La Tav non scioglierà il nostro vino di ghiaccio

I viticoltori di Chiomonte: con il cantiere troppi rischi per i filari

I campi potrebbero essere raggiunti da polveri inquinanti

I timori dopo anni di fatica per strappare la terra alla montagna

 

di Maurizio Tropeano da La Stampa del 5/9/10 – pag. 61

 

A chilometro zero contro la Tav. Frutta, patate, cipolle, pomodori e, soprattutto, il vino. Quello Doc e quello del ghiaccio che viene prodotto dai vigneti di Chiomonte a poca distanza dai boschi della Maddalena dove nel prossimo inverno dovrebbe nascere il cantiere del tunnel geognostico. Il movimento contro il treno veloce lancia la sua campagna d’autunno (domani sera a Chiusa e il prossimo fine settimana a Chiomonte) e la novità è la scelta di usare l’agricoltura, i suoi prodotti e l’economia che genera come strumento per allargare il consenso e cercare di bloccare l’avvio dei lavori.

 

Il rapporto tra Chiomonte e il vino è secolare. Sullo stemma del Comune c’è il sole che illumina una vite. Nella piazza della Chiesa quel vessillo è scolpito sul muro. Accanto una data: 1560. Quarant’anni prima i maggiorenti delle diverse frazioni litigavano sull’opportunità di realizzare un piccolo tunnel per portare l’acqua sopra il paese. Anche allora discussioni accese sul fare o non fare lo scavo. Alla fine spuntò uno scalpellino, Colombano Romean, che in otto anni perforò per 500 metri la montagna e fece arrivare l’acqua tra le vigne di Cels e Ramat.

 

Correva l’anno 1533. Adesso è in ballo un’altra galleria, un tunnel di 8 chilometri che costa 80 milioni. Il cantiere è localizzato lontano dai filari dei vitigni autoctoni di Avanà e Biquet e c’è una grande roccia che separa l’area di lavoro dai filari e che teoricamente dovrebbe fare da barriera alla diffusione delle polveri. Ltf, la società che ha elaborato il progetto preliminare, assicura che il materiale di risulta sarà trattato prima di uscire dalla galleria e che non ci saranno camion che passeranno vicino ai vigneti grazie ad uno svincolo provvisorio dall’autostrada.

 

Ma i viticoltori non si fidano «perché basta che il vento cambi direzione e allora le polveri di chissà quale minerale che sta dentro la montagna arriveranno a coprire i grappoli e potrebbero rovinare gli acini», spiega Stefano Turbil, trent’anni e titolare della Chimera. La sua preoccupazione è che adesso «cinque anni di fatica, soldi spesi e rete di vendita possano essere danneggiati da un’immagine negativa legata alla presenza del cantiere».

 

Il pericolo si chiama piombo, quello che all’inizio degli anni Novanta venne trovato nel vino di Chiomonte negli anni in cui veniva realizzata l’autostrada. Allora fu Anselmo Jayme a lanciare l’allarme dopo che il «mio vino cambiava di sapore diventando sempre più amaro». Nel gennaio del 1992 le analisi ordinate dal comune mettevano in evidenza la presenza di 0,8mg di piombo al litro «quasi il triplo di quelli previsti per legge», racconta Jayme.

 

I suoi vigneti erano a fianco del cantiere dell’autostrada mentre adesso il cantiere Tav è lontano dalle vigne. Ma gli oppositori del progetto sostengono che il pericolo arriverebbe dal via vai dei camion dal cantiere e dalla diffusione di polveri tossiche di cemento delle attività di betonaggio del cantiere. «Evitiamo di fare terrorismo preventivo», sottolinea Pierino Ronsil, titolare dell’omonima casa. Aggiunge: «Ci chiamano viticoltori eroici perché non è facile fare il vino in montagna, su e giù per le terrazze. Vorrei che gli esperti di Ltf ci spiegassero in modo convincete come si possono proteggere le nostre produzioni perché non basta un piccolo dislivello montano a fare da barriera alle polveri».

 

Ronsil è uno dei tredici produttori al mondo del vino del ghiaccio, attività che affianca ai vini prodotti da vigneti che hanno più di 60 anni. Adesso a 65 anni d’età vorrebbe garanzie per «poter continuare a lavorare garantendo qualità altrimenti, se vedo che le cose non vanno per il verso giusto, mollo tutto». Andrea Turio guida la Clarea, la cooperativa che gestisce quella che si può considerare la cantina sociale del paese, un basso fabbricato dove con impianti di proprietà della Comunità Montana si trasforma l’uva. Un’attività nata all’interno di un progetto per impiantare nuovi vigneti finanziato con le compensazioni dei lavori dell’autostrada: 6 miliardi di vecchie lire tra fondi dell’Ue e nazionali per impiantare nuovi vigneti. Spiega: «Abbiamo puntato sulla qualità del vino e adesso anno dopo anno stiamo strappando la terra alla montagna. La presenza di un grande cantiere dietro l’angolo è un danno indotto».

 

Le«prove di resistenza» che i NoTav organizzano per il prossimo fine settimana serviranno anche per presentare i prodotti della cooperativa «Dalla terra nativa ». Otto soci, cinque disoccupati, che a Venaus coltivano frutta e ortaggi anche sui terreni dove avrebbe dovuto sorgere il cantiere della Tav. E in difesa del vino di Chiomonte è pronto a mobilitarsi anche Gerard Depardieu che nei mesi scorsi, intervistato da Repubblica, si è detto pronto a mobilitarsi perché «le vigne di Chiomonte dove si coltiva l’Avanà non le devono toccare perché una vigna è sempre un tesoro dell’umanità».