I linguaggi della politica e le risposte della Valsusa: NO TAV e NO TIR

Son passati molti anni da quando ci stupivamo sentendo parlare di "convergenze parallele": le nostre certezze sulla geometria appresa sui banchi di scuola andavano in crisi e ci chiedevamo perché prendesse piede un linguaggio che svuotava le parole del loro significato; poi ci hanno insegnato gli "equilibri basati su geometrie variabili" e abbiamo cercato invano un riscontro sui libri del liceo; di smarrimento in smarrimento ci hanno poi costretti ad abituarci a molto peggio e oggi gli stessi fatti, non solo le parole, vengono presentati stravolgendone il senso: dai confronti elettorali tutti sembrano uscire vincenti, la cancellazione dei diritti diventa un'opportunità e le guerre si trasformano rapidamente in efficaci strumenti di esportazione della democrazia dopo una breve parentesi in cui sono semplicemente umanitarie. Non riusciremo mai ad abituarci, ma nel frattempo abbiamo imparato parecchio, e le nostre certezze non entrano più in crisi: basta uno sforzo per cercare di interpretare i fatti per quelli che sono, è sufficiente interpretare le dichiarazioni dei politici e leggere gli articoli di stampa tenendo conto degli interessi che gli uni e gli altri difendono, in un gioco delle parti che a ben guardare è piuttosto facile comprendere.

Dall'indomani del 29 giugno scorso, giorno in cui si è riunito a Roma il cosiddetto "tavolo politico" sulla Torino-Lione, grandi titoli sui giornali: "Il governo intende rispettare gli impegni con l'Europa sul corridoio 5" esordisce Prodi aprendo i lavori. "L'incontro si è svolto in un clima completamente diverso da quello del 10 dicembre 2005 e il giudizio sul confronto è ampiamente positivo" risponde Ferrentino. Il sottosegretario Letta afferma che "il corridoio 5 dovrà attraversare la Valsusa rispettando gli standard europei" (pendenza non superiore al 2%, ndr). Ferrentino sostiene che "questa impostazione ci va bene perché comprende anche l'opzione zero" (la linea storica, con pendenza max. 3,4%, ndr). Pochi giorni dopo Rainer Masera, presidente della CIG (conferenza inter-governativa), parlando dell'incontro del 4 luglio con i francesi a Lione spiega la strategia del governo: "una discontinuità nel metodo mantenendo la continuità dell'obiettivo."
Questo è quanto riportano i quotidiani e ciò che si legge nelle dichiarazioni dei protagonisti.
Ma come stanno veramente le cose? La Valle di Susa che dice? Cosa è cambiato? Tutti buoni e zitti in attesa dei nuovi incontri del tavolo politico e dell'avvio dell'osservatorio tecnico? Quali le prospettive? Quali le iniziative?

Mercoledì 5 luglio si è svolto a Bussoleno un atteso confronto tra Comunità Montana, sindaci e comitati per dare una risposta a queste domande.
Se qualcuno si aspettava (o peggio: sperava) che emergessero divisioni nel fronte NO TAV si metta il cuore in pace: dovrà avere ancora molta pazienza e rischia grandi delusioni. Certo non sono mancate critiche a qualche eccesso di ottimismo espresso a caldo dopo la riunione di Roma e dettato forse più da ragioni di opportunità riconducibili a quel linguaggio della politica di cui si parlava prima piuttosto che da una ingenua sottovalutazione di problemi ancora tutti aperti. Certo è difficile immaginare che al tavolo di palazzo Chigi la capacità di persuasione dei sindaci che illustravano al governo le loro (le nostre) ragioni abbiano prodotto una grave crisi di coscienza nei rappresentanti del governo: tutti sanno bene che chi vuole procedere con la realizzazione del TAV, faccia parte di questo governo o di quello che lo ha preceduto, non chiede di essere convinto e non vuole essere convinto: è già convinto, e al massimo può prender tempo se vengono a mancare le condizioni...

Insomma, nella discussione è emerso che, al di là del diverso metodo adottato da questo governo (fatto certamente apprezzabile se rapportato ai blitz militari e alle prove di forza del governo precedente) la questione rimane la stessa: "no tav" come unica alternativa possibile a "si tav" ma anche a "come tav": sì, perché i grandi quotidiani, sempre ansiosi di interpretare e anticipare i desideri di coloro a cui devono rispondere, lanciano oggi con sempre maggior insistenza questo messaggio: c'è una nuova disponibilità in Valle di Susa a discutere su "come" fare questa nuova linea ferroviaria. E' un messaggio pericoloso e interessato, non si basa sui fatti ma sulle speranze di chi lo lancia, confonde i desideri con la realtà e punta semplicemente a presentare un movimento no-tav diviso, confuso e incerto sul da farsi. Niente di più falso: il fronte è compatto e non c'è nessun segnale di cedimento. Anzi.

Il confronto di Bussoleno ha chiarito bene quale realismo sia oggi diffuso tra chi si è speso nei mesi scorsi (cioè tutta la valle) per impedire (con successo) l'apertura di un cantiere: capacità di cogliere i segnali di disponibilità ma anche attenzione nel mantenere una giusta dose di diffidenza; capacità di riconoscere i risultati positivi quali ad esempio lo stralcio della Torino-Lione dalla legge obiettivo, ma nessuna rinuncia nel rivendicare la cancellazione della stessa legge obiettivo; e soprattutto volontà di misurare nei fatti le disponibilità dichiarate. Nel frattempo nessuno perde di vista l'obiettivo: no tav.

Grande è invece la diffidenza nei confronti dell'osservatorio tecnico.
Questo organismo (è bene chiarirlo) è solamente stato insediato ma non si è ancora mai riunito; i media lo presentano invece come uno strumento ormai operativo, ma è il solito gioco delle parti che punta a suggerire che i lavori sul TAV sono in una fase avanzata, i cantieri sono praticamente aperti e non resta che rassegnarsi... Per ora l'osservatorio esiste nei fatti solo sulla carta: se mai inizierà i suoi lavori, non sarà certamente una sede decisionale ma registrerà le diverse posizioni sulla base di dati tecnici e le riferirà al tavolo politico; dovrà affrontare la questione nel suo complesso e non isolando singoli aspetti l'uno dall'altro; dovrà partire da un'analisi dei flussi di traffico reali su l'arco alpino nel suo complesso e in base a questa analisi "l'opzione zero" non dovrà neppure dare per scontata la necessità di un potenziamento della linea storica; dovrà affrontare la questione del contingentamento dei TIR e impostare al tempo stesso correttamente il problema del trasferimento su rotaia; in poche parole: uno strumento tecnico che non lavori a compartimenti stagni, che non guardi solo al tunnel di base ma alla politica dei trasporti attraverso le alpi nel suo complesso.

Ma a prescindere da cosa sarà o dovrà essere l'osservatorio c'è una pregiudiziale ampiamente condivisa di cui la parte istituzionale che rappresenta la Valsusa al tavolo politico dovrà farsi carico: la palese incompatibilità del presidente designato, Mario Virano, per evidenti conflitti di interesse. Abbiamo recentemente visto come lavora un personaggio "super-partes" come Lojola De Palacio: qui c'è anche dell'altro e il ruolo di presidente dell'osservatorio è incompatibile con un Virano amministratore di “ANAS spa”, presidente della “OLIMPIC INN spa”, amministratore delegato della società “MUSINET ENGINEERING spa”, controllata al 51% da SITAF: tutte aziende con interessi diretti o indiretti sulle infrastrutture della Valdisusa.

E a proposito di conflitti di interessi e pentole da scoperchiare un'altra richiesta si fa strada: una commissione d'inchiesta parlamentare che indaghi su l'intera vicenda Alta Velocità (non solo quindi Torino-Lione): un progetto nato nel 1991 i cui costi sono lievitati nel frattempo del 623% (sì, seicentoventitrè: non è un errore di battitura). In questi casi non sembra valere il riferimento ai tassi di inflazione programmata e ci sono un sacco di cose da chiarire, comprese le infiltrazioni camorristiche e le tangenti elargite in modo trasversale dalle imprese che hanno sinora vinto gli appalti.

Dare un segnale forte che la Valle di Susa non perde di vista il suo obiettivo è una elementare esigenza di verità in risposta al tam-tam di chi la dipinge sull'orlo di un posssibile cedimento di fronte alle "ragionevoli" e garbate richieste del nuovo governo e al suo metodo concertativo. La risposta è ancora una volta un "NO TAV", ma non basta. E' anche un "SI" a una nuova politica del trasporto merci che passi attraverso una riduzione del traffico, a cominciare da quello su gomma. Ed è quindi un "NO TIR".
Il prossimo 22 luglio a Bardonecchia ci sarà una manifestazione per dire no alla "seconda canna" del Frejus: un raddoppio del tunnel mascherato con ragioni di sicurezza che punta all'incremento del traffico. La parola d'ordine sarà: contingentamento, da subito, dei TIR. Nel traforo del Frejus e nella Valle di Susa passano ogni giorno 3500 tir, a fronte dei 1500 che transitano in Valle d'Aosta attraverso il traforo del Bianco: evidentemente non tutti i corridoi sono uguali...

Che le ragioni contro il folle progetto di una nuova linea ferroviaria si saldino con le ragioni di chi rifiuta un aumento del traffico su gomma è un'evidenza sotto gli occhi di tutti: sono le due facce di una stessa medaglia, e chi tenta di suggerire improbabili contraddizioni ha soltanto interesse a bucare le montagne, costruire viadotti e progettare per il nostro paese un futuro di "grande piattaforma logistica".
Chi scopre oggi la mancanza di fondi per i cantieri ed è costretto a prendere tempo per aprirne di nuovi stralciando la Torino-Lione dalla legge obiettivo e inventando osservatori non si illuda: la Valle di Susa sa aspettare ma non perde di vista l'obiettivo.
Nel frattempo la Comunità Montana si costituisce parte offesa nel confronti dell'ARPA per i suo ruolo vergognoso nei sondaggi del Seghino. Ah, non è finita: si assume anche, insieme ai sindaci, di fronte alla magistratura, la responsabilità per i fatti dell'8 dicembre a Venaus.
Tanto per far capire che aria tira a chi finge di essere sordo.

Torino, 6 luglio 2006
Comitato NO-TAV Torino