Alta Velocità: stazione a Susa?

 

di Mario Cavargna da Obiettivo Ambiente (notiziario di Pro Natura Piemonte) n. 5 del 23/4/08 – pag.1

 

L’uscita di nuove ipotesi relative ai percorsi della linea Alta Velocità Torino-Lione, è così incalzante che mi pare opportuno discuterne: in questo caso si tratta della possibilità che la nuova linea abbia una stazione a Susa.

 

I problemi sono due: da un lato l’impatto dei cantieri a ridosso della città e dall’altro la struttura da creare perché questa stazione sia compatibile con il modello di esercizio per cui è stata creata questa linea; e cioè la circolazione di treni TAV e TAC (Alta Capacità).

Come ho già scritto per l’ipotesi di tunnel a Chiomonte l’esempio di riferimento per il cantiere di base è quello svizzero del Gottardo: un’opera che per molti versi è simile alla nostra, anche se è maturata sulla base di dati e di motivazioni del tutto diverse. Il cantiere di Bodio è largo mediamente 200 m e lungo 2 km: secondo gli svizzeri occupa 350.000 mq, cioè la superficie di 70 campi da calcio: teoricamente il nostro dovrebbe essere anche più grande perché riferito a un numero maggiore di Km di galleria.

 

Fondamentalmente il cantiere è una grande stazione ferroviaria: da una parte arrivano i binari normali che portano l’enorme quantità di materiali necessari alla finitura delle gallerie, in particolare il cemento, dall’altra quelli a scartamento ridotto che sono in collegamento con le due “talpe” che, senza interruzione, scavano e costruiscono la galleria in ciclo continuo. In mezzo c’è un grande intreccio di scambi a servizio delle varie installazioni e per la gestione dei materiali che entrano ed escono o sono preparati e stoccati nei vari luoghi. Si potrebbe dire che per la movimentazione si può usare l’autostrada, ma anche gli svizzeri avevano l’autostrada a due passi e non se ne sono serviti.

 

La ferrovia non è solo una soluzione per portare via o fare arrivare quanto è necessario, ma è l’impostazione necessaria per la gestione di un’opera colossale che può essere efficiente solo se fatta attraverso una centrale operativa ferroviaria. Ed infatti al Gottardo c’è un bellissimo plastico ferroviario di una ventina di metri che non serve per i turisti ma per allenare gli operatori.

 

Per un tunnel che inizia a Venaus possiamo calcolare che il cantiere di base arriverà sino alla collina della Brunetta e che sarà collegato alla linea ferroviaria esistente con una galleria di 1 Km sotto di essa. Di fatto, per Susa, sarà un cantiere quasi in casa e, a detta dei sindaci dei comuni vicini al cantiere del Gottardo, si tratta di una esperienza traumatica, con problemi che non si riescono risolvere e con ricadute occupazionali o di indotto inesistenti, perché gli operai ed il cantiere stanno in una struttura completamente autosufficiente; inoltre gli operai allungano al massimo il periodo di lavoro per accumulare i giorni in cui possono tornare a casa. Un tunnel che sbucasse più vicino a Susa sarebbe impossibile, perché non esistono spazi di cantiere così vasti e pianeggianti nei pressi della città, e sarebbe un’ipotesi devastante per la sua vivibilità.

 

Per creare una stazione ferroviaria ad uso di Susa bisogna considerare che, nell’ipotesi standard in sinistra Dora, la stazione dovrebbe essere 900 m dentro la montagna: una stazione ferroviaria in queste condizioni, con traffico misto merci e passeggeri, non è autorizzabile: non è stato fatto neppure a Modane, dove i motivi per farla erano persino maggiori. In più c’è un altro motivo e questo ci introduce in un problema ancora più complesso, che vincola l’esercizio ed aumenta gli impatti.

Nella Torino –Lione dovrebbero viaggiare treni merci e passeggeri con una differenza di velocità di 120 Km/h. Questo vuol dire grosso modo che, ogni ora, prima si devono mandare nella galleria alla massima velocità, tutti i merci intervallati ogni 3 minuti, poi si deve aspettare mezz’ora prima di mandarci dentro un TGV altrimenti, nei 65 Km senza possibilità di sorpasso tra St. Jean e Bruzolo, il TGV raggiunge e tampona il merci che lo precede. È lampante che questo problema dimezza le capacità di trasporto del tunnel, che deve restare vuoto mezz’ora ogni ora; se a questo modello aggiungiamo un treno di passeggeri che deve rallentare prima di scartarsi per Susa e poi per riprendere la velocità massima, si ha una perdita di numero di treni transitabili.

 

Quindi o si fa la TAV- TAC o si fa la stazione. La soluzione potrebbe essere quella di far coincidere la piattaforma in cui i treni Alta Velocità sorpassano i treni più lenti con la stazione per Susa. In questo caso occorre prevedere numerosi binari per poter ospitare, nelle condizioni ordinarie o di emergenza, almeno tutti treni che possono trovarsi nelle due gallerie di base: cioè una ventina; e lunghi abbastanza perché i treni “lenti” possano togliersi dalla linea principale e reimmettersi alla massima velocità. In altre parole tutta la piana tra Susa e Bussoleno diverrebbe un enorme fascio di binari teso trasversalmente tra il versante sinistro e quello destro. L’aspetto interessante di questa soluzione, per chi fa i lavori, è che, il gioco delle quote permetterebbe di collocare qui quei 4-5 milioni di metri cubi di smarino che non si sa proprio dove mettere: utilizzandoli per mettere in piano questo immenso piazzale ferroviario.

 

Quello non interessante per chi vive a Susa o Bussoleno, sarà la polvere, la sporcizia ed il degrado che sono tipiche di queste strutture: come si può vedere a Domodossola.

Quale possa essere il futuro di Susa avvolta da questi due giganteschi cantieri, con la prospettiva di una bruttura permanente, lo lascio dire a chi ha lanciato la proposta. Per quanto riguarda le compensazioni e mitigazioni vorrei ricordare ai segusini la beffa dell’autoporto, promesso per fare di Susa un punto di dogana quando già si sapeva che le dogane sarebbero state abolite, e chiuso dopo una spesa di 30 miliardi di lire, tra investimenti e perdite. Nell’ottobre 1992 la SITAF rendicontò di aver speso per le opere di compensazioni comunali della bassa valle circa 500 miliardi (in cui venivano inclusi i guard rail da 7 miliardi al Km).

 

Io vorrei chiedere ai valsusini se si sono accorti che questi 500 miliardi di lire del 1992 abbiano cambiato qualcosa nella loro vita e nel loro lavoro e di fare attenzione prima di credere che una somma equivalente, spesa chissà come e chissà da chi, tra Susa e Settimo, porti loro qualche vantaggio.