Grandi opere, governo bocciato

Pochi cantieri, scarsi finanziamenti, privati che non investono. I giudici contabili certificano il flop del programma
La Corte dei Conti: lavori in ritardo. E le banche non rischiano



di Ettore Livini da Repubblica del 24/3/2005


Non basta tagliare nastri, posare prime pietre e partecipare a qualche talk show in tv.

L´Italia delle grandi opere berlusconiane viaggia in grave ritardo. Non lo dice solo l´opposizione, ma lo certifica adesso un´impietosa analisi della Corte dei Conti sullo "Stato di attuazione della legge obiettivo", quella che disegna i piani decennali del Governo in materia di infrastrutture strategiche, dal Ponte sullo Stretto al Mose di Venezia. La bocciatura dei giudici contabili è a 360 gradi. Le cifre: «Il 45,8% delle opere in programma non ha ancora nemmeno la specificazione delle modalità di attuazione - dicono - e il Cipe ha messo a disposizione solo 20 miliardi di euro contro i 196 che servirebbero». Il "Contratto con gli italiani" firmato dal premier prevedeva «l´apertura dei cantieri per almeno il 40% degli investimenti previsti». Ma la gelida logica dei numeri elaborati dalla Corte dei Conti dice che a oggi sono stati "cantierati" lavori per 3,4 miliardi, il 15% dei finanziamenti a disposizione e una percentuale quasi da prefisso telefonico (come direbbe Umberto Bossi) rispetto al totale delle opere previste.


Questa débacle - dicono i giudici - ha diverse spiegazioni: la prima, più generale, è che «dopo lo slancio iniziale non è seguita la capacità progettuale, né in termini tecnici né economici-finanziari». Con la conseguenza che l´avanzamento dei lavori è «lento e disomogeneo». Colpa della parcellizzazione delle responsabilità a livello locale, dei contenziosi e della scarsità di risorse a disposizione che avrebbe dovuto consigliare una «selezione per obiettivi prioritari» delle opere da eseguire invece che il versamento a pioggia di (pochi) quattrini su tutto il piano. A questo punto «lo stato di avanzamento appare assolutamente marginale rispetto alle dimensioni del programma - sottolinea la Corte - e c´è il serio rischio di una rideterminazione dei costi e degli stessi programmi infrastrutturali».


Un flop secondo la relazione è anche la struttura finanziaria della legge obiettivo con la decisione di eseguire parte dei lavori con lo schema del project financing e l´intervento dei privati. In realtà banche e assicurazioni «sembrano restie ad assumere i rischi connessi alla remuneratività delle grandi opere». Un po´ - spiegano gli istituti di credito - perché le altre esperienze europee nel campo, come Eurotunnel, si sono rivelate un bagno di sangue per il settore. Ma soprattutto perché l´incertezza sui tempi di realizzazione rende troppo pericoloso intervenire con capitale di rischio. Le banche così per ora si sono limitate a fare il loro tradizionale compitino: erogare cioè mutui rigorosamente garantiti dallo Stato. Mutui per i quali - fanno osservare tra l´altro i giudici - è stata scelta una forma di contabilizzazione nel bilancio pubblico che rischia di inficiare il corretto calcolo dei parametri di indebitamento netto affidati all´Istat.


Dubbi e perplessità della Corte dei conti riguardano anche le modalità di assegnazione e controllo dei pochi cantieri avviati: c´è una «scarsa capacità di monitoraggio» che secondo i giudici genera «rischi intrinseci elevati» sulla qualità dei servizi resi dagli appaltatori. Servono dunque «riscontri metodici e documentati che conferiscano trasparenza a tutto il processo di gestione». Il 72,3% delle «notizie su elementi fondamentali» delle opere, fanno notare i giudici contabili, non è disponibile. Un dato preoccupante per uno dei piatti più ricchi e appetibili (anche per interessi non proprio chiari) tra gli investimenti previsti nel nostro paese.