Malaffare e tunnel di Venaus: si trovano i cavilli per salvare gli imprenditori dal processo?

Dalle intercettazioni telefoniche emerge che gli indagati preferiscono aver a che fare con Saitta, piuttosto che con Bresso


"L´inchiesta sulla Tav? È competenza francese"

Gip contro pm al Tribunale del riesame

Il conflitto scaturito dalla richiesta di esautorare il costruttore Procopio

 

di Alberto Custodereo e Paolo Griseri da Repubblica del 12/8/05 – pag IX – Cronaca di Torino

Chi può indagare sui cantieri della Tav? La domanda riguarda gli appalti nella parte internazionale, quella della lunga galleria tra Venaus e Saint Jean de Maurienne. Il quesito è stato sollevato dal gip di Torino, Simone Perelli, che l´11 aprile scorso ha respinto la richiesta dei pm Toso e Parodi intenzionati ad esautorare il costruttore Vincenzo Procopio dagli incarichi ricoperti nella sua società. Procopio è indagato insieme al viceministro Ugo Martinat e ai vertici della Ltf, la società mista formata dalle ferrovie italiane e francesi per progettare e costruire la Torino-Lione. L´accusa nei loro confronti è quella di aver truccato la gara per assegnare gli appalti della discenderia di Venaus, la galleria di alcuni chilometri che dovrebbe servire alle ricognizioni geologiche in vista della costruzione del tunnel principale.


Dopo mesi di intercettazioni e indagini i pm sono giunti alla conclusione che Procopio, favorito da Martinat e dai vertici Ltf, avrebbe tentato di turbare l´assegnazione dei lavori. Per questo la procura ha chiesto al gip di sollevare Procopio dagli incarichi nella sua società. Ma Perelli ha negato l´autorizzazione. La Ltf infatti ha la sua sede legale a Chambery, e dunque, se vi è stata turbativa, questa sarebbe stata commessa in Francia e dovrebbe essere perseguita dalle autorità francesi. «La Ltf - scrive il gip - è una società per azioni di diritto francese. È dunque doveroso domandarsi se alle gare bandite da una società di diritto francese, ancorché sottoposte alla disciplina comunitaria, possano applicarsi le norme penali previste dal codice italiano. Questo giudicante - scrive Perelli - dubita che ciò sia possibile. Infatti, per poter rispondere affermativamente occorre ritenere che Ltf sia parte della nostra pubblica amministrazione». Ma questa circostanza, sostiene il gip, non si dà perché la sede legale di Ltf è in Francia e questo elemento è prevalente. Non ha alcun effetto, aggiunge il giudice, il fatto che la società sia posseduta al 50 per cento dalle ferrovie italiane e che, a turno, sia presieduta da un italiano o da un francese».


La questione sollevata dal gip va oltre il merito dell´inchiesta su Procopio e Martinat. Perché, in base allo stesso principio, qualsiasi reato commesso da italiani negli appalti per la tratta internazionale della ferrovia, anche se riguarda cantieri aperti in Italia, dovrebbe essere perseguito dalle autorità francesi. Il pm Toso ha presentato appello contro la decisione del gip. E ha argomentato che «lo Stato italiano ha attribuito a Ltf, con la legge di ratifica dell´accordo internazionale sulla Torino-Lione, le funzioni di stazione appaltante». Dunque «la gara d´appalto in questione è certamente un procedimento pubblico, per quanto atipico, che vede cointeressato lo stato italiano in qualità di committente». Inoltre, sottolinea il pm, gli atti stessi dell´appalto erano custoditi nella sede italiana della Ltf, a Torino, come dimostrano le imbarazzanti telefonate intercettate tra il direttore generale di Ltf, Comastri, e l´amministratore delegato Benedetto per trasferire in fretta e furia dall´Italia alla Francia il materiale scottante sulla gara di Venaus.


Sull´appello dei pm deve ora pronunciarsi il Tribunale del riesame. La decisione dei giudici avrà certamente ripercussioni sulle indagini della procura perché se venisse accolta l´impostazione del gip molti accertamenti compiuti in questi mesi diventerebbero inutilizzabili. E agli inquirenti torinesi non resterà che alzare bandiera bianca. In quel caso però si entrerebbe in una situazione paradossale come se i cantieri per la tratta internazionale della Tav fossero una propaggine dello stato francese anche se si trovano al di qua delle Alpi. Con il rischio concreto che sulle attività amministrative che riguardano i cantieri italiani in realtà non indaghi nessuno.

 

IL RETROSCENA

Gavio e Bresso, "rompiscatole" di ritorno

Nelle pieghe dell´indagine sugli appalti per le grandi opere in Piemonte si trova una curiosa intercettazione telefonica tra il costruttore Marcellino Gavio e Francesco Sabato, direttore generale dell´Anas. La conversazione avviene il 17 giugno 2004, all´indomani delle elezioni provinciali ed europee vinte dal centrosinistra con l´insediamento di Antonio Saitta in Provincia e la nomina di Mercedes Bresso al parlamento di Strasburgo. La telefonata è rubricata con il numero 727. Riassumono gli inquirenti: «I due parlano di politica. Franco (Sabato ndr) chiede com´è rimasto Ugo (Martinat) che ha perso punti. Franco dice che a lui (Gavio) è andata benissimo per la provincia di Torino.

Scherzano sul fatto che Saitta era già conosciuto da loro.

Poi dicono che la fortuna è che quella ‘rompicoglioni´ è andata a Bruxelles». A questo punto l´estensore della trascrizione scrive tra parentesi: «(Bresso?)».

E continua così il riassunto: «Franco dice (a Gavio ndr) che ‘adesso viene questo tizio che era un tuo vecchio...e la situazione sarà più distesa».

Per disgrazia dei due interlocutori ora, a un anno di distanza, la ‘rompicoglioni´ è tornata da Bruxelles e guida la Regione.


(a.cus e p.g.)