Val di Susa Il pentimento dei no-Tav: ci porta lavoro

Due anni dopo i blocchi stradali e le barricate, i no-Tav si pentono: «Non marciamo più, quel treno porta lavoro».

Val di Susa L'ex capopopolo Ferrentino: è finito il tempo di urlare. Sindaci, commercianti, casalinghe: non marciamo più

 

Di Alessandra Mangiarotti da Il corriere della sera del 4/2/08 – pagg 1 e 25

 

Sala consiliare del Comune di Susa, la sorpresa: «Mi chiamo Patrizia Ferrarini, sono un'albergatrice, voglio la Torino-Lione e vi dico il perché: ci porterà lavoro». Qualche centinaio di metri più in là, bar della piazza, lo stupore: «Sono Lella, ho 41 anni, ho marciato contro l'alta velocità, ma oggi non lo farei più: troppe strumentalizzazioni, ora voglio capire». Ancora due passi verso la Dora, edicola sul ponte, la meraviglia: «Sono Lucia, Lucia Barbaro, ho 55 anni, e anch'io ho manifestato ("distribuiva pure il tè caldo", sorride Luca, il figlio), ma ora credo che della Tav abbiamo bisogno».

 

Benvenuti nella Val di Susa due anni dopo la fase barricadera della protesta no-Tav. Nella Val di Susa dove la crisi di governo spacca. Divide. Con da una parte i duri e puri che brindano al «dio Mastella»: «Un altro governo che non porta a casa la Torino-Lione». E dall'altra un popolo variegato di «sì», «se», e «no» Tav che guarda a Roma con preoccupazione: «Qui rischiamo di dover ricominciare daccapo». Un popolo fatto di sindaci, commercianti e imprenditori sì-Tav usciti allo scoperto. Ma soprattutto di valsusini che oggi non marcerebbero più perché hanno cambiato idea (pochi) o perché un'idea precisa devono ancora farsela (i più). «Figli del dialogo», per dirla come Luigi Bobbio, professore di Scienza politica dell'Università di Torino. Che spiega: «Finito il muro contro muro si inizia a disegnare insieme una strada condivisa ».

 

Antonio Ferrentino è stato il sindaco capopopolo nell'autunno caldo della protesta no-Tav. Oggi è uno dei più accaniti sostenitori dell'osservatorio tecnico (con all'attivo il più alto numero di gomme d'auto tagliate): «Anch'io non scenderei più in piazza. E centinaia di persone me lo vengono a dire: "ho marciato, ora non marcerei"». Il perché? «E' finito il tempo di urlare moriremo tutti d'amianto (le cose sbagliate le ha dette il governo, le abbiamo dette noi), ora si parla di ragioni vere e priorità. Non possiamo condannare la valle alla marginalità». Priorità, vale a dire: «Il potenziamento della linea, il nodo di Torino». E il maxi-tunnel? «Non è prioritario, ma se servirà se ne discuterà. Un referendum che non riduca il tutto a no-Tav sì-Tav ci riserverebbe sorprese».

 

Parole sante anche per il sindaco di Venaus Nilo Durbiano: «Quel tunnel oggi continua a non servire, nemmeno se sbuca a Chiomonte. Ma non mi sento di dire che tra 30 anni sarà così. E la strada per capirlo non è più la piazza».

 

«Anche perché la piazza è stata troppo radicalizzata, ha accolto tutti i no d'Italia e le famiglie non ci si riconoscono più. Io ho marciato e non lo rifarei. Semmai penso a un progetto di rilancio della valle», aggiunge il sindaco di Chiomonte, il berlusconiano Renzo Pinard.

 

Nel partito dei «convertiti al sì senza se e ma» c'è Gianluca Ibba, immobiliarista. «Se ho marciato? Certo, c'era tutta la valle. Troppe strumentalizzazioni, poi ho deciso da me». Leonardo, 52 anni, una stazione Tamoil sulla statale 24, si definisce ora un sì-Tav con qualche «ma»: «Bisogna pensare al futuro dei figli, certo, ma anche a farli mangiare». Carlo Gottero, 60 anni, vivaista di Rivoli e assessore all'Agricoltura della bassa-valle si presenta invece come «no-Tav che vuole negoziare»: «E' il momento del tavolo, non della piazza».

 

Anche se qualcuno, a dire il vero, alla piazza ci pensa. E' Rodolfo Greco, 54 anni, della Cgil-Fillea. «Marceremo con la nostra bandiera: sì al lavoro in Val di Susa», anticipa snocciolando i numeri delle sue ragioni: «386 disoccupati a Susa, più altri 27 della Italcoge; 2.861 nel comprensorio ». «Sono tanti quelli che alla Tav iniziano a pensarci ». E alcuni, a dire il vero, ci hanno sempre pensato. Solo che ora lo dicono apertamente: commercianti, artigiani, imprenditori. Uno per tutti, il presidente dell'Ascom Marco Cossa: «Quelle barricate ci hanno fatto male. La Tav invece può farci bene, e non solo grazie ai suoi cantieri».

Il riferimento è al piano strategico che dovrebbe essere messo a punto dall'osservatorio tecnico. Con la crisi di governo il tavolo politico è stato rinviato, il mandato pure. «Un piano di sviluppo socio-economico dove la Tav è solo uno degli elementi» spiega il presidente dell'osservatorio Mario Virano. Con due scenari che potrebbero essere presentati per l'estate e poi sottoposti a referendum: «La valle, da Settimo al confine, con o senza la nuova linea».