n° 9: NOTIZIE NO-TAV TORINO (Giugno 2005)

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I DURI COMINCIANO A GIOCARE

L’incendio di Sabato 4 Giugno 2005 nel tunnel del Frejus porta, oltre alla tragedia della morte di due persone, pesanti conseguenze su diversi piani; alcune hanno una immediata e diretta incidenza sul territorio e sugli abitanti della Valle di Susa, altre gravano potenzialmente sul loro futuro ed addirittura sugli spazi di reale agibilità della democrazia.

L’EFFETTO SULL’OPINIONE PUBBLICA
La prima ovvia implicazione della chiusura della galleria è la redistribuzione del traffico veicolare da/verso la Francia sugli altri valichi alpini.
La componente di flusso a lunga percorrenza devierà attraverso la Valle d’Aosta o la Liguria, aggravando i problemi di quelle frontiere; la parte prevalentemente locale delle auto e dei più impattanti TIR tornerà invece a percorrere anche le due statali, la 24 e la 25, collegate rispettivamente ai valichi del Monginevro e del Moncenisio: i cittadini e gli amministratori della Valle di Susa si troveranno così più direttamente di prima, in mezzo alle loro case, a fare i conti con l’ulteriore aumento del traffico su gomma.
Tutti saranno indotti quanto meno a riflettere su quanto delicato e critico sia il problema dell’attraversamento delle Alpi.

ENTRANO IN GIOCO I DURI DEL CENTRO-SINISTRA
Il secondo fenomeno innescato dall’incendio è stato il subitaneo uso strumentale, da parte delle lobby poltico-imprenditoriali, dell’argomento “chiusura del tunnel” come leva ottimale per rilanciare i progetti della seconda galleria autostradale al Frejus e del TAV Torino-Lione. L’accento è stato ovviamente posto sulle questione “sicurezza”, ed è stata utilizzata in maniera particolare la suggestione di un possibile futuro convogliamento dei TIR sui treni ad alta capacità, come se quelle ferrovie potessero essere intrinsecamente esenti da possibili incidenti.
I torinesi Chiamparino (sindaco) e Saitta (presidente della provincia), i presidenti del Piemonte Bresso, della Lombardia Formigoni, della Liguria Burlando, del Friuli Illy insieme ai rispettivi vertici locali di Confindustria e Unioncamere ed al Comitato Transpadana che tutti raggruppa, con una lettera a Berlusconi, Siniscalco e Lunardi hanno chiesto, in particolare, che i governi francesi e italiani, in vista del varo del budget comunitario 2007-2013 che avverra' al prossimo consiglio europeo, predispongano un ''preciso piano finanziario, temporale ed operativo'' della Torino-Lione che individui con esattezza le risorse finanziarie richieste dalla Ue e che il nostro governo inserisca la propria quota parte nel Dpef 2006-2009. Il Governo di centrodestra ha risposto, piccato, che ci sta già lavorando da tempo; si noti che la richiesta cade negli stessi giorni in cui la UE apre nei confronti dell’Italia la procedura di infrazione per eccesso di deficit pubblico negli ultimi due anni.
L’amministratore che più agita lo spettro del rischio di futuro isolamento del Piemonte, ossia il presidente della provincia di Torino Antonio Saitta che peraltro è uomo dell’imprenditoria autostradale, si è poi distinto nel richiedere anche la realizzazione del secondo traforo per la A32, unendosi al coro opportunista dei vertici Sitaf, la società di gestione della Torino-Frejus.

In quanto direttamente coinvolti nel confronto con le popolazioni locali contrarie all’alta capacità ferroviaria Chiamparino, Saitta e Bresso vanno molto oltre il “non tutto il male viene per nuocere” quando utilizzano spregiudicatamente l’incendio nel tunnel e la conseguente chiusura per rilanciare l’ineluttabilità del TAV-TAC in valle Susa: usano dosi elevate di cinismo ed arroganza per riproporre le loro tesi sui media, per tentare di ridurre al silenzio i consiglieri regionali non allineati sul SI all’alta capacità, i partiti che rivendicano libertà di azione su questo punto del programma di maggioranza, i sindacati. Si intuisce, oltre a questo livello palese, un malcelato desiderio di oscurare la forza dell’opposizione democratica sul territorio, di invalidare con la durezza dei fatti drammatici la resistenza ostinata dei cittadini e della totalità dei loro amministratori eletti, la recondita speranza di poter ricondurre molti di questi alle posizioni ufficiali delle loro segreterie di partito.

IL VIOLENTO CAMBIO DI SCENA
Alle 13 di Sabato 4 Giugno 2005 l’opposizione popolare ed istituzionale al TAV Torino-Lione aveva raggiunto, nella sua storia decennale, l’apice nell’esprimere la propria forza democratica grazie a due eventi emblematici: meno di 3 mesi prima 33 consigli comunali e 2 di comunità montana si erano pubblicamente riuniti per approvare la stessa delibera contraria al TAV e la domanda di partecipazione democratica alle scelte riguardanti il territorio; nella medesima mattinata di Sabato oltre 30.000 persone avevano marciato da Susa a Venaus a fianco di questi stessi amministratori per ribadire il loro NO all’alta capacità in valle ed al secondo tunnel autostradale.
Alle 17,30 si verificava l’incendio del Frejus, da subito utilizzato politicamente per provocare il drastico cambio di scena descritto.
Il sofisticato sistema di sicurezza termografico era forse disattivato, comunque non è valso a prevenire il rogo. La Magistratura francese ci dirà, speriamo presto, se è stata solo fatalità o se la mano dell’uomo, in misura più o meno grave, è intervenuta e con quali responsabilità. Il procuratore di Torino Guariniello procede intanto anche in una sua indagine sulla sicurezza del traforo.

In questi giorni iniziano presso la Regione Piemonte gli incontri del tavolo di confronto con gli enti locali interessati al tracciato del TAV Torino-Lione: c’è da aspettarsi che i “giocatori duri” di cui sopra tentino di presentarsi trasformando il pressing politico del dopo-incendio in un ulteriore rafforzamento del SI pregiudiziale all’opera, per limitare gli spazi di reale agibilità democratica degli interlocutori. Coloro che, per contro, intendono difendere la sostanza del mandato conferito dai 30.000 manifestanti del 4 Giugno devono rimanere determinati nella dignità delle loro posizioni ed uniti: consiglieri regionali coraggiosi e sindaci, che devono sentire rinnovato il sostegno dei cittadini. Altrettanto compatti devono allora essere i militanti di comitati ed associazioni, ciascuno impegnato nel particolare ruolo che col tempo si è determinato, ma tutti insieme consapevoli del nuovo e più difficile livello a cui viene portato lo scontro di posizioni ed interessi.

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