INCHIESTA                                        il Manifesto- Venerdì 10 Settembre 2004

 

Una miriade di cantieri da finire entro l’anno, popolati dai “nuovi schiavi”

 

 

 

Di ORSOLA CASAGRANDE                                                                          TORINO

 

Sotto la Mole le Olimpiadi son tutte nere
 
«Questa città è dopata di Olimpiadi. L'evento ha assunto priorità su tutto, compresa la vita delle persone e la dignità del lavoro. La scala di valori etici è completamente saltata: il fine giustifica i mezzi. E per questo si calpestano i diritti elementari di centinaia e centinaia di persone». L'amarezza di Alberto Tomasso, energico segretario della Fillea Cgil di Torino, è incontenibile. Il sindacalista si accalora quando parla delle condizioni in cui sono costretti migliaia di lavoratori. Ma la sua delusione e la sua rabbia sono rivolte soprattutto al silenzio «di tutta una città. Di tutte le forze politiche, delle istituzioni e di chi queste Olimpiadi le sta organizzando, l'Agenzia, il Toroc. Queste Olimpiadi si devono fare e quindi si può passare sopra a tutto». Tomasso va denunciando quello che sta avvenendo nei cantieri olimpici da mesi. Non casi isolati. Non episodi saltuari. Non mele marce. «Siamo di fronte ad un sistema», precisa. «Un'organizzazione del lavoro che è contraria a qualunque regola. Dove tutto è lecito. Soprattutto calpestare i diritti delle persone». Una battaglia contro i mulini a vento, quella del sindacalista della Fillea che sta pagando di persona la sua denuncia. Minacce e intimidazioni sono all'ordine del giorno, contro di lui e i suoi collaboratori.

L'ultimo è stato il grave atto intimidatorio nei confronti di un sindacalista della Cgil che si era recato ad ispezionare uno dei cantieri. Salito in macchina, al termine dell'ispezione, si è accorto che qualcosa non andava. Fortunatamente ha deciso di accostare e si è reso conto che le ruote dell'auto erano state sbullonate. «Ma noi non ci arrendiamo - dice Tomasso - anche se di fronte troviamo soltanto muri».

Nessuno vuol sapere

Non ne vuole sapere niente l'amministrazione comunale, ma nemmeno l'Agenzia per le Olimpiadi e neppure i partiti o il collegio costruttori. Il problema è che il tempo stringe: entro dicembre infatti dovrebbero essere consegnati i più importanti impianti olimpici e chi lavora nei cantieri sarà «rimesso in libertà». Le imprese in appalto e subappalto torneranno da dove sono venute (molte vengono da fuori Torino) e non avranno più nulla da rispondere a nessuno. Questo è quello che teme Tomasso, un grande insabbiamento di tutte le violazioni, dello sfruttamento che è ancora in atto.

E che sia uno sfruttamento diffuso lo dicono i dati raccolti con meticolosità dalla Cgil, ma anche le testimonianze di molti lavoratori che, nonostante i rischi, hanno deciso di rompere il silenzio. Di dire che cosa c'è realmente dietro ai patinati depliant e ai luccicanti spot per le Olimpiadi invernali del 2006.

Si può partire da un dato: il numero di lavoratori impiegati nei cantieri olimpici si aggira sui 1500. E alla cassa edile di Torino si è passati da 12mila lavoratori iscritti ai 20mila in tre anni. La Cgil ha iscritto in questi mesi 600 lavoratori. Di questi 125 sono risultati però «invisibili», cioè non iscritti alla cassa edile. Assunti in nero, insomma. Considerando i lavoratori che non si sono iscritti alla Fillea, va da sè che il fenomeno è molto più ampio.

Ma non c'è soltanto il lavoro nero. Infatti nei cantieri vige un sistema di caporalato, anche in questo caso assai diffuso. Sfidando le minacce e la possibilità di ritorsioni, molti lavoratori hanno deciso di parlare, di raccontare come vengono assoldati e pagati (vedi la testimonianza in questa pagina, ndr). Il sistema è semplice: il caporale offre i lavoratori in prova alle imprese. Venti, trenta giorni, a volte fino a due mesi e quindi se l'impresa è soddisfatta «assume» il lavoratore. Che ha concordato in precedenza la paga con il caporale: si va dai due euro e mezzo ai cinque euro all'ora, dipende dall'abilità e dall'esperienza del singolo operaio. L'impresa regolarizza il lavoratore che infatti, a fine mese, riceve la sua busta paga. Ma non i soldi. Quelli li riceverà dal caporale. In busta paga c'è scritto che un'ora di lavoro viene pagata 8 euro. E che il lavoratore è impiegato per 150 ore. Ma in realtà molti lavorano anche 200-250 ore. Il caporale paga quanto pattuito inizialmente con il lavoratore e il resto se lo intasca.

La maggior parte dei lavoratori impiegati nei cantieri olimpici è rappresentata da cittadini stranieri. «Molti sono convinti di essere in regola - dice Tomasso - perché ricevono la busta paga tutti i mesi. In realtà di regolare non c'è nulla in questo sistema dove possiamo ipotizzare che il caporale sia solo il braccio esecutivo di una organizzazione, di un modus operandi più ampio che prevede il reclutamento di manodopera, la contrattazione con le imprese, la fornitura di alloggio e cibo per i lavoratori». Alloggio, va detto, che spesso è costituito da baracche. Ma ci sono stati anche casi di lavoratori che hanno «vissuto» nelle loro automobili per mesi, per essere vicini al posto di lavoro.

«Chi è costretto a subire un simile sfruttamento - dice Tomasso - è chiaramente molto vulnerabile. Per questo è difficile riuscire a far denunciare agli operai le condizioni in cui sono costretti a lavorare e vivere. Per loro - aggiunge il sindacalista - è molto spesso una questione di sopravvivenza: portare a casa 700 o 800 euro è come portarne a casa 2000. Con quei soldi vivono famiglie anche molto numerose».

Qualcuno comunque ha finalmente deciso di rompere il silenzio e di denunciare le violazioni subite. Del resto sulle condizioni di sicurezza a dir poco precarie si era già espresso anche il comitato tecnico paritetico messo in piedi assieme agli imprenditori. I tecnici per la sicurezza hanno redatto una dettagliata relazione sulle ispezioni condotte in 22 cantieri tra maggio e luglio di quest'anno: 9 dei cantieri sono in condizioni definite «non buone» («che vuol dire disastrose», precisa Tomasso), 4 in condizioni «così e così». Soltanto 9 dunque vengono ritenuti in condizioni buone, a norma, cioè sicuri.

Dall'apertura dei cantieri olimpici tre sono stati gli incidenti mortali, numerosi quelli fortunatamente non fatali. L'ultimo morto è stato un lavoratore rumeno in regola: gli è caduta una tavola in testa. Una «tragica fatalità», l'ha definita l'impresa. Ma al sindacato sottolineano che se la sicurezza fosse la priorità per le imprese non ci sarebbero «tragiche fatalità».

Non c'è tempo per i «dettagli»

Inutile anche chiedere se ai lavoratori assunti dalle varie ditte vengono fatti i corsi (previsti dalla legge) sulla sicurezza, o su come funzionano i macchinari. Va da sè che non c'è tempo per questi «dettagli»: chi vuole lavorare deve accettare le regole scritte da persone spesso senza scrupoli.

Intanto sulla denuncia dei lavoratori sta iniziando a mettere mano anche la magistratura. E stanno uscendo anche irregolarità sulle stesse imprese: molte delle quali, specie quelle che operano in subappalto, non risultano neppure iscritte alla cassa edile. Ci si chiede dove siano (se ci sono mai stati) i controlli dell'agenzia per le Olimpiadi. O del Toroc (che comunque con l'evento c'entra). O del comune e delle altre istituzioni. Perché, come va ripetendo Tomasso, «Torino la gara sulle Olimpiadi l'ha già persa: si stanno realizzando opere e strutture con una logica che nulla ha a che fare con i buoni propositi della vigilia, cioè creare occupazione e ridare dignità al lavoro».


 

La paga viene da un «intermediario»
O. C.
M. è un giovane operaio marocchino, residente a Torino, che lavora in uno dei cantieri olimpici da qualche mese. Per ovvi motivi non possiamo pubblicarne il nome.

Come hai fatto a trovare lavoro?

Mi sono recato al cantiere e qui sono stato messo in contatto con un signore italiano. E' stato lui a parlarmi del compenso che avrei ricevuto e del lavoro che avrei dovuto svolgere. Ho accettato le sue proposte, anche perché non avevo lavoro da diversi mesi e quindi non avevo altra scelta.

Ti hanno regolarizzato subito?

No. Prima di tutto mi hanno fatto lavorare per quasi un mese e mezzo. Una sorta di periodo di prova. Quindi mi hanno detto che avrei potuto continuare. Solo a questo punto sono stato assunto dall'impresa.

Ma chi ti paga, e quanto?

Continuo a prendere i soldi dal signore italiano che ha fatto, diciamo così, da intermediario. Prendo due euro e mezzo all'ora. Devo riportare tutte le ore di lavoro su un foglio di carta che poi, a fine mese, consegno all'intermediario. Vengo pagato sempre in contanti.

Ma la ditta ti dà una busta paga?

Sì, solo che mi hanno spiegato al sindacato che la busta paga tiene conto solo delle ore ordinarie di lavoro prestato. Il calcolo finale lo fa l'intermediario che mi paga la differenza tra le ore di lavoro effettivamente svolte, compreso lo straordinario, e il compenso della ditta. Soltanto che tutte le ore mi vengono pagate quanto abbiamo pattuito all'origine.

Siete in molti ad essere stati reclutati in questo modo?

Direi di sì, almeno se considero il mio cantiere. Dove lavoro io siamo davvero in parecchi e tutti stranieri. Ci siamo dovuti rivolgere all'intermediario. E tutti abbiamo svolto un periodo di prova in nero.

 

Tutti i cantieri del Piemonte
Sono tantissimi. Ci sono quelli per gli impianti sportivi ma anche quelli per i villaggi che ospiteranno gli atleti e i media. In più ci sono le opere di ristrutturazione stradale. Dai 1.091 miliardi di lire che dovevano essere la spesa complessiva nel 1999, si è passati ai 3.640 miliardi del settembre 2004 (pari a 1,88 miliardi di euro). I progetti in piedi a Torino (per un costo complessivo di 406 miliardi di lire) per i giochi olimpici invernali sono il Palaghiaccio di Corso Tazzoli (circa 21 miliardi di lire), il Palaghiaccio di Torino esposizioni (circa 15 miliardi e mezzo), il Palavela (circa 91 miliardi), il Palasport hockey (164 miliardi) e l'Oval (114 miliardi). In più ci sono il palazzo del ghiaccio di Pinerolo, l'impianto trampolini per salto di Pragelato, gli impianti per bob, slittino e skeketon di Cesana, oltre a numerosi impianti di risalita, piste ecc. La maggior parte degli impianti dovranno essere consegnati per i collaudi entro il dicembre di quest'anno.