E a Torino è scontro sull'appalto del Gerbido

Battaglia legale tra Tme e Cnim per l'affidamento delle opere. A rischio i fondi bancari

 

di Maria Chiara Voci da Il sole 24 ore (Edilizia e territorio) del 9/11/09 – pag. 13

 

Un anno di ritardo, già accumulato, e il rischio di veder slittare i tempi ancora più in là. A 365 giorni dall'annuncio del closing finanziario e dell'av­vio della realizzazione del termovalorizzatore del Ger­bido di Torino, l'intervento è ancora sulla linea di partenza.

 

A stravolgere i piani di Trm (Trattamento rifiuti metropolitani), la società pubblica che ha l'incarico di progettare, realizzare e gestire l'opera, è intervenuta innanzitutto una complessa battaglia legale sull'esito della gara per la costruzione. L'Ati guidata da Tm.E. Termomec­canica Ecologia, che aveva vinto in prima battuta l'appal­to e aveva già avviato le opere di sistemazione, si è vista por­tare via i lavori, per effetto di una decisione del Consiglio di Stato, dalla cordata capeggia­ta dalla Cnim, la Constructions Industrielles de la Mediterranée, seconda classificata. A sua volta Tm.E. ha presenta­to una richiesta di revocazione al Consiglio di Stato e un ricorso al Tar con sospensiva e ha costretto Trm a sospendere l'aggiudicazione a Cnim. Si è ora in attesa del pronunciamento il 17 novembre del Consiglio e il 3 dicembre del Tar.

 

Fino a qui, tuttavia, la situazione è destinata a risolversi e, chiarita la titolarità dell'appalto, il cantie­re dovrebbe ripartire. A complicare le cose, però, è una seconda azione legale portata avanti da un gruppo di coltivatori diretti che si oppongono, da sempre, alla scelta del sito del Gerbido per l'inceneritore. «I ricorsi presentati contro la procedura di individuazione del­l'area - spiega Tom De Alessandri, vicesindaco di Torino - sono stati tutti respinti dal Tar. Ora però è atteso il pronunciamento del Consiglio di Stato che, però, non ha fissato una data per la sentenza. Il timore è che si vada per le lunghe». La situazione di incertez­za rischia di avere pesanti ripercussioni economiche sugli enti locali. «Innanzitutto - spiega De Alessandri - perché gli istituti di credito che si sono fatti avanti, a suo tempo, per garantire i finanziamenti, hanno specifi­cato che non si potranno accollare le spese nel caso in cui l'opera dovesse essere interrotta». A seguito di gara pubblica, la quota debito dell'investimento, pari a 412 milioni su un totale di 500 milioni, è stata intera­mente sottoscritta da Bnp Paribas. affiancata dalla Bei, da Unicredit Corporate Banking e da Sace. Un secondo problema potrebbe derivare, inoltre, dalla necessità di trovare una soluzione alternativa all'ince­neritore che, a regime, dovrà smaltire 421 mila tonnel­late di rifiuti l'anno su un totale di 1.200.000 prodotte. L'attuale discarica di Basse di Stura chiuderà a fine dicembre e l'autorità d'ambito della Provincia ha di­chiarato di poter garantire l'autosufficienza fino a metà 2014. «Ma - conclude De Alessandri - dal 2012 cambieranno i livelli di selezione per conferire i rifiuti in discarica e ciò comporterà spese aggiuntive. La situazione è delicata e stiamo cercando di affrontarla insieme a Provincia e Regione».