Dall'Europa un Ponte per Silvio
L'europarlamento dice sì al progetto per lo Stretto di Messina. Ma chiede la valutazione di impatto ambientale.
Il ministro Lunardi: «E' un'azione storica». I Verdi: «Vittoria di Pirro»

Alberto D'Argenzio, Bruxelles
da Il Manifesto 22/4/2004

Il Ponte sullo Stretto di Messina supera lo scoglio del Parlamento europeo. Il progetto ha infatti ricevuto ieri il visto dell'Eurocamera, l'approvazione è condizione necessaria, ma non sufficiente, per poter ambire ai finanziamenti comunitari previsti per la Rete di trasporti transeuropea (Ten) da concludere entro il 2018. Insieme al Ponte guadagnano la patente europea anche altri 29 grandi progetti, quattro che riguardano il Belpaese. Pure in questo fiorire di opere è essenzialmente la linea di asfalto tra Calabria e Sicilia, estremo faraonico tratto del Corridoio 1 Berlino-Palermo, a catalizzare le attenzioni italiane. Soddisfazione a destra, delusione a sinistra e ancora voglia di battaglia da parte dei Verdi, promotori ieri di un'ultima, fallita, proposta per depennare il ponte dai progetti prioritari per l'Europa. Il ministro Lunardi parla di «azione storica», paragonando l'approvazione della Ten all'euro, il suo collega siciliano Enrico La Loggia va sul cospirativo: «E' stata sventata una brutta operazione anti-italiana e antimeridionalista orchestrata dalle sinistre nostrane solo in base a pregiudiziali politiche». Estasiati i presidenti di Sicilia, Totò Cuffaro, e Calabria, Giuseppe Chiaravallotti. «Un'opera sciagurata», taglia corto Gabriella Pistone, Pdci.

«E' una vittoria di Pirro - ribattono invece Alfonso Pecoraro Scanio e Monica Frassoni dei Verdi - I Verdi hanno infatti ottenuto l'inserimento dell'obbligo di valutazione di impatto ambientale per tutte le opere. Con questo ed altri criteri di garanzia votati dal Parlamento europeo ben difficilmente il Ponte potrà ricevere finanziamenti dall'Europa».

Di Pirro o di Berlusconi (e delle sue manie di grandi opere), questa è soprattutto una vittoria frutto del calendario. Il Ponte infatti deve ringraziare la fine legislatura e l'ultima sessione parlamentare utile per approvare tutti i 30 progetti previsti dalla Ten. E così il testo sulle grandi opere è stato bloccato, blindato, per non correre il rischio che un emendamento potesse rinviare tutto alla prossima legislatura.

Questo, se si farà, sarà quindi un ponte blindato, soprattutto dopo che l'11 marzo scorso lo stesso Europarlamento lo aveva tolto dalla lista delle opere prioritarie per la Ue. Ci tornava grazie ad una successiva decisione degli ambasciatori dei 15 a fine marzo. Il balletto si è concluso ieri, erano necessari i due terzi dei voti della camera per ricacciarlo fuori; verdi, comunisti e socialisti non ne hanno raccolti nemmeno la metà. A remare contro i laburisti britannici e la Spd tedesca, con loro i liberali, tra cui Rutelli e la Margherita. Per loro un giudizio positivo: «A questo punto - commenta Donato Veraldi, nella commissione Lavori pubblici - speriamo che il governo mantenga la parola data sull'avvio e soprattutto sulla conclusione dei lavori del Ponte sullo Stretto di Messina».

Ma i Verdi hanno in gran parte ragione ad affermare che la battaglia non è finita. In primo luogo perché l'intero piano della Rete di trasporti transeuropea è finanziariamente debole. L'Unione metterà il 10% dell'importo previsto per ogni opera, il 20% se si tratta di progetti prioritari e transfrontalieri (cosa difficilmente provabile per il Ponte, a meno di una repentina secessione della Sicilia), il resto gli stati, ma soprattutto i privati (che comunque intervengono se hanno un tornaconto, cioè scaricando gli investimenti sulla collettività, normalmente con pedaggi). Un quadro finanziario basato più sulla speranza di una ripresa degli investimenti privati nell'edilizia, che sull'effettiva disponibilità di finanziamenti pubblici.

E l'inclusione del Ponte nella lista comunitaria potrebbe pure creare problemi. Sulle Ten pesa infatti un livello di controllo e trasparenza che potrebbe diventare imbarazzante per Roma, viste le ripetute indagini comunitarie sul sistema di appalti. «Questo ponte - insistono Frassoni e Pecoraro Scanio - continua ad essere una truffa. Un progetto sbagliato, inutile, dannoso per l'ambiente e del quale non si conosce ancora nemmeno il costo reale. Il piano finanziario fa acqua da tutte le parti.Da oggi poi sarà costantemente nel mirino dei controlli della Commissione Europea».

In questo clima sono passate in secondo piano le altre grandi opere italiane. La linea ferroviaria Berlino-Verona-Milano-Napoli-Palermo, l'altro aspetto del Corridoio che porta al Ponte. Quindi il Corridoio 5, il Lisbona-Kiev, con la linea ferroviaria Torino-Lione ed il discusso traforo del Moncenisio, inclusi nella più ampia tratta che continua per Milano, Venezia, Trieste/Capodistria, si porta a Lubiana e Budapest e si ferma alla frontiera ucraina. Ancora ferrovia con l'asse Lione-Genova-Rotterdam-Anversa, da realizzare entro il 2018 e che include la tratta Genova-Milano-confine Svizzero. A chiudere le Autostrade del mare da realizzare entro il 2010. Manca il Corridoio 8, quello che doveva collegare il Meridione con i Balcani.