La leggenda del corridoio Lisbona-Kiev
di Marco Ponti, docente di Economia dei trasporti al Politecnico di Milano (1)

(da http://www.lavoce.info 27-03-2003)

Il Corridoio 5 dovrebbe collegare Ovest e Est Europa passando per Trieste. L’impatto del progetto sui traffici di lunga distanza è scarso. Eppure, ogni ipotesi alternativa è vista come un tentativo di isolare l’Italia. Perché dietro i nazionalismi si nasconde il timore di perdere i finanziamenti europei per le infrastrutture. Sarebbe però più efficace sostenere le nostre richieste con analisi economiche serie e non con motivazioni geopolitiche peregrine.

Lo sviluppo di infrastrutture di trasporto "degne di questo nome" nella Unione europea è considerato strategico in termini funzionali, per sviluppare cioè efficienti catene di trasporto per le imprese e i consumatori. In presenza dei vincoli di Maastricht (1991), si tende anche ad assegnare una funzione anticongiunturale alla realizzazione dei grandiosi investimenti infrastrutturali e tecnologici necessari ad aumentare la capacità e ad adeguare gli standard di sicurezza e ambientali dell’insieme dei sistemi di trasporto della Unione europea.

Le difficoltà incontrate nella realizzazione dei quattordici progetti di Rete transeuropea individuati come prioritari nella Conferenza dei Capi di governo della Ue (Essen, 1994) sono rimaste sostanzialmente irrisolte (per non dire amplificate per quanto riguarda le effettive capacità di finanziamento) nello sviluppo della decina di corridoi multi-modali individuati dalla Conferenza paneuropea di Helsinki (1997) in contemporanea con l’avvio del processo di allargamento della Unione ad Est.

Senza entrare in questa sede nel merito del ruolo dell’Unione europea a supporto degli investimenti nei trasporti in assenza di capacità di prelievo e spesa (tutte saldamente in mano agli stati membri), quanto segue analizza il concetto stesso di corridoio applicato al Corridoio V di Helsinki, originalmente concepito per collegare Trieste-Lubiana-Budapest-Leopoli (con diramazioni Rijeka, e Ploce) e poi progressivamente trasformatosi in "corridoio Lisbona Kiev".

 

La nozione di corridoio

La nozione di corridoio è assolutamente ragionevole al fine di garantire che le scelte di investimento dei diversi Paesi interessati siano coerenti (per esempio, per evitare che un Paese costruisca una ferrovia verso un valico mentre il Paese confinante realizza un’autostrada). Detto questo, i "corridoi" non hanno in sé senso funzionale. Infatti i traffici che li interessano sono per il 95 per cento interni ai Paesi coinvolti, quindi non transfrontalieri. I problemi eventuali dei traffici di lunga distanza sono in grandissima parte generati dalla congestione sulle reti regionali (il passante di Mestre nel caso del Corridoio V) e dunque la loro soluzione passa per miglioramenti nelle reti regionali. Ma i traffici di transito non giustificano di per se stessi investimenti "interni" ai singoli Paesi.

Perché i traffici "di lunga distanza", che motiverebbero il concetto di corridoio, sono particolarmente irrilevanti sull’asse Lisbona-Kiev? Proviamo a elencarne analiticamente le ragioni.

Fondi europei e infrastrutture italiane

Ma allora perché questo furore nazionalistico, perché paventare un’alternativa di corridoio a nord delle Alpi come una barriera in grado di isolare l’Italia dall’Europa?

La ragione è semplicissima, e ha a che vedere con il timore che vengano meno i fondi europei per gli investimenti italiani nel corridoio, specificatamente per il nuovo valico ferroviario del Fréjus (per il quale i francesi hanno emesso recentemente una valutazione di scarsa priorità) e per la linea alta velocità Torino-Trieste, cioè per infrastrutture che interessano tutt’al più noi, non certo gli scambi Lisbona-Kiev.

Non è una motivazione ignobile. Tuttavia, sarebbe assai più efficace dimostrare la validità delle infrastrutture che ci interessano (qualsiasi ne sia l’orientamento geografico) con accurate analisi economiche e finanziarie, e richiedere che le scelte europee siano basate su queste. Esistono, tra l’altro, solidi modelli di previsione di traffico per l’"Europa estesa a Est", che consentono valutazioni non arbitrarie delle priorità infrastrutturali.

Altrimenti, c’è da chiedersi perché limitare il corridoio alla provinciale dimensione europea? Non è più efficace parlare di un corridoio Lisbona-Pechino? In termini funzionali, i contenuti non sarebbero molto diversi.


Marco Ponti ha svolto attività di consulenza per la Banca Mondiale, il ministero dei trasporti, le Ferrovie dello Stato e del ministero del Tesoro occupandosi di regolazione del settore aereo e autostradale. Ha partecipato come esperto al primo e al secondo Piano Generale dei Trasporti. Svolge attività di ricerca nell’ambito dei modelli trasporti-territorio, di analisi di fattibilità economica e finanziaria dei progetti (versioni avanzate dell'analisi costi-benefici), regolazione economica e liberalizzazione del settore (tecniche di gara, regole di accesso alle infrastrutture ecc.) e di "public choice".