«Il marrone? Non conta»

Per Ltf se ne produce poco, il Tav può passare.

 Ma Villarfocchiardo insorge e contesta i dati

 

di Claudio Rovere da Luna Nuova del 8/10/10 – pag. 17

 

La produzione totale di marroni valsusini? Soltanto 64 quintali. Ma come? La valle di Susa era nota come la patria del marrone, uno dei suoi prodotti di punta a cui sono dedicate fiere con decine di migliaia di visitatori e adesso di scopre che la produzione è ridotta a quelle che possono essere definite briciole. Almeno stando ai dati ri­levati da Ltf a corredo dal progetto preliminare della Torino-Lione. A pagina 69 dello studio di impatto ambientale, sintesi non tecnica, si legge infatti. "Da segnalare i 410 ettari a castagneto da frutto, la cui produzione unitaria massima è di 25 quintali per ettaro, di coltura spe­cializzata: pertanto, se si trattasse di castagneti da produzione (sani e coltivati), si potrebbero ottenere oltre 8mila quintali di castagne, tuttavia nel 2007, primo anno di produzione di marroni Igp, la produzione ammontava a soli 64 quintali". Insomma, la produzione valsusina non sarebbe quella stimata finora intorno ai 4-5mila quin­tali, ma semplicemente quella accreditata dal marchio di Indicazione geografica protetta, e per giunta al suo primo anno di introduzione, il 2007, quando soltanto una decina di produt­tori decise di sottoporsi a quello che a tutti gli effetti rappresentava un esperimento. Ergo: non c'è da preoccuparsi se il tunnel dell'Orsiera, intercettando le falde acquifere, dovesse compromettere la coltivazione del marrone. Tanto è marginale. Un’affermazione che non ha tardato a suscitare le prime reazioni indignate di amministratori e addetti ai lavori.

 

«Denota sempre di più la poca conoscenza del territorio da parte dei tecnici di Ltf, che si limitano a fare calcoli a tavolino, traendo conclusioni poco verosimili - si sfoga Emilio Chiaberto, sindaco di Villarfocchiardo, il paese che più di altri dovrà fare i conti con quanto avverrà nel proprio sottosuolo e soprattutto di quanto avverrà nelle falde sotto i castagneti -L'analisi è superficiale, come abbiamo già po­tuto notare sull'argomento sorgenti». Ma quello che più ha fatto indispettire il primo cittadino villarfocchiardese è «L'affronto a tutti quei produttori che nel corso degli anni hanno resi­stito e portato avanti una coltivazione che crea economia, tutela il paesaggio e fa prevenzione contro il dissesto idrogeologico del territorio». «Dal punto di vista economico il marrone è secondo, in valle, soltanto al settore lattiero-caseario - ricorda un altro villarfocchiardese, Roberto Rocci, presidente della cooperativa La Maruna, che conta una novantina di soci - quindi non ci vengano a dire che non rappresenta qualcosa di importante per il territorio». «Mi sembra veramente un’analisi da sprovveduti, fatta da gente che la valle di Susa non l'ha neppure mai visitata - taglia corto il sangioriese Giorgio Amprimo, per anni presi­dente dell'Associazione produttori marrone Valle di Susa e ora consi­gliere comunale - E' logico che se si prende come riferimento l'Igp, appena entrata in vigore, le cifre siano piccole, ma dietro a questo c'è un mondo di produttori, anche sommerso, che cura il castagno con attenzione e passione e che ha lutti i diritti di non vederselo essiccare per la sparizione delle falde acquifere».

 

Intanto l'amministrazione comunale vil­larfocchiardese, nelle sue osservazioni al progetto preliminare, ha dedicato anche alcune righe all'argomento. "Riteniamo tale analisi superficiale e basata sull'assoluta incapacità di distinguere tra le diverse produzioni tradi­zionali e storicamente consolidate di marroni e la recente specializzazione produttiva Igp - scrivono gli amministratori - Tale approccio risulta lesivo della dignità del lavoro dei nume­rosi operatori del settore che, pur dedicandosi a part-time alla conduzione dei castagneti, non per ultimo svolgono un insostituibile lavoro per la manutenzione del patrimonio naturale e ambientale, notoriamente caratteristico di questo comune".