Estratto da Corruzione ad Alta Velocità di F. Imposimato, G. Pisauro, S. Provisionato.  Koinè nuove edizioni

[Cap. VII – Quando il manager è di Stato - pagg. 151-154]

 

Quando il manager è di Stato

 

Prima di assumere per la seconda volta – nel maggio del 1993 – la presidenza dell’Iri, Romano Prodi, pur essendo considerato un’eminente personalità nel mondo accademico e dell’economia, era soprattutto un manager che dal nulla aveva creato alcune società di consulenza molto redditizie, tra cui spiccava Nomisma.

La Nomisma altro non era se non un piccolo carrozzone del sottobosco democristiano, destinato a foraggiarsi alla greppia dei grossi affari nazionali. Della Dc, Prodi incarnava infatti – e questo gli faciliterà il successo elettorale nel 1996 – una delle facce all’apparenza meno compromesse e quindi più presentabili.

 

Del ruolo avuto da Nomisma, e quindi da Prodi, nel gigantesco affare dell’Alta velocità si avrà un primo sentore all’inizio del 1996, per l’esattezza il 22 gennaio, quando le microspie della Guardia di Finanza, su disposizione della Procura di La Spezia, intercettano una telefonata tra due personaggi che abbiamo già incontrato, Francesco Pacini Battaglia ed Emo Danesi:

Danesi: “ Sembra che questa Iannini proprio abbia detto: “eh, lì vogliono salvaguardare Prodi perché hanno dato a Nomisma un miliardo e sei”, roba del genere”

Pacini Battaglia: “Tre miliardi e otto”

Danesi: “Lei sa uno e sei”

Pacini Battaglia: risata.

 

Augusta Iannini, giudice per le indagini preliminari di Roma, all’epoca anch’essa indagata nell’inchiesta sulla Tav, smentisce categoricamente l’affermazione attribuitale da Danesi. Vere o false che siano le cose che Danesi e Pacini Battaglia si dicono, una cosa è certa: nel 1992 la società Nomisma, che dal 1981 vede tra i suoi soci fondatori proprio Romano Prodi, ha ricevuto dalle ferrovie dello Stato una consulenza d’oro.

 

L’affare Nomisma

La vera storia di questa consulenza verrà pienamente a galla soltanto alcuni mesi dopo, alla fine del 1996, quando tra il 4 e il 5 dicembre, il sostituto procuratore di Roma Giuseppa Geremia ordina alla Guardia di Finanza di perquisire “tutti i luoghi, enti e abitazioni comprese, dove possano esservi documenti utili a ricostruire l’intera vicenda del progetto dell’Alta velocità”. Le perquisizioni sono una quarantina in cinque città italiane, tra cui Roma e Bologna.

Al termine di questo immane lavoro di indagine, Geremia riceve un rapporto nel quale, attraverso documenti sequestrati soprattutto nella sede delle Ferrovie dello Stato a Roma e della società Nomisma a Bologna, emergono alcune abili mosse fatte da Lorenzo Necci, quando il progetto dell’Alta velocità era ancora in nuce, per accaparrarsi quanto meno la benevolenza di alcuni personaggi.

 

Chi sono questi personaggi? Da quei documenti emerge che già il 23 gennaio 1992 Lorenzo Necci, nella sua qualità di amministratore straordinario delle Ferrovie dello Stato, aveva dato vita a due authority: il “comitato dei nodi e delle aree metropolitane” e il “garante dell’Alta velocità”.

Scopo apparente dei due organi:

“studiare il nuovo modello delle funzioni ferroviarie, nell’evoluzione del sistema di mobilità e nella trasformazione delle strutture metropolitane e, in particolare, svolgere le funzioni di supportare l’elaborazione dei modelli finalizzati alla riqualificazione e diversificazione dei servizi offerti nelle aree metropolitane delle Ferrovie dello Stato, tenendo conto anche degli effetti sociali e ambientali dell’operazione”.

E’ scritto ancora nel rapporto della Guardia di Finanza consegnato a Geremia:

“il garante è stato individuato nella persona del prof. Romano Prodi, mentre il comitato dei nodi è composto dalla senatrice Susanna Agnelli (presidente), dal prof. Carlo Maria Guerci, dal dott. Giuseppe De Rita e dall’architetto Renzo Piano.

 

La delibera con la quale venivano istituiti sia il “comitato nodi” che la figura del “garante” preventivava una somma di spesa di 9 miliardi di lire. Era questa una delibera contestata dal collegio dei revisori dei conti delle Ferrovie dello Stato che in una nota chiedeva spiegazioni in merito alla creazione di due organi, ponendo in dubbio la stessa legittimità della loro costituzione sia per l’estrema genericità ed indeterminatezza della delibera, sia per la mancanza di indicazioni circa le funzioni affidate al comitato ed al garante, nonché sulla loro natura giuridica. Il collegio prospettava invece l’ipotesi che il comitato ed il garante fossero organi delle Ferrovie dello Stato oppure consulenti. E definiva impropria la somma assegnata dal momento che non era stato chiarito il loro inserimento in bilancio, non erano stati indicati i soggetti che dovevano autorizzare i pagamenti e non era possibile valutare la congruità della somma stessa. A fronte di una simile mole di rilievi, il collegio dei revisori non riceveva alcuna risposta.

 

 Trascorrono appena tre mesi e lo stesso Necci, nell’aprile 1992, affida una consulenza “per l’analisi economica dell’impatto territoriale” a Nomisma, di cui Prodi è in quel momento presidente del comitato scientifico. I rapporti per la stipula dei contratti vengono affidati alla società Italferr Sia spa, incaricata anche di “fornire i supporti economici e professionali”.

A questo proposito il rapporto della Guardia di Finanza fa notare che:

“la scelta di Nomisma è stata effettuata direttamente dall’avvocato Lorenzo Necci, senza un’apposita ricerca di mercato, in epoca precedente la nomina del garante”.

La lettera di “accettazione del professore bolognese è stata inviata con busta intestata Nomisma, società con sede in Bologna”.

 

Lo stesso rapporto sottolinea anche “eventuali conflitti di interessi in capo al garante”. Analogo conflitto viene prospettato nei confronti della senatrice Agnelli, presidente del “comitato per i nodi”, dati i suoi rapporti con la Fiat, general contractor nell’affare dell’Alta velocità.

 

Prodi lascerà l’incarico di garante alcuni mesi dopo, prima di assumere, nell’aprile 1993, la presidenza dell’Iri, ente che come abbiamo visto a partire da quel periodo giocherà un grande ruolo nella vicenda dell’Alta velocità e dallo stesso Prodi già diretto per quasi sette anni, tra la fine del 1982 e il 1989. Ma da presidente dell’Iri Prodi lascerà la presidenza del comitato scientifico di Nomisma solo nel 1995, quando lasciata l’Iri deciderà di dedicarsi all’attività politica.

 

L’inchiesta su Nomisma, che fa parte del più vasto filone romano sull’Alta velocità, si chiuderà con un nulla di fatto. Ma l’aspetto più preoccupante – e per certi versi allo stesso tempo comico – riguarda proprio i risultati della consulenza di Nomisma sull’impatto territoriale dell’Alta velocità: 39 volumi pieni zeppi di ovvietà.

 

Per completare la gamma di conflitti di interesse in cui Prodi è inciampato c’è da aggiungere che che all’epoca in cui il professore di Bologna è stato garante dell’alta velocità , la Goldman Sachs, di cui lo stesso Prodi era consulente, figurava tra i soci azionisti dell’Alta velocità[1].

 



[1] NOTA DEL COMITATO NO-TAV TORINO:

il VII ed ultimo ultimo capitolo del libro Corruzione ad Alta Velocità è interamente dedicato a Romano Prodi, alle vicende giudiziarie che hanno segnato il suo percorso dal management alla politica.

Oltre a quelle relative al TAV, qui ricordate, vengono trattati il rinvio a giudizio per abuso d’ufficio in relazione al caso Cirio-Bertolli-De Rica, l’improvviso trasferimento del pm titolare, Geremia, l’assoluzione del professore avvenuta grazie anche alla tempestiva nuova legge (16/7/97) sul reato di abuso d’ufficio …