Ponte

La madre di tutte le grandi opere è ferma. Il prezzo, invece, corre

 

In silenzio la società Stretto di Messina ha aumentato di oltre un miliardo (il 28% in più) il compenso previsto per il consorzio guidato da Impregilo. Risultato? Le penali da pagare all’impresa se l’opera non si farà saranno più alte. E per ora, dopo la posa della prima pietra, la seconda non l’ha mai messa nessuno.

 

di Paolo Casicci da Il Venerdì di repubblica del 12/2/10 – pagg. 39-40

 

Messina - Vinci un superappalto e cinque anni dopo ti ritrovi con un contratto nuovo. Ancora più «super». Che il Ponte sullo Stretto sia un'opera dal costo faraonico è noto. Ciò che an­cora non si sa è che Eurolink, il con­sorzio con capofila Impregilo che do­vrà unire Scilla e Cariddi, s'è visto ri­conoscere a settembre dalla società Stretto di Messina una maggiorazio­ne sul compenso altrettanto faraoni­ca: un miliardo e 90 milioni in più ri­spetto al corrispettivo pattuito nel 2005. Che è lievitato da quasi 4 mi­liardi di euro (3.879.600, per l'esattez­za) a 4.969.530. E tutto questo senza aver mosso una pietra. Con l'effetto non solo di annullare il ribasso del 12% con cui il cartello di imprese - che compren­de anche Condotte, Cmc, la spagnola Sacyr e la giapponese Ishigawa – si era aggiudicata la gara, ma addirittura di accrescere il com­penso in misura più che doppia rispetto allo stesso ribasso.

 

Il nuovo corrispetti­vo è fissato nella rela­zione di aggiornamento del piano fi­nanziario dell'opera, firmato dall'amministratore delegato della Stretto di Messina e presidente dell’Anas Piero Ciucci e inviato per co­noscenza al governo. Nella relazio­ne, Ciucci sdogana la maggiorazio­ne con la necessità di adeguare il va­lore di base definito con la gara alla dinamica dei prezzi e dei costi inter­venuta e prevista tra il 2002 (chiu­sura del progetto preliminare) e il 2011, data presunta dell'approvazio­ne del progetto definitivo. Che, è be­ne ricordare, non c'è ancora. Nel do­cumento, non mancano i punti che lasciano perplesso più di un eco­nomista. A partire da Guido Signo­rino, ordinario di Economia applicata all'Università di Messina e membro del Centro studi per l'area dello Stretto Fortunata Pellizzeri. Che osserva: «In poco tempo, men­tre non si è mossa una ruspa, la commessa è lievitata del 28%, anche se, nello stesso periodo, la dinamica dei prezzi ha raggiunto record seco­lari di stabilità». Che cosa hanno fat­to, invece, alla Stretto di Messina? Un esempio utile è quello dell'accia­io: l'accordo giustifica l'aumento del corrispettivo citando anche «l'ecce­zionale aumento dei prezzi registra­to tra il 2003 e il 2004» e l'andamen­to dell'inflazione intervenuta e atte­sa nel periodo 2002-2011. Curioso che la valutazione dei prezzi si pro­ietti al 2011, mentre quella dei costi si fermi al 2004. Se la Stretto di Messina avesse considerato l'anda­mento del costo dell'acciaio fino al 2009, avrebbe scoperto che questo è calato di molto, e che le stime del trend di domanda e offerta fino al 2011 dovrebbero far prevedere un assestamento su un valore molto più basso di quello del 2004.

 

Le perplessità, però, non finisco­no qui. Stranamente, il corrispettivo dei lavori cresce di oltre un miliardo, mentre la stima del valore finale del­l'opera - che include gli oneri finan­ziari - aumenta di soli 200 milioni, passando da 6,1 a 6,3 miliardi. In­somma, se da un lato è aumentata del 28% la somma da versare all'im­presa, dall'altro il valore stimato del Ponte è cresciuto solo del 3,3. Una contraddizione che si può spiegare così: aumentare il valore dell'opera oltre i 6,3 miliardi avrebbe significa­to esporsi alle critiche di chi sostie­ne già adesso che l'investimento è troppo costoso e non remunerativo. Resta poi da spiegare per quale mo­tivo in questi anni la Stretto di Messina non abbia ridotto il valore fina­le dell'opera, proporzionandolo al ri­basso offerto dalla cordata vincitrice. La Corte dei Conti informa, infat­ti, che nel 2008 la società indicava ancora un costo finale pari a circa 6 miliardi, quando il ribasso offerto da Impregilo avrebbe dovuto far scen­dere il valore attorno ai 5 e mezzo. Secondo Signorino, questa scelta potrebbe significare che il ribasso col quale il consorzio ha vinto la ga­ra era eccessivo: «Stretto di Messi­na ha tenuto invariata la stima del costo finale dell'opera, quando avrebbe fatto meglio a rifiutare l'of­ferta». In proposito, è il caso di ricor­dare che l'appalto fu impugnato al Tar da Astaldi, che aveva partecipa­to alla gara, e che il suo presidente Vittorio Di Paola dichiarò come «sul maxi ribasso di Impregilo» biso­gnasse riflettere. Ma il ricorso non andò avanti, perché il governo Prodi dichiarò il Ponte opera non più prio­ritaria, facendo venir meno l'oggetto del contendere.

 

Un altro aspetto da ricordare è che per anni si è paventato di dover paga­re a Eurolink penali pesantissime nel caso in cui l'opera fosse stata fermata dal governo senza mai arrivare al pro­getto definitivo. In realtà, afferma Ciucci, al consorzio non sarebbero do­vute penali qualora venisse intimato l'alt anche dopo aver ricevuto il pro­getto definitivo e quello esecutivo: le penali sono invece dovute se lo stop avvenisse anche un solo giorno dopo l'inizio dei lavori.

 

E qui si apre un'altra questione. Per il governo, i lavori del Ponte sono ufficialmente iniziati il 23 dicembre, con la prima pietra del progetto di spostamento di un binario nella fra­zione Cannitello di Villa San Giovanni. Si tratta di un'opera che avrebbero dovuto eseguire le Ferrovie e che, in­vece, il Cipe ha dichiarato a luglio di competenza della Stretto di Messina, «calandola» nel progetto Ponte. Il 23 dicembre le ruspe hanno iniziato a lavorare, fermandosi subito dopo per la pausa natalizia. Da allora il cantie­re non è avanzato. Né poteva essere altrimenti, visto che dell'opera non esiste il progetto definitivo né la rela­tiva vallante urbanistica è mai stata approvata. Anzi, la Regione Calabria ha fatto ricorso al Tar e alla Corte co­stituzionale, lamentando di non esse­re stata sentita prima che il Cipe classificasse l'opera come prelimina­re al Ponte (al quale la giunta cala­brese di centrosinistra si oppone).

 

Ma c'è di più: il terreno su cui le ruspe hanno lavorato per qualche giorno non è ancora stato espropria­to, come confermano i proprietari. Eppure, su questo bluff Eurolink po­trebbe fondare la futura pretesa di penali. Calcolate sul nuovo corrispet­tivo astronomico.