Comunità montana, il fronte dei 23 detta le condizioni

Il gruppo dei sindaci resta unito e invia le richieste al governo per tornare al tavolo di Virano

 

di Marco Giavelli da Luna Nuova del 29/1/10 – pag. 3

 

Per ora il fronte dei 23 co­muni rimane unito, almeno sulla carta. L'ennesimo documento sulla nomina dei tecnici nell’Osservatorio è stato infatti firmato da tutti i sindaci (tranne Antonio Ferrentino) che in Comunità monta­na appoggiano la maggioranza di Sandro Plano, ma è difficile dire se, e ancora per quanto, il fronte reggerà. Tutto dipende da cosa risponderanno governo, Regione e Provincia alla proposta di mediazione formulata dall'as­semblea di martedì sera, disertata ancora una volta dai sindaci di centrodestra. Proposta con cui il centrosinistra e le liste civiche No Tav, non avendo ancora ricevuto alcuna risposta ai due precedenti documenti, passano dalle parole ai fatti dettando le cinque condizioni per poter rientrare nel tavolo tecni­co guidato da Mario Virano.

 

La prima è che «la partecipazio­ne all'Osservatorio non implica in alcun modo un preventivo assenso alla nuova linea ferroviaria tra Torino e Lione in relazione alla quale ciascun Comune mantiene i propri margini di discrezionalità, come da programmi elettorali». Ma non solo. Al secondo punto si dice espressamente che «i tecnici che verranno eventualmente desi­gnati dovranno avere la possibilità di esprimersi in senso critico su tutta la documentazione che verrà portata all'attenzione del tavolo, non essendo gli stessi autorizzati a concorrere alla progettazione dell'opera». Una linea, questa, che sconfessa apertamente il mandato previsto da Regione e Provincia per il nuovo Osservatorio, anche se i sindaci e il presidente della Comunità montana non hanno ancora potuto vedere né il decreto che lo istituisce, già emesso nei giorni scorsi dalla presidenza del Consiglio, né tanto meno i suoi allegati, che ne definiscono la composizione.

 

Al terzo punto si ribadisce «la necessità di una puntuale valutazione del rapporto costi/benefici delle varie soluzioni al fine di co­niugare le esigenze del territorio con quelle di ot­timizzazione delle risorse dello Stato». Al quarto si richiede che venga «rico­nosciuto il ruolo di coordi­namento della Comunità montana su base territoriale estesa a tutti i comuni che lo richiedono». Quindi non necessariamente a tutti, visto che quelli di centrodestra più Sant'An­tonino hanno già nominato i loro tecnici, ma almeno a quelli (ora come ora la maggioranza) che sostengono questa proposta. Poi si precisa che la Comunità montana dev'essere «altresì riconosciuta in sede politica come invitato permanente al tavolo istituzionale, competente per scelte e la defini­zione degli indirizzi».

 

Al quinto punto si richiede comunque «il coinvolgimento di tutti i comuni della Comunità montana nei processi decisionali sia in sede tecnica che istituzionale». Il testo, inviato al sottosegretario Gianni Letta e ai presidenti di Regione, Provincia e Osservatorio, si con­clude con una chiara equazione: «Se questi cinque punti saranno inseriti nel Dpcm e nei suoi allegati, le amministrazioni comunali con il coordinamento della Co­munità montana designeranno i nominativi dei tecnici partecipanti all'Osservatorio». Ma ora come ora appare difficile che la proposta passi. E a quel punto il problema si ripresenterebbe tale e quale a prima.

 

Infatti per almeno sei o sette sindaci, la tentazione di rientrare resta fortissima. In questi giorni, l'Osservatorio non solo sta an­dando avanti: sta decidendo le Iinee-guida di cui dal 1° febbraio i progettisti dovranno tenere conto nella stesura del preliminare della Torino-Lione, e ad alcuni comuni l'idea di continuare a stare alla finestra comincia a stare stretta. Martedì sera i 23 sindaci si sono dunque giocati l'ultima carta a loro disposizione, fin qui è prevalsa la logica di restare uniti per ave­re un maggior "potere contrattuale", ma non è escluso che, se go­verno, Regione e Provincia rispon­deranno picche, i comuni indecisi decidano di fare dietrofront e di andare a ingrossare le fila di un Os­servatorio che, al momento, lavora con la minoranza dei comuni della valle.

 

«Con questo documento ab­biamo posto un problema e ora attendiamo una risposta ufficiale, che mi auguro arrivi entro pochi giorni - osserva il presidente della Comunità montana Sandro Plano - il paradosso è che nell'Osserva­torio si continua a discutere, ma senza i principali protagonisti: 23 comuni su 43 rappresen­tano la maggioranza, e buona parte di questi sono tra l'altro i comuni interessati dalle ipotesi di tracciato. Tutto questo va contro le intenzioni di chi dice di voler coinvol­gere al massimo i territori toccati dall'opera». Ma a dimostrazione del fatto che alcuni comuni non intendono restare sull'Aventino, già mer­coledì mattina è arrivata la presa di posizione del Comune di Almese, per altro tagliato fuori dallo schema di rappresentanza previsto da Bresso e Saitta.

 

Pur avendo firmato il documento unitario, il sindaco Bruno Gonella ha scritto a governo, Regione e Provincia per chiedere che anche Almese possa avere un proprio rappresentante nell'Osservatorio: «lo voglio essere informato su cosa succede, anche perché da Roma continuano ad arrivarmi voci che qualcuno vorrebbe ri­prendere I’ipotesi in sinistra Dora. Pertanto ho fatto presente che per ora faremo riferimento ad Andrea Debernardi, il tecnico nominato da Sant'Antonino. Il documento di martedì l'ho firmato solo per spirito di solidarietà con la mag­gioranza di cui facciamo parte, ma non lo condivido perché credo che difficilmente quella proposta verrà accettata». Tra gli indecisi ci sono anche Bussoleno e Chianocco, che però non si sbilanciano su cosa succederà nel caso in cui il docu­mento venga respinto. Per loro, al momento, conta anzitutto l'unità del fronte dei 23.

 

«Il nostro non è un "no senza se e senza ma" - ricorda Anna Allasio, sindaco di Bussoleno - il nostro programma elettorale diceva che saremmo stati presenti a tutti i tavoli, ma vorrei essere nell'Os­servatorio con gli altri sindaci e a quelle condizioni, perché siamo contrari a quest'opera. Credo che finché si sta tutti insieme possiamo ottenere qualcosa, mentre se ognu­no va per la sua strada si è tutti più deboli». «Ho lavorato molto a quel documento - rimarca Mauro Russo, sindaco di Chianocco - perché cre­do che possa essere accettato. La scelta era la seguente: è più utile che un blocco di comuni rientri nell'Osservatorio, oppure che 23 comuni facciano una scelta con­divisa per mantenere alto il nostro potere contrattuale? Tutti abbiamo creduto in questa seconda soluzio­ne, scrivendo un testo forte nei suoi contenuti».

 

Continua Russo: «Noi chiedia­mo solo che ci venga permesso di poter evidenziare tutte le criticità di quest'opera. Credo che porre i nostri dubbi sia comunque un atteggiamento istituzionale col­laborativo: questo rappresenta un elemento che, se utilizzato bene, può rendere l'Osservatorio un organismo non solo tecnico ma an­che democratico». Ma per molti al­tri comuni, il documento di martedì rappresenta l'ultima mediazione possibile: o il governo accetta, o si sta fuori dal tavolo. «Mi sembra eviden­te - puntualizza Emilio Chiaber­to, sindaco di Villarfocchiardo - se queste condizioni non vengono accettate, in teoria nessun comune nominerà i suoi tecnici. Questo è un patto d'onore che abbiamo sottoscritto l'altra sera. Per senso istituzionale noi siamo disposti a sedere a quel tavolo, ma con senso critico e non certo per contribuire alla miglior pro­gettazione di un 'opera che non condividiamo».