che, nonostante le tradizionali cautele della procedura elvetica e l’introduzione di sistemi anche innovativi, il problema delle polveri continua ad essere fonte di gravi disturbi. Il problema sarà più grave in Val di Susa, sia per la presenza di amianto che per la concentrazione in una sola valle di un volume di inerti tre volte superiore.

 

La presenza di amianto

 

81. LO STUDIO COMMISSIONATO dalle Ferrovie Italiane al Centro di Geotecnologie dell’Università di Siena e consegnato nel gennaio 2003 ha svolto una indagine finalizzata alla ricerca di amianto nelle rocce della bassa valle con prelevamento di 39 campioni in 29 punti. In circa la metà di campioni è stata riscontrata la presenza di amianto in varie forme. Sulla base anche di questo il Centro ha valutato che saranno estratti 1.050.000 m3 di rocce contenenti amianto.

 

82. LO STUDIO RFI per la Valutazione di Impatto Ambientale ha ridotto la valutazione del quantitativo di rocce potenzialmente contenenti amianto a 875.000 m3, anche se poi nel secondo progetto è aumentata la lunghezza delle gallerie nella zona più critica; comunque ad oggi non è stato indicato, e non esiste, un sito in cui poter stoccare in tutto o in parte la quantità di materiale stimata dagli stessi promotori del progetto. Per intanto la ghiaia sostituita nel ribassamento del piano dei binari del tunnel storico del Frejus viene inviata in Germania. Questo problema diventa insolubile proprio per la sua dimensione. L’emergenza è sicura ma 9 anni di studi e di polemiche non sono bastati per trovare una soluzione. L’ipotesi presentata prevedeva di farne dei mucchi di 500-1000 m3 e di verificare su ognuno di essi la presenza di amianto ai fini di uno stoccaggio lasciato indeterminato.

 

83. IL TEMA DELL’AMIANTO, per quanto riguarda gli elaborati progettuali ai fini della VIA è stato certamente minimizzato ai fini di facilitare l’approvazione della valutazione di Impatto Ambientale.Nonostante sia un argomento cruciale, nelle 43 pagine dell’apposita “Sintesi” che accompagna l’ultima redazione del progetto, e che, per legge, deve riassumerne le problematiche, non compare la parola “amianto”, né altro termine equivalente.

 

84. L’ ULTIMO STUDIO PER LA VIA si sovrappone al precedente con non poche ambiguità sulla versione a cui fare fede in futuro. In particolare sui siti di deposito per inerti contenenti amianto non propone nulla di preciso né come stoccaggio provvisorio né come definitivo.

 

La presenza di uranio

 

85. MOLTI DOCUMENTI TESTIMONIANO la presenza di giacimenti uraniferi nel Massiccio dell’Ambin, dove sarà scavato il tunnel:

– 1959 - Somirem: “Relazione sul permesso di ricerca di minerali di uranio nel comune di Venaus”;

– Nel 1974 il libro “ I giacimenti uraniferi italiani” edito dal Museo di Scienze naturali di Milano, definisce i nostri campioni “molto ricchi” e “molto belli”;

– 1977-81 - Agip Mineraria: “Relazione relativa ai lavori di ricerca per minerali di uranio a Rocca d’ Ambin”;

– 1980 - Minatome: “Permis de recherche de mines d’uranium” sul lato francese dell’Ambin;

Nel territorio di Venaus la galleria da cui sono stati tratti i campioni del minerale uranifero è ancora accessibile. Va però segnalato che esiste il pericolo di inalazione di polveri di minerale ad altissima radioattività e la presenza di radon, il gas radioattivo che, come le polveri, va nei punti profondi dei polmoni.

 

86. SOVRAPPONENDO LA CARTA elaborata dall’Agip Mineraria e dalla Minatome, si nota che dei 26 Km di galleria all’interno dell’Ambin due terzi sono in area di giacimenti uraniferi. La carta dell’Agip mineraria, che segnala i punti con anomalie spettrometriche, come quella del sito scavato di Venaus, indica ben 8 siti a ridosso della planimetria del tracciato nei 7 Km in territorio italiano. L’emissione del gas radon, nella misura in cui è stata accertata per le vicine gallerie dell’AEM, comporterebbe, per assicurare ai lavoratori condizioni di esposizione alla radioattività che rientrino negli attuali limiti di legge, un ricambio dell’aria dell’intero volume del tunnel ogni ora: cioè di circa 8 milioni di m3 all’ora

 

L’interferenza con le acque

 

87. LA CATTURA DELLE SORGENTI lungo il versante sinistro della valle è tanto più grave considerando le condizioni di natu rale aridità di quel versante della valle di Susa. La creazione dei rilevati potrebbe alterare il deflusso delle piene dei torrenti in una zona critica dal punto di vista idrogeologico come il fondovalle. La creazione di gallerie artificiali nel tratto tra Settimo ed il Musinè all’interno della falda porterebbe al suo innalzamento con l’allagamento degli interrati in zone densamente abitate

 

88. I GRAVI DANNI ALLE SORGENTI ed agli acquedotti di Salbertrand, Exilles e Giaglione, arrecati dai 14 km di gallerie scavate dalla AEM, vanno commisurati al ridotto diametro della condotta AEM, che è di 2 metri. Qui invece si tratterà di due gallerie parallele di 9 metri di diametro, con uno sviluppo in lunghezza in bassa valle di 12 Km + 21 Km (oltre al tunnel di base di quasi 54 Km). Nelle notizie di stampa relative ai lavori dell’AEM si denunciò la scoperta di un “lago” sotterraneo di 12-13 milioni di m3, anche se si trattava di lavori che hanno interessato solo superficialmente il massiccio montuoso dell’Ambin. Questo, al Moncenisio, è formato da rocce carsiche imbevute d’acqua che sono all’origine del grande lago del valico.

 

L’emissione di rumore

 

89. NEGLI STUDI PER LA VIA la valutazione della emissione del rumore è stata “ammorbidita” ignorando che il progetto prevede il transito dei convogli di autostrada ferroviaria tre volte più lunghi e tre volte più pesanti del più grossi treni merci attuali. È inammissibile che ai fini del disturbo non si sia tenuto conto di un tipo di esercizio che viene considerato fondamentale per l’opera stessa. Per di più in una valle in cui la situazione è peggiore che in pianura, per i riverberi e per la maggiore esposizione al rumore, che nel caso dei treni è leggermente inclinata e tende quindi a diffondersi maggiormente sui versanti.

 

90. IL LIVELLO DI DISTURBO ai lati di una linea TGV, anche senza considerare l’aggravante dell’autostrada ferroviaria, è tale che le Ferrovie Francesi sin dal 1993 garantiscono l’acquisto de gli immobili nella fascia di 150 metri per lato, una fascia che nel TGV Mediterraneo è stata aumentata a 200 metri. Da parte italiana per la stessa linea si resta invece a circa 60 metri, anche se si tratta di una zona densamente abitata.

 

91. ALLO STATO ATTUALE del progetto ai cittadini di Italia e Francia, cioè di due stati membri della Unione Europea, verrebbero riconosciute, attraverso la distanza critica di intervento, due diverse soglie di danno per rumore e vibrazioni per l’esercizio della medesima infrastruttura. Tutto questo non pare credibile.

 

92. IN UNA VALLE ALPINA in cui gli agglomerati urbani sono spesso in posizione leggermente più rilevata rispetto alla linea che corre a fondovalle, le possibilità di schermamento del rumore sono molto ridotte. Anche il riverbero delle pareti della valle contribuisce a peggiorare la situazione.

 

I Costi

 

93. LE ILLUSIONI DEI FINANZIAMENTI:

– 12.1992: “Pininfarina contatta le Banche”;

– 6.1994: “ È scattata la corsa ai finanziamenti giapponesi”;

– 10.1995: “Capitali giapponesi per la Torino Lione”;

– 1.1997: “Sono pronti i capitali giapponesi”;

– 10.1998: “Pininfarina: Trovati i soldi per la Torino Lione”;

– 10/2001: “S. Paolo e CRT e le banche francesi sono pronte a finanziare l’opera.” (….)

– Il 30 giugno 2005 la Commissione Europea attendeva un piano di finanziamento franco italiano, ed una volta ancora il termine non è stato rispettato.

I due governi non sono stati in grado di dare un piano neppure sulla base del preventivo ufficiale (che è meno della metà del costo stimato).

 

94. LE ALTRE ILLUSIONI DEI FINANZIAMENTI:

– 3/2003: “Transpadana propone una nuova strategia di finanziamento”;

– 4/2003: “Dalle banche un aiuto alla Torino Lione”;

– 5.2003: Martinat: “Facciamo tutto da soli!”;

– 10/2003: “La UE finanzierebbe sino al 30%”;

– 9.2004: “La UE finanzierebbe il 50%” (in realtà la UE spera di poter mantenere il 10%);

– 10/2004: “Il sindaco di Torino: la Torino Lione senza finanziamenti: ci sono solo i soldi per i sondaggi” .

 

95. SECONDO L’EXPERTISE TECNICO-ECONOMICO presentato dal governo francese nel 2003: “Per le nuove linee ferroviaria transalpine svizzere (stabilite negli accordi tra Svizzera ed Unione Europea per superare il divieto della Svizzera all’attraversamento dei TIR) è previsto che la copertura delle spese di gestione richiederà una sovvenzione pubblica del 50%”.

 

96. “IL TUNNEL MOLTO LUNGO ha costi di esercizio specifici (per manutenzione, circolazione e sicurezza), quasi indipendenti dal traffico, che si vanno ad aggiungere ai costi di esercizio propri di una linea. Questi costi sono stati stimati in 25 milioni di euro all’anno” (Alpetunnel, R.F. 2001). È come se mettessimo una tassa di 50 miliardi di lire su tutti i movimenti di merce di questo valico.

 

97. L’EUROTUNNEL È UN’OPERA per molti versi simile al traforo di base della Torino Lione, sia pure con molte meno difficoltà tecniche. I passeggeri sono risultati la metà di quanto previsto e le merci appena un quarto. La società va ora verso il fallimento. Le azioni son passate da 7,65 Euro a 0,26. “Se avessimo saputo non lo avremmo costruito” ha dichiarato il 10.2.94 il suo direttore generale.

 

98. TRA LE CONCLUSIONI DELL’EXPERTISE tecnico presentato dal governo francese nel 2003 c’è che: “Anche nelle ipotesi di traffico decisamente ottimistiche il progetto presenta un livello di redditività molto al di sotto di quello raccomandato dalla Commissione Generale delle Finanze”.

 

99. QUANDO FU LANCIATO IL PROGETTO il costo dichiarato era 7.200 miliardi di lire. Ora questa parte comune dell’opera è stata valutata nella delibera del CIPE del 2004 in 7 miliardi di euro (6,957), corrispondenti ad un preventivo di 180 miliardi di lire al Km. A questi si devono aggiungere le due tratte di esclusiva competenza italiana e francese Un autorevole articolo di Marco Ponti comparso su Sole 24 Ore nel novembre 2005, stima in 14 miliardi di euro il costo complessivo prevedibile per lo stato italiano. E ritiene necessario aumentare di un 30% i costi dei preventivi sino ad arrivare a 17 miliardi di euro. Si tratta di cifre intorno ai 300 miliardi di lire al chilometro.

 

100. UNO DEGLI SLOGAN a favore di questa linea è quello che sia “una occasione da non perdere”. Si tratta di una valutazione errata, sia perché un’opera molto onerosa va realizzata nel momento in cui serve, per non privarsi anzitempo di risorse economiche necessarie, sia perché l’Italia, a seguito degli ultimi accordi con la Francia, pagherà il 63 per cento della parte comune, pur detenendone solo il 25 per cento. Anche supponendo un contributo dell’Unione Europea al 20% – cioè doppio di quello ora in vigore – per l’Italia ci sarà un maggiore esborso di 6-7.000 miliardi di lire.