TAV, lo spettro del Mugello è già sulla valle di Susa

Al convegno su grandi opere e lavoro lo denuncia la scrittrice Simona Baldanzi

 

Di Cristina Imbalzano da Luna Nuova del 29/1/08 – pag. 8

 

Avigliana - Serata riuscitissima, venerdì scorso all'auditorium della media Ferrari, sull'argomento Tav e Lavoro.

 

Si ragiona su ciò che è accaduto nel Mugello e ciò che rischia di avvenire nel nostro territorio. Soddisfatti gli organizzatori dell'evento, osservano: «La platea è coinvolta e partecipe».

 

L'intervento della giovane scrittrice toscana Simona Baldanzi, autrice del libro "Figlia di una vestaglia blu", ha rappresentato un ottimo spunto per comprendere quali realtà si potrebbero dischiudere se mai si aprissero i cantieri. «E’ importante avere memoria della nostra storia. Il libro di Simona, guarda al passato, ma soprattutto dice qualcosa sul futuro». Così Fabio Geda, autore torinese, introduce il testo della Baldanzi. «Interessarmi della vai Susa e dei problemi legati la Tav, rappresenta una sorta di riscatto per la mia terra», osserva Simona. Il Mugello appare, sin dalle prime battute, come una superficie d'avanguardia che ha sperimentato questo disastro prima di altri.

 

«I politici monopolizzano l'informazione - continua la scrittrice - ma non è vero niente, il Tav non sostenta la manodapera locale». Fatta eccezione per qualche geometra della zona, infatti, nessun salariato è del luogo. Il 60 per cento degli addetti all'opera sono minatori nomadi calabresi, costretti a lavorare nelle gallerie osservando turni disumani e stremanti. Tali disagi gene­rano insoddisfazioni e frustrazioni. Gli operai vengono letteralmente tagliati fuori dal tessuto sociale in cui ope­rano, rinchiusi in campi base lontani dalle loro famiglie e sottopagati, respirano polveri inquinanti, dannose per la salute loro e degli abitanti dei paesi limitrofi. «Non meno importanti - continuaBaldanzi - le problematiche legate al territorio. L'azzeramento della risorsa idrica rappresenta un danno inarrestabile che si riversa sulla popolazione, sul!'agricoltura e sul paesaggio».

 

«Analoga la situazione nelle nostre valli – incalza Bruno Canu, uno degli esponenti di spicco del comi­tato No Tav di casa - Le falde acquifere in val Susa, si sono già abbassate di circa 800 metri. I giovani viticoltori dell'alta valle, si troveranno, nel giro di pochi anni, a perdere tutto ciò su cui hanno investito». Per Grazia Peano, poi, portavoce del Comitato No Tav di Avigliana, il dato allarmante è rappresentato dagli incidenti mortali sul lavoro che nel gennaio 2008 sono già arrivati a quota sei. A causa dei turni massacranti, molti dipendenti perdono la vita. Inoltre, per abbattere la fatica, i giovani edili fanno sempre maggior uso di droghe pesanti e alcool.

 

Ciò che poi appare sconvolgente, è lo sfruttamento, sul nostro territorio, dei cosiddetti "Caporali del 21° secolo", lavoratori spesso immigrati, assunti con con­tratti da 21 euro l'ora, di cui solo la settima parte rimane di loro spettanza.

 

La domanda ridondante e d'obbligo diventa dunque: "Tav, ma quale lavoro?".

 

A questo e ad altri quesiti, risponde l'assessore aviglianese Rino Marceca, sottolineando che: «Fra dieci anni, o forse meno, anche la nostra terra potreb­be ritrovarsi nelle stesse condizioni del Mugello. I nodi si stanno strin­gendo, ma manca il tavolo politico di trattativa con lo Stato e ciò rende la faccenda ancor più preoccupante, poiché i tecnici proseguiranno senza controllo».

 

Il Mugello è stato ferito, «perfora­to da quel treno come da una pallottola», così legge Nicoletta Molinero, dal libro della Baldanzi. I danni, le ingiurie, i tradimenti che questa terra ha subito, devono essere denunciati. La sensibilità nei confronti del problema, non si deve affievolire. «La lotta muore quando la gente si nasconde dietro al luogo comune del "se vogliono lo fanno lo stesso " - continua Simona - Si può vincere, si può combattere, si devono coinvolgere cittadini e politici. Oggi il nostro lembo di terra si lecca le proprie ferite, tentando di mantenere e difendere ciò che resta, per contro, la vostra valle, può e deve fare di più».

 

I lavori dellaTav, intanto proseguono, mal'acqua non è più presente, né sui monti, né a valle. Molti piccoli paesi toscani ricevono il fabbisogno idrico quotidiano esclusivamente tramite l'intervento di autobotti comunali e la falda acquifera continua ad essere inquinata a causa d'infiltrazioni e scarichi abusivi di sostanze pericolose.

 

La val Susa deve fare tesoro di questa esperienza distruttiva. Il danno è talmente irreversibile che non c'è giustificazione tecnica che tenga.