da Settimanale 4/10 marzo 2004

Val di Susa.
Il Treno frena

di Chiara Sasso

 

NON SAPPIAMO decidere. In certi giorni ci sentiamo molto bravi per aver retto la storia per tutto questo tempo. In altri pensiamo che non siamo riusciti a «bucare» il video, come si dice. Tanto più ora che si parla del «modello Scanzano». In realtà, qualche sostanziale differenza c'è. Lì è scesa a bloccare strade e ferrovie la gente, insieme a tutta la filiera delle istituzioni: consigli regionali, consigli provinciali, sindacati, confindustria, Curia, oltre ai parlamentari di tutte le forze politiche. Qui [al di fuori della Valle] l'opposto: salvo Rifondazione e qualche pezzo dei Verdi, tutti sono d'accordo per il Tav [il Treno ad alta velocità]. Volendo guardare la politica attraverso la lente di questa grande opera [sperpero di denaro pubblico, distruzione di un territorio, negazione del più elementare modello di sviluppo sostenibile], non si intravede differenza, fra il partito Azzurro e quello Ulivista. Questa megamacchina, lanciata a folle corsa senza pilota [come scrive Serge Latouche], e quindi condannata a fracassarsi contro un muro, tutti la sostengono.
Partiamo dall'inizio: la valle di Susa è una valle alpina, confina con la Francia, è abitata da sessantamila persone che vivono nella parte bassa della valle, guardati a vista dalla Sacra di San Michele, e dai dodicimila che vivono nella parte alta. In totale 37 paesi che percorrono la vallata, che si inerpicano sui fianchi delle montagne, da Caselette a Sestriere, un centinaio di chilometri percorsi da storie, uomini e donne che hanno costruito un patrimonio di vita vissuta, mattone dopo mattone, alternando il lavoro della fabbrica a quello dei campi, piccole attività artigianali o pendolarismo. Microstorie e tradizioni, il tutto affiancato dalla Storia, quella in maiuscolo, perché la valle di Susa è un territorio importante e non è il caso di dilungarci su questo aspetto.
Una valle a due passi da Torino, ma la città vede solo se stessa, tutto il resto esiste in quanto grande parco di divertimento per i cittadini stressati. Un territorio diviso in due parti: la bassa valle ha conosciuto l'industrializzazione degli anni Sessanta, i cotonifici di Felice Riva; la parte alta si è sviluppata sul turismo, ospiterà le famose Olimpiadi del 2006. Sia nell' alta che nella bassa, la valle ha vissuto in modo attivo la Resistenza, «Il Diario partigiano» di Ada Gobetti ne è una puntuale cronaca. È comunque un luogo che da sempre partecipa, che ha sviluppato fortemente sul territorio quegli organismi, associazioni, gruppi, che permettono di mantenere vivo il tessuto sociale. Una valle che ha saputo confrontarsi con altre culture ed elaborare modificazioni, soprattutto per la presenza dei primi nuclei di immigrazione. Un territorio vivace, che ha saputo utilizzare la posizione geografica di confine per superare il rischio di una certa chiusura tipica di chi vive in provincia.
Questa lunga presentazione per dire che l'abitudine a partecipare parte da lontano.
Il sentire comune è: «Se ci viene proposto un progetto che non solo ci passa dentro casa, ma cambierà per sempre lo stato delle cose, e questo sfacelo si dovrà pure contribuire a pagarlo, se permettete, prima di accettarlo mi informo. Faccio due conti. Verifichiamo se ci sono soluzioni alternative, se è davvero indispensabile. E se, alla fine di questa ricerca, i dati che siamo riusciti ad avere sono allarmanti, mi invento di tutto, ma proprio di tutto, prima di dichiararmi sconfitto».

Assemblee come scuole serali
La nostra storia parte quattordici anni fa, primi articoli sui giornali. Per dare il senso del tempo basterebbe pensare che i ragazzi che oggi sono impegnati sul fronte NoTav avevano due, tre anni. È la storia di una comunità che non ha perso l'abitudine di porsi delle domande: chi lo ha deciso? A chi e cosa serve? Chi lo paga? Spesso il Re è nudo, ma per scoprirlo non bisogna dormire la notte. È faticoso informarsi, leggere giornali, documentarsi, partecipare, confrontare i dati avuti con altre fonti. Gli organi di informazione sono tutti a favore, nel senso che si limitano ad essere cassa di risonanza delle lobbies che spingono per l'opera. Tg3 regionale in testa. Altro discorso va fatto per le testate locali che seguono con grande attenzione e puntuale cronaca quella che diventerà una grande opposizione. Siamo nei primi anni novanta. Nascono i comitati di opposizione. Da subito ci si accorge che il tema è importante, che bisogna attrezzarsi per avere informazioni [che non danno], ipotesi di progetti [che tengono nascosti]. In una parola, bisogna alzare il livello della conoscenza.
Togliere ai gruppi economici e politici che sostengono la realizzazione delle grandi opere l'esclusiva di un linguaggio tecnico-scientifico. Offrire a chiunque sia interessato ad intervenire su questi problemi un sostegno di documentazione e di consulenza. Alcuni tecnici del Politecnico mettono a disposizione gratuitamente [e lo faranno per quattordici, lunghissimi anni] il loro sapere. Sono gli stessi che seguiranno per la parte civile il caso Ustica.
Le prime assemblee pubbliche dei «comitati» diventano ben presto delle «scuole serali» dove si impara che cos'è il rumore aerodinamico, quello meccanico dovuto allo sferragliamento, i decibel in scala logaritmica, costi e benefici, tabelle, inquinamento... Scuole «alternative» dove chi vuole informarsi può farlo. Lezioni di docenti competenti, muniti di lavagne luminose, dati e buona capacità di sintesi: «Attenzione quest'opera è una fregatura». In altre parole, non si è più disposti ad accettare passivamente che l'equilibrio ambientale e lo sviluppo economico e culturale della valle possano essere compromessi da scelte devastanti ed economicamente avventate.

La prima a dire no è Condove
Allora si parlava di Alta Velocità Ferroviaria. Ma il numero dei passeggeri [per giustificare l'opera] da subito si rivela una bufala, ed è per questo che l'opera cambierà nome e qualche anno dopo e diventerà «Tac», Treno ad alta capacità. Questa volta l'opera viene giustificata con le merci. La parola «treno» ha un che di familiare, di positivo, di socialmente utile. I paesi della valle sono legati l'uno all'altro dal lungo nastro dei binari. I pendolari, per raggiungere il posto di lavoro, prendono il treno tutta una vita. Il Tav è un'altra cosa, estraneo.
Il 9 marzo del 1993, il primo comune della Valle a deliberare contro l'opera sarà Condove. Da lì in avanti, a cascata, un comune dopo l'altro prenderà posizione. Il 21 aprile 1993 per la prima volta i sindaci della valle e due presidenti delle Comunità montane, alta e bassa, vengono ricevuti in Regione, a sette anni di distanza dal primo articolo apparso sui giornali. Da allora cominciano gli incontri, dove risulta evidente la scarsa o nulla considerazione in cui gli amministratori locali vengono tenuti.
Va ricordato, per chi non lo sapesse, che la valle è già attraversata da due statali, un'autostrada, una ferrovia, un fiume, due elettrodotti. Alla fine, diverrebbe una sorta di corridoio di ferro, cemento e tralicci. Vocazione al transito sì, ma non al martirio.
Gli anni novanta erano gli anni in cui pensavano di costruire la Tav in superficie, I progetti parlano di venti/trentamila abitazioni da «riposizionare», in pratica la bassa valle sarebbe tutta da ridisegnare. A Torino si intervallavano convegni per promuovere l'opera, la valle era una semplice cartina dove tirare righe rosse per un' ipotesi di tracciato. L'opera Tav prevede anche il grande tunnel sotto il Moncenisio, una galleria di 52 chilometri.

I partiti richiamano all'ordine
Sabato 2 marzo 1996. È la prima grande manifestazione in valle, indetta dalla Comunità montana, che da quel momento costituisce un «Comitato di coordinamento» fra tutti, comitati in testa. Appare chiara l'esigenza di unire le forze. Per certi versi avverrà una cosa che ha dell'originale: in un periodo in cui la politica appare in crisi, verrà riconosciuto da tutti, anche dall'ultimo gruppo, la centralità della Comunità montana, prima presieduta da Luciano Frigieri [ex Dc], poi da Antonio Ferrentino [Ds]. Si lavora insieme assiduamente per costruire un patrimonio comune. Le segreterie dei partiti fanno pressione, provano in tutti i modi a richiamare i loro iscritti ottenendo risultati opposti. Il fronte del no aumenta. Il messaggio dei sostenitori dell'opera è martellante e ripetuto, sempre lo stesso: è tutto deciso, i soldi ci sono, l'Europa ci aspetta, gli oppositori sono pochi, brutti e montanari ottusi... Ai cittadini, ai torinesi, viene raccontata la storia dell' «in tre ore a Parigi». Sono molti a credere che questo progetto sia valido. Anche nella sinistra si stupiscono, si chiedono perché in valle ci sia una opposizione così forte. «Bevono». Ogni cosa venga scritta sui giornali, la Stampa non è più la bugiarda. Invece di informarsi, si relega l'opposizione come un problema di localismo.

Biciclette. concerti e magliette
Con i media schierati, è fondamentale stare sulla «scena». L'inventiva non manca. Accanto ai convegni di studio, agli approfondimenti tecnici, c'è un altro aspetto che non va sottovalutato: la pubblicità. Tutto fatto in economia. C'è un continuo lavorio, una straordinaria ricchezza, quasi impossibile da descrivere. Magliette con il logo No Tav stampate e diffuse. Striscioni appesi su posti ben visibili. Siti internet. Scritte sulle montagne: «No TaV». Corse di biciclette. Veglie di preghiera. Concerti. Libri. Carnevali in maschera. Digiuni. Campeggi No Tav. Incisioni di Cd. Video. Dove c'è un vescovo in visita pastorale, si srotolano striscioni, si preparano preghiere. Non c'è più inaugurazione di un edificio, in cui i politici non vengano contestati. Notizie che rimangono puntualmente blindate in valle.
Quattordici anni sono lunghi, una vita, c'è chi nasce e chi muore; fra le persone che hanno lavorato e creduto nella difesa della valle e nell'opposizione al Tav, qualcuna non c'è più.
Impossibile elencare tutti gli incontri, i viaggi a Roma, ai ministeri, con l'Unione europea. Essere presenti significa rompere le uova nel paniere, materializzare una opposizione e problematiche che pochi conoscono e nessuno vuole vedere. Comunque mancano i finanziamenti. In occasione dell' ennesimo vertice italo- francese, il 29 gennaio 2001, arriva il momento di una grande mobilitazione a Torino. Il corteo sarà blindato dai celerini. Anche questa volta i media tacciono. L'anno è segnato da un altro importante evento. A fianco dei Valsusini entrano i comuni della «gronda ovest»: Pianezza, Collegno, Venaria, Alpignano. I numeri degli oppositori all'opera improvvisamente crescono. Quaranta i comuni coinvolti, e quattrocentomila abitanti.

La valle intera va in piazza
Sabato 8 giugno 2001, una grande manifestazione a Pianezza per sancire l'unione della valle di Susa con i comuni della cintura torinese. Due cortei si incontrano e si uniscono per formarne uno solo. Il tutto sotto una pioggia battente. Il Tg3 non dirà una parola. Il 2 luglio i sindaci verranno ricevuti e ascoltati al parlamento europeo. Le notizie sono contraddittorie. A Strasburgo viene detto chiaramente che mancano i finanziamenti.
E si arriva al 31 maggio 2003. La Valle intera in piazza. Ventimila le persone che sfilano da Borgone a Bussoleno, un terzo degli abitanti. Bloccate per quattro ore le due statali che attraversano la valle, per mezz'ora l'autostrada del Fréjus e la ferrovia. Dall' esterno non si capisce perché tanta incazzatura. L'opera verrà costruita tutta in galleria. Quindici anni di cantieri. 15 milioni di metri cubi di detriti da smaltire. Di questi, un milione e 150 mila metri cubi di amianto. Per ora la valle è solo un grande cantiere di democrazia partecipata. Abbiamo bisogno di amici, da un posto troppo montano per contare e troppo cruciale per essere dimenticato.

Torino-Lione
La linea ad alta velocità Torino-Lione è una delle «grandi opere» di Rete ferroviaria italiana [una delle 32 società nate dalla privatizzazione delle Ferrovie dello stato], e, per la tratta internazionale, da «Lione Torino»; società partecipata al 50 per cento dalle società ferroviarie italiane e francesi. Il percorso è di 254 chilometri [33 in meno della linea attuale], e verrà sfruttato soprattutto per il trasporto delle merci. Si calcola infatti che solo il 9 per cento degli utenti attuali si potrà permettere di pagare il biglietto della nuova linea, che consentirà di raggiungere la città francese in tre ore e mezza, due in meno di oggi. Per le merci, il tempo risparmiato è trascurabile, se si considera quello impiegato per le operazioni di carico e scarico.

45 miliardi
Dai 15 miliardi di euro di preventivo, la Tav in val di Susa sembra destinata ad arrivare ad almeno il triplo: il costo per chilometro arriverebbe a circa 35 milioni di euro in galleria e 62 milioni all'aperto. Sono soldi che provengono interamente dal finanziamento pubblico, solo il 10 per cento dei costi arriva dall'Europa. Secondo gli stessi promotori, il bilancio della linea Torino-Lione sarebbe in perdita per i primi trent'anni. Sicuramente ci guadagna chi la costruisce, garantito da soldi pubblici: attraverso la procedura del «general contractor», l'appaltatore generale dell'opera, si prende la responsabilità di progettarla e di realizzarla, ma anche di sub-appaltare senza fare nessuna gara. Inoltre, caso unico in Europa, non deve gestirla per rifarsi dalle spese: si ha quindi un appaltatore con i poteri del concessionario, ma senza i rischi di chi gestisce l'opera.

«Obiettivo»
Il ricorso alla «legge obiettivo», da parte del ministro alle infrastrutture, Lunardi, esclude i comuni da ogni decisione sulla Tav, e li costringe ad accettare le decisioni del governo. L'alternativa al disastro ecologico e sociale della Tav esiste: si potrebbe trasferire una quota del traffico su gomma alla rotaia utilizzando linee e gallerie esistenti, semplicemente ammodernando le infrastrutture e operando una migliore distribuzione del traffico attuale.

Sotto processo
I cantieri Tav del Mugello, fra Monte Morello e Firenzuola, sono sotto processo per i danni ambientali che hanno causato. Il processo si è aperto lunedì 23 febbraio nell'aula bunker di Firenze. Risultano rinviati a giudizio esponenti del consorzio, il Cavet, che raggruppa imprese fra le più quotate del nostro paese [Impregilo, Cooperativa muratori e cementisti, Fiat engineering, Consorzio ravennate di produzione e lavoro]. Si tratta del consorzio al quale il «generai contractor» Fiat ha affidato progettazione e esecuzione dei lavori per la costruzione della tratta ferroviaria ad alta velocità fra Bologna e Firenze.

Danni
Ecco solo alcuni dei danni ambientali causati dalla Tav: le gallerie svuoterebbero le montagne dell'acqua contenuta nelle falde; i forti venti della val di Susa depositerebbero le polveri di amianto in tutta la zona, fino a Torino; consumo irreversibile di preziosi suoli agricoli nel tratto di pianura; inquinamento per lo spostamento dei materiali dei cantieri e dei rifiuti durante i venti anni di lavori; uranio nelle rocce estratte dal tunnel di base dell'Ambin