L'appello dei medici contro l'inceneritore (56 dottori della piana e di Careggi): "Rischi per la salute"


"Effetti sulla salute dello smaltimento dei rifiuti con inceneritori: una variabile trascurata. L'opinione dei medici".

 

La tutela della salute comporta per il medico anche un impegno nel settore della medicina preventiva. Tra gli obiettivi della prevenzione, come previsto dal Sistema Sanitario Nazionale, sono compresi gli interventi di salvaguardia della salute dai rischi derivanti dall'inquinamento ambientale, inclusi i rischi sanitari legati allo smaltimento dei rifiuti.

In qualità di medici operanti sul territorio, sollecitati dal Coordinamento dei Comitati della Piana, ci siamo perciò impegnati ad elaborare una valutazione preliminare dei rischi sanitari derivanti dalla costruzione di un impianto di incenerimento per rifiuti tra gli abitati di Sesto Fiorentino, Campi Bisenzio, Brozzi e San Donnino, come proposto dal Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti.

 

I promotori dell'incenerimento sostengono che i moderni impianti garantiscono una combustione dei rifiuti senza rischi per la salute della popolazione, con minima emissione di sostanze nocive, che questa esposizione a fattori di nocività ambientale è "accettabile " (e comunque necessaria), che l'incenerimento dei rifiuti può essere associato "sinergicamente" ad un recupero energetico con produzione di calore (termovalorizzazione). Vengono propagandati e portati ad esempio impianti all'avanguardia già esistenti, collocati perfino in grandi agglomerati urbani.

 

Dall'altra parte i comitati contrari all'incenerimento sostengono che gli impianti in questione sono ancora lontani dal garantire un rapporto rischi/benefici favorevole. I sofisticati sistemi di combustione dei rifiuti, di depurazione e filtraggio dei fumi troverebbero condizioni ottimali di lavoro più sulla carta dei progetti che nel funzionamento effettivo. L' emissione costante di inquinanti anche con impianti in regime ottimale di lavoro (nel rispetto quindi dei limiti di emissione stabiliti dalle norme) e la possibilità di frequenti disfunzioni, insieme all'impossibilità di ottenere un monitoraggio frequente delle emissioni più nocive, preluderebbero ad una progressiva contaminazione ambientale. Inoltre risulterebbe tutt'altro che trascurabile la produzione di scorie e ceneri provenienti dagli impianti di abbattimento dei fumi, veri concentrati di inquinanti tossici destinati, oltre che a possibili dispersioni nelle vicinanze degli impianti, ad essere confinati inevitabilmente in discarica. Anche se la termovalorizzazione permette un recupero energetico dalla combustione dei rifiuti, essa di fatto rende vani tutti gli interventi nel campo del riciclaggio differenziato dei materiali e annullerebbe i progetti di riduzione e riprogrammazione della produzione dei rifiuti. Anche la moderna termodistruzione comporta l'immissione in atmosfera , in quantità proporzionale ai materiali bruciati, di anidride carbonica e di altre sostanze responsabili della polluzione atmosferica (macroinquinanti), quali il monossido di carbonio, gli ossidi di azoto e polveri.

 

Tra i cosiddetti microinquinanti prodotti dagli inceneritori assumono particolare rilievo i metalli pesanti, i furani e le diossine. Le diossine comprendono un gruppo numeroso di composti chimici, tra cui la TCDD (tetraclorodibenzo-p-diossina) che viene presa come "elemento di paragone" per la particolare tossicità. Nel 1997 l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha ufficialmente riconosciuto la TCDD come cancerogeno umano certo; l'esposizione a questo composto aumenta il rischio di particolari tumori quali i sarcomi dei tessuti molli e le leucemie. Numerosi studi evidenziano effetti nocivi delle diossine sull'apparato endocrino, sull'apparato riproduttivo e su quello immunitario. E' stato dimostrato che la contaminazione con diossine comporta un significativo aumento delle anomalie nei neonati, in particolare neurologiche, per esposizione prenatale e dopo la nascita attraverso il latte materno in cui si concentrano.

Le diossine costituiscono sostanze chimiche stabili e, di conseguenza, persistenti nell'ambiente. Esse entrano facilmente nelle catene alimentari, concentrandosi progressivamente, e vengono così assunte dall'uomo prevalentemente per via alimentare. Come già stabilito ormai dal 1994 dalla US Environmental Protection Agency, non è possibile fissare una soglia di sicurezza per le diossine, sicuramente nocive a qualunque livello di esposizione. Occorre perciò evitare qualunque produzione: la presenza di sorgenti, anche con emissione minima, in un sistema definibile come praticamente chiuso, determinerà obbligatoriamente fenomeni di accumulo e conseguenti effetti dannosi. Proprio in questi giorni a Stoccolma, col patrocinio dell'UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente), i rappresentanti di 120 Paesi si sono riuniti per sottoscrivere una Convenzione Internazionale che prevede il divieto assoluto della produzione e del commercio degli Inquinanti Organici Persistenti tra i quali sono comprese le diossine e i furani.

 

Gli studi epidemiologici eseguiti sulla popolazione residente in prossimità di impianti di incenerimento risultano purtroppo scarsi e di difficile interpretazione per interferenza di fattori complessi: essi forniscono comunque dati preoccupanti che depongono per la presenza di un nesso di causalità (o concausalità) tra vicinanza agli impianti ed aumento di incidenza di alcune malattie, in particolare di natura tumorale, che impone almeno ulteriori ricerche e valutazioni. Gli esempi esteri di impianti di incenerimento collocati nel mezzo di agglomerati urbani non possono costituire un fattore assolutorio, ma anzi depongono per ingenuo ottimismo e incerta attenzione per la salute da parte delle amministrazioni locali. E' preoccupante il fatto che la nostra legislazione consenta misurazioni di controllo per le emissioni delle sostanze più pericolose quali sono diossine, furani e metalli pesanti, con intervalli semestrali o addirittura annuali.

 

Accanto agli effetti nocivi di natura biochimica vanno considerati i danni alla salute intesa nel senso più ampio del suo significato, cioè gli effetti negativi derivanti alla persona dal vivere in un ambiente degradato, pieno di disagi e minacce ambientali e sociali. Infatti l'intervento di piano previsto per l'ATO 6, dimostra di aver considerato solo superficialmente l'impatto sulla popolazione locale. Viene proposta la collocazione dell'inceneritore proprio in quella parte di territorio che ancora ben ricorda e sconta gli effetti dell' inquinamento da diossina dell'inceneritore di San Donnino. Gli interventi sono stati previsti in un Territorio che, anche se periferia di più comuni adiacenti, ha una propria identità e dignità e che, pur stretto tra lo sviluppo industriale, l'inquinamento e l'incuria, reclama da sempre la volontà di partecipare come parte attiva alle decisioni che lo coinvolgono.

Ogni intervento negativo sull'ambiente e sugli abitanti si sommerebbe ai molti e consistenti elementi di disagio ambientale già presenti in questa area: basti ricordare le grandi arterie stradali che convergono su Firenze (prossimo è il raddoppio dell'autostrada), l'aeroporto fonte di rischio e di inquinamento di ogni tipo, l'ormai familiare collina della discarica di Case Passerini, il realizzando polo tecnologico delle Ferrovie dello Stato che sommandosi ai già numerosi insediamenti industriali contribuirà ad aumentare ulteriormente il rischio idrogeologico locale e danneggerà ancora i pochi lembi di natura di sottovalutata ricchezza che la piana possiede. La tipologia climatica della piana prevede che si verifichino con discreta frequenza fenomeni di inversione termica i cui effetti sull'accumulo di inquinanti nell'intera area fiorentina e nella restante piana di Prato e Pistoia sono già noti: è improponibile pensare di comprometere ulteriormente la riserva atmosferica. Il nuovo inceneritore verrebbe a collocarsi inoltre in un'area con alto grado di antropizzazione, specie dopo l'insediamento della numerosa popolazione cinese, ormai residente e inserita nelle attività produttive della zona (ma ancora debole sotto il profilo socio-culturale e incapace di comprendere ed esprimersi su problemi come questo).

 

Un'analisi obiettiva e accurata del problema indica che la termodistruzione dei rifiuti in genere e, in particolare, la scelta della localizzazione dell'impianto di incenerimento in un'area densamente popolata e già satura di elementi nocivi quale quella proposta, reca con sé inevitabilmente rischi per la salute della popolazione e per l'ambiente e comporta di conseguenza l'assunzione di gravi responsabilità da parte degli amministratori. In considerazione del principio "precauzionale" o "cautelativo" si dovrà perciò evitare di realizzare impianti che possiedono elevate potenzialità di inquinamento, quali sono gli inceneritori. In questo contesto potrebbero acquistare interesse le proposte alternative quali la riduzione, la regolamentazione e la riprogrammazione della produzione di tutto ciò che diventerà rifiuto, la promozione del riutilizzo, del riciclaggio e della raccolta differenziata dei materiali.

 

"Anche se la gravità dei danni è imprevedibile, molti di essi sono già percepibili e altri sono prevedibili a scadenze non lontane. Ci si può sottrarre all'azione quando, pur essendovi incertezza su alcuni sviluppi, si ha la sicurezza che in caso di passività gli effetti saranno sicuramente gravi, diffusi e irreversibili?" (G. Berlinguer, in "Bioetica Quotidiana", Giunti, 2000).


I medici della Piana.

Firenze, 24 Maggio 2001