Tav, tra l'Italia e l'Europa scoppia la guerra dei fondi

Il tempo delle scelte è vicino: la decisione definitiva dovrebbe arrivare a fine ottobre.

Prodi ne discuterà presto con la commissaria europea.

L'altra partita irrisolta, quella sull'impatto ambientale, riguarda invece Roma e la Val di Susa. Partono le audizioni.

Di Paolo Griseri dal supplemento Affari&Finanza di repubblica del 12.06.06


Torino - Tra i cantieri che il nuovo governo dovrà tagliare per manifesta mancanza di fondi, ci sono anche quelli dell'Alta velocità con la Francia? Nessuno ha finora risposto in modo chiaro a questo interrogativo. Proveranno a scioglierlo il 21 giugno Romano Prodi e Loyola De Palacio, incaricata dall'Ue di seguire la realizzazione del corridoio 5, che si incontreranno a Roma. È certo che la Torino-Lione è un'opera dai costi ciclopici: la sola galleria di base, quella di 53 chilometri che dovrebbe collegare Venaus con Saint Jean de Maurienne, costerebbe 13 miliardi di euro. A questi vanno aggiunti i costi delle due tratte nazionali per unire Bussoleno a Torino e Saint Jean dc Maurienne a Lione. L'Unione Europea si era impegnata a versare fino al 50 per cento del costo del tunnel di base ma anche a Bruxelles le casse piangono.


Così sarebbe già considerato un successo se l'Europa riuscisse a coprire il 20 per cento. Al di sotto di quella quota, ripete da mesi Loyola De Palacio, «il finanziamento sarebbe una bocciatura. Perché se l'Europa non si impegna seriamente, significa che non crede all'opera». Anche la signora de Palacio dovrà comunque diminuire le sue richieste perché a Bruxelles si ipotizza che il finanziamento comunitario Possa essere compreso tra il miliardo e il miliardo e mezzo di euro.


Messa così, la questione somiglia molto al classico gioco del cerino. Sulle grandi opere l'Europa e I'Italia sono alle prese con seri problemi di cassa. Devono tagliare i progetti scegliendo su quali cantieri concentrare le poche risorse disponibili. Roma e Bruxelles sanno che, in questi casi, è meglio puntare su poche iniziative piuttosto che dividere il poco denaro a disposizione su una miriade di cantieri senza poter garantire la fine dei lavori a nessuno. Roma attende che, nei prossimi mesi, sia Bruxelles a scegliere la opere prioritarie da finanziare e, di conseguenza, i cantieri da tagliare.


Bruxelles fa sapere che non intende imporre grandi opere ai governi e che, di conseguenza, se l'Italia non riterrà prioritaria la Torino-Lione, non sarà certo l'Europa a dissanguare il suo patrimonio per realizzarla. Del resto, sul fronte italiano, non si vede per quale ragione il governo Prodi dovrebbe mettere in discussione il precario equilibrio raggiunto nell'Unione per lanciarsi in una battaglia proTav se poi Bruxelles non è disposta a finanziarla adeguatamente.


ll gioco del cerino sta arrivando rapidamente al momento della verità. Perché tra poche settimane Italia e  Europa dovranno uscire dalla fase di stallo: una delle due dovrà compiere la prima mossa e l'altra giocherà di conseguenza. Così in questi giorni si è scatenata un'intensa opera di lobbing per premere su Roma e Bruxelles. Sollecitati dal Comitato Transpadana, i governatori delle regioni del Nord Italia hanno preso una posizione bipartisan a favore della Torino-Lione. Che la maggioranza di centrodestra e centrosinistra nelle regioni settentrionali sia favorevole al progetto, non è una novità. La presa di posizione dei governatori è piuttosto il segnale che si avvicina il tempo delle scelte.


Parallelamente alla partita tra Roma e Bruxelles si gioca quella tra la val di Susa e il governo nazionale. Partita difficile, che nell'inverno scorso aveva portato agli scontri di Mompantero e Venaus e alla militarizzazione della valle. Era stato lo stesso governo Berlusconi a dover mettere un freno all'escalation. La soluzione di forza, l'idea di far partire i cantieri con i cordoni di polizia a tutela della ruspe, si è rivelata drammaticamente sbagliata. A dicembre è toccato a Gianni Letta proporre la retro-marcia agli enti locali piemontesi: stop al contestato cantiere di Venaus, valutazione di impatto ambientale (non prevista dalla legge obiettivo) sulle opere preliminari e costituzione di un Osservatorio tecnico presso il ministero delle infrastrutture che valuti i pro e i contro del progetto. II governo Prodi si trova oggi a gestire l'eredità di quell'accordo. L'Osservatorio, presieduto dal consigliere Anas Mario Virano inizeerà nei prossimi giorni le sue audizioni a Susa. Al ministero toccherà invece  avviare il processo per la valutazione di impatto ambientale sulla galleria preliminare di Venaus. Due iter che dovrebbero procedere paralleli durante i mesi estivi per arrivare a fine ottobre a rispondere all'interrogativo di fondo: il progetto della Torino-Lione è realizzabile e a quali condizioni? Soprattutto, come sarà possibile superare lo scoglio contro cui si è arenata la strategia di Berlusconi, quello del consenso degli abitanti della valle? Nessun partito dell'Unione, nemmeno i più accesi sostenitori del progetto, sostiene che l'opera possa essere realizzata senza un accordo di massima con gli abitanti della val di Susa. E questo non solo per una ragione politica. I costi dell'opera sarebbero destinati a salire ulteriormente se, come accadde quest'inverno, i cantieri dovessero essere protetti continuamente con un grande spiegamento di forze dell'ordine.


«Quel che dobbiamo fare - dice Virano - è riportare la discussione in un alveo normale. Per anni le ferrovie sono state abituate a considerare poco rilevante l'opinione degli abitanti interessati dalle infrastrutture. Questo ha portato allo scontro frontale». Prima di realizzare l'Alta velocità sarà dunque necessario rimuovere le macerie di una impostazione dirigista che ha creduto di poter evitare il confronto con le popolazioni coinvolte. Il problema è capire se ci sono il tempo e i soldi per riuscire a cambiare rotta prima che I'Unione europea scelga le linee da finanziare nel piano economico 2007-2013.