AIA: il Tar boccia il ricorso

 

di Paola Meinardi da Luna Nuova del 18/9/07 – pag.3

 

E’ stata emessa il 26 luglio, ma pubblicata una decina giorni fa, la sentenza del Tar che boccia il ricorso del comitato Emissioni-zero, Legambiente e Pro Natura contro l'autorizzazione ambientale integrata concessa dalla Provincia alle acciaierie Beltrame di Bruzolo e San Didero. La sentenza non ritiene valida la richiesta di annullamenlo dell'Aia da parte dei ricorrenti e rigetta le osservazioni presentate dal legale rappresen­tante degli stessi, Paolo Videtta, in sede di discussione del proce­dimento avvenuta a fine marzo di quest'anno. Restano ancora in sospeso i ricorsi contro la stessa Aia dei comuni di Bruzolo e San Didero e della Coldiretti e quelli ad adjuvandum dei comuni di Borgone e Villarfocchiardo.

 

L'avvocato Videtta aveva aperto le arringhe contestando alle ac­ciaierie di non aver correttamente informato i cittadini interessati sul provvedimento che andava a richiedere, cosa prevista dalla legge, ritenendo insufficiente e illeggibile dai non addetti ai lavori la "placchetta" pubblicata su un noto quotidiano a tiratura nazionale. Di diverso parere il tribunale amministrativo che nella sentenza scrive: «Risulta, quindi (dalle norme giuridiche. ndr), che correttamente l'annuncio pubbli­cato sul quotidiano 'La Stampa" - che può certamente definirsi 'a diffusione provinciale o regionale' ai sensi dell'ari. 5 cit. - risponda ai requisiti previsti dal legislatore italiano. Né è indicato in alcuna disposizione legislativa l'obbligo di pubblicazione dell'annuncio in questione su singoli quotidiani a diffusione locale, tra l'altro di non facile individuazione e verifica di effettiva diffusione».

 

Ugualmente, viene rigettata l'osservazione che la pubblicità sia stata insufficiente: «La circostanza decisivaèche il pubblico sia posto nella condizione di conoscere integralmente il progetto ma non è necessario che già nell'avviso di presentazione della domanda tale circostanza sia realizzata, per non appesantire troppo il procedimento di pubblicazione. E' sufficiente che l'avviso, a sua volta, faccia riferimento chiaro al luogo ove è posta a disposizione del pubblico la domanda integrale, con la docu­mentazione correlata, per esaudire le aspirazioni del legislatore co­munitario».

 

Videtta aveva anche contestato alla Provincia che il dirigente della Provincia firmatario dell'Aia non aveva la competenza tecnica per affermare che le migliorie effettuate dallo stabilimento fos­sero equivalenti alle "migliori tecniche disponibili”. La sentenza del Tar ribatte: «In relazione alla specifica competenza del dirigente firmatario del provvedimento, il Collegio conviene con quanto osservato dalla Provincia nei suoi scritti difensivi: i ricorrenti basano la loro convinzione su apodittiche affermazioni non sostenute da alcun principio di prova, atteso che il provvedimento è ampia­mente motivato e basato su una fase istruttoria particolarmente complessa e approfondita. Né la normativa di riferimento, sia co­munitaria che nazionale, impone che il rilascio dell'autorizzazione ambientale integrata debba essere effettuato da persone con specifica professionalità ma si riferiscono  “all'autorità competente”, che si organizza al meglio al suo intemo, evidentemente, nel riconoscere le professionalità più adeguate ai poteri da esercitare. A ciò si ag­giunga che la medesima Provincia ha specificato, nelle sue difese, che il dirigente firmatario è laureato in chimica, con curriculum adeguato e trentennale esperienza nell'am­ministrazione e, a sua volta, si è avvalso di collaboratori con titoli adeguati».

 

Infine, i ricorrenti sostenevano che il rilascio dell’Aia era illegit­timo perché la medesima poteva essere riconosciuta soltanto dopo che l'attività industriale si era resa conforme agli standard di abbat­timento dell'inquinamento am­bientale «secondo quanto indicato anche dal 13esimo “considerando” della direttiva». Il Collegio del Tar, però, ribatte che «tale “consideran­do” non impone che l'autorizzazio­ne debba essere rilasciata soltanto dopo che siano state concretamente adottate tutte le misure necessarie di adeguamento agli standard ma che si limita ad affermare che "... per affrontare problemi dell’inquinamento nel modo più diretto ed efficace, l'esercente dovrebbe tenere conto della dimensione ambientale; ciò deve essere co­municato all'autorità competente affinchè possa verificare, prima del rilascio di una autorizzazione, che si sono previste tutte le misure appropriate di prevenzione o di riduzione dell'inquinamento...'». E, aggiunge: «L'autorizzazione ambientale integrata, in definitiva, si sostanzia in una fattispecie nuo­va dell'ordinamento che consente, soprattutto in relazione agli im­pianti già esistenti, di conformare in un primo momento a requisiti minimi l'attività assentita per poi, però, monitorare, costantemente e con oneri a carico dell'interessata, la situazione, in modo da garan­tire l'evoluzione della miglior modalità di controllo dell' inqui­namento».

 

Questo, il sunto di 21 pagine di sentenza. «O la vinciamo su questioni formali o la perdiamo. Poi, al Consìglio di Stato sarà diverso», aveva detto l'avvocato Roberto Lamacchia al termine del d i batti mento al Tar a marzo. E così, almeno per questa prima parte del ricorso, sembra essere stato.

 

E’ una sentenza politica, ma andiamo avanti

 

di Paola Meinardi da Luna Nuova del 18/9/07 – pag.3

 

Le reazioni alla sentenza del Tar che respinge il ricorso contro I’Aia concessa dalla Provincia alle acciaierie Beltrame non si sono fatte attendere. “Sono 21 pagine di linguaggio burocratico da cui si capisce bene una cosa sola: la sentenza è politica e non certo tec­nica - commenta Paola Rando, di Emissionizero - L'avvocato ci ha consigliato di non fare ricorso al Consiglio di Stato ma di presentare appello ali 'Unione Europea. Forse torna d'attualità ì ipotesi di cause civili collettive per danno alla salute o all’economia

 

“A me ripugna un poco commentare una sentenza che non andrebbe commentata ma accettata - aggiunge Enrico Vair, dello stesso comitato - però qualcosa si può dire. Per quanto riguarda le 'migliori tecniche disponibili ', esse sono indicate in un grosso faldone realizzato dall'Ue. Dalla sentenza sembrerebbe che non sono solo quelle e allora mi chiedo a cosa serva quel faldone se poi lo si può tranquillamente ignorare. Dicono che non abbiamo argomentato i conflitti con la normativa esistente ma in tal senso abbiamo fatto fior dì tabelle. Il giudice dice che non si capisce ma comunque non ritiene necessaria una perizia. A senso, ci aspette­remmo di più dal ricorso dei Comuni, che tirano in ballo anche la conferenza dei servizi, ma vedendo questa sentenza non sembra che ci siano molte speranze”

 

Anche la consulente dei Comuni. Marina Clerico, è convinta che le osservazioni fatte fossero ben argomentate. “E' una sentenza basata su degli equivoci invece di essere trasparente - sottolinea la Clerico - Le norme ci sono. La legge, però, probabilmente lascia spazio a più inlerpretazioni se un Tar può dire quello che ha detto. Si rileva che c'è una scarsissima osservazione per le problematiche sanitarie che possono esserci. Pare, almeno, che queste non siano state vissute come un problema reale di rischio altrimenti ci sarebbe stata una preoccupante sottovalutazione”

 

Ed è da fine marzo che anche i comuni di Bruzolo e San Didero attendono la sentenza al loro ricorso. "Concordo che questa sia una sentenza politica e non tecnica perché non hanno risposto ad alcuna delle osservazioni puntuali che sono state presentate - dice Giorgio Vair, vicesindaco di San Didero - ci sono grossi interessi in gioco, è chiaro. Ora attendiamo la sentenza che ci riguarda. Non nutriamo grandi speranze ma comunque decideremo se ricorrere al Consiglio di Stato. Temiamo che se ci rivolgessimo subito ali ' Unione europea ci possa venire contestato il fatto di aver saltato un passaggio”