In treno da Torino a Lione: occorre migliorare i collegamenti, ma la TAV non è la risposta giusta oggi.

 

Abbiamo letto la lettera di esponenti   torinesi  a favore della realizzazione della TAV tra Torino e Lione: la aspettativa di un miglior collegamento tra la metropoli torinese e la Francia (e non solo la Francia) è anche nostra, e di certo noi ambientalisti propenderemo sempre per scelte che comportino il massimo utilizzo del mezzo ferroviario per il trasporto delle persone e delle merci.

 

E’ sulla soluzione che siamo molto critici; e non solo noi, dal momento che non siamo riusciti a trovare un solo esperto di trasporti che sostenesse l’effettivo carattere strategico di un’opera come la TAV da Torino a Lione per un deciso miglioramento dei collegamenti tra i nostri due Paesi.

 

Le preoccupazioni poste dalle popolazioni della Valsusa sono assolutamente condivisibili per quanto riguarda i problemi ambientali posti dai cantieri e dall’opera: ma sono preoccupazioni che verrebbero affrontate e risolte con adeguate mitigazioni e precauzioni se l’opera rappresentasse davvero quanto serve per migliorare l’utilizzo delle infrastrutture ferroviarie. Invece dal movimento dei cittadini e delle amministrazioni della Valsusa emerge qualcosa di più importante e di decisamente diverso, che dovrebbe indurre la classe dirigente del Paese e del Piemonte a rivedere le vere priorità infrastrutturali da affrontare PRIMA di scavare il nuovo buco nei monti, al fine di ottenere una decisa inversione di tendenza a favore dell’impiego della ferrovia.

 

E’ vero e documentabile che la ferrovia attuale, nel suo tratto internazionale, dispone di grandi capacità non utilizzate, e che potrebbero essere ulteriormente aumentate con sostanziali miglioramenti delle tecnologie e della linea esistente, senza dover impegnare grandi risorse per un tracciato (e per un buco) del tutto nuovo. Soprattutto alla luce del fatto che, al momento, queste risorse non esistono affatto e gli stessi progetti per la nuova linea sono in pratica solo abbozzati: non si va oltre uno studio di fattibilità. E’ anche vero che il problema di congestione ferroviaria si fa avvertire da Bussoleno in giù, e che è quindi nell’area metropolitana torinese che devono essere realizzate le migliorie e le nuove opere, concentrando risorse e progettualità per fare uscire Torino (ma lo stesso discorso vale anche per Milano) dalla propria condizione di ‘collo di bottiglia’ per il transito e l’interscambio delle merci che viaggiano su ferro.

 

I dati e le tendenze sul trasporto delle merci che utilizzano i valichi italo-francesi autorizzano gli esperti di trasporti a ritenere che la esigenza di una nuova ferrovia non sia una urgenza, né di oggi né dei prossimi decenni: questo è un bene, perché ci dà la possibilità e il tempo di affrontare queste grandi priorità senza il ‘fiato sul collo’ di un continuo e tumultuoso aumento dei transiti che affliggono altri valichi, dal Gottardo, al Brennero, a Tarvisio. Oggi quindi Torino ha il tempo per individuare risorse e progetti prioritari per migliorare il suo ruolo nel sistema della mobilità che interessa il Nord Ovest italiano e che, per quanto riguarda le connessioni ferroviarie internazionali, dovrebbe prestare maggior attenzione a collegarsi  ai confini con la Svizzera, dove tra breve saranno operative le nuove grandi trasversali ferroviarie del Loetschberg e del Gottardo, anch’esse convergenti almeno in parte verso l’area torinese.

 

Il movimento della Val di Susa, così forte, radicato e trasversale, rappresenta una grande opportunità da cogliere, a cui non si può rispondere con il ‘principio di precauzione’: da questa valle emerge forte la necessità di un ripensamento delle vere priorità del sistema-Paese per quanto riguarda le infrastrutture e la logistica ferroviaria, rispetto alle quali la TAV oggi appare sempre più chiaramente  come una risposta semplificatrice, intempestiva e inadeguata. Ben venga dunque la moratoria sui cantieri, come momento in cui convocare, a bocce ferme, gli ‘Stati Generali’ dei valichi e ragionare sull’attraversamento delle Alpi in termini davvero strategici e transfrontalieri. E stiamo attenti a non liquidare con qualche buffetto sulle guance quel grande momento di partecipazione, di approfondimento e di crescita di consapevolezza rappresentato dal movimento della Val Susa.

 

Roberto della Seta, Presidente Nazionale di Legambiente