LA STRATEGIA DEL SILENZIO


Editoriale di Tiziano Picco da Luna Nuova del 12/10/10 – pag.1 e 3


In realtà questo palleggio sui numeri fa un po' sorridere. Ricorda la frase del mister che al termine della partita persa per 4-0 si lamentava per un dubbio fuorigioco che avrebbe condizionato il match. Ciò che conta è il risultato. E questo parla chiaro: la valle di Susa rimane caparbiamente No Tav. Se erano "solo" 20mila, come dice la questura (ma chi gli ha insegnato il metodo di conteggio?), oppure addirittura 70mila, come dicono alcuni organizzatori (suvvia, non esageriamo), non lo sapremo mai. Probabilmente una via di mezzo. Ed è un numero che fa girare la testa. Perchè sono almeno sette anni, dalla marcia Borgone-Bussoleno del 31 maggio 2003, che i valsusini rispondono "presente" all'appello. 


Sette anni di "grandi manifestazioni" hanno lasciato il segno ed è proprio questa mobilitazione che ha tenuto lontano ruspe e talpe. Un intero territorio che non s'arrende e che mette sul chi-va-là il mondo politico-imprenditoriale che vorrebbe introitare il generoso contributo europeo per la super-ferrovia. Tutti d'accordo, politica ed economia, di qua e di là delle Alpi, nel sostenere che si tratta di un grande affare. Ma non riescono a convincere gli abitanti. E dire che le hanno provate tutte: dai sorrisi alle carezze, dai manganelli alle minacce, dalle lusinghe alle preghiere. Ma loro, niente. Da quell'orecchio non ci sentono. Se non fossimo nella civilissima Europa del terzo millennio ci sarebbe da temere: la storia è piena di deportazioni, pulizie etniche, stragi. E alle volte non era neanche una vera opposizione, ma semplicemente l'affermare un diritto alla sopravvivenza. Per fortuna, l'Italia repubblicana ha coltivato il valore del dissenso, cioè si può non essere d'accordo senza con ciò diventare un nemico da spazzare via con la forza bruta.


Il respiro di sollievo è però di breve durata perché la strategia di mettere sotto silenzio la protesta di un'intera valle non conosce soste. L'ultima trovata, paradossale, è quella di riservare un solo posto al tavolo politico di Palazzo Chigi per l'unico rappresentante dei 24 sindaci No Tav. Mentre invece potranno dire la loro (e chiedere compensazioni) il sindaco di Giaveno e quello di Claviere, che i cantieri non li vedrebbero neanche con il binocolo. Davvero originale questo sistema: visto che non si può annullare la contrarietà degli abitanti di un territorio, proviamo a diluirla con l'entusiastica adesione di altri territori, adiacenti ma non coinvolti, infatti l'impressione è che si voglia affermare a tutti i costi che la discussione sul progetto va avanti e che alla trattativa partecipano le amministrazioni locali.


Altre punzecchiature degne di nota sono arrivate, nell'ordine, da Mario Virano e Antonio Saitta. Il primo si lamenta che i sindaci fanno cattiva informazione: bizzarro che un simile attacco provenga da chi può sfruttare ampi spazi su tutti i giornali e addirittura è ideatore delle pagine a fumetti sulla storia dei trasporti in Piemonte apparse sulla Stampa. Il confronto tra i mezzi di informazione a disposizione è davvero impari, piuttosto Virano dovrebbe chiedersi il perché non è ancora riuscito a convincere i valsusini: forse dovrebbe usare la sua influenza con il governo per far sì che dimostri le buone intenzioni, magari cominciando dal nodo ferroviario di Torino. Invece per il momento le uniche ricadute del Tav sono i 165mila euro di "disturbo" versati da Ltf a Consepi per un sondaggio mai eseguito.


Il secondo se ne esce con la boutade che, siccome i sindaci fanno una battaglia retrò, contro il progresso, allora provvederà lui stesso a rappresentare gli interessi dei valsusini; forse il presidente della Provincia ha dimenticato la fugace visita al mercato di Susa nel mese di gennaio, quando nessuno gli consegnò alcuna delega sul Tav, anzi, ogni sua affermazione venne civilmente ribattuta. E non mi pare che le posizioni siano mutate.


Ultimo pensiero per la sindaca di Susa, che scoprendo l'impatto dei cantieri sulla sua città si appresta ad alzare il livello di resistenza al progetto Tav. Una posizione comprensibile e per certi versi condivisibile. A patto però che Gemma Amprino si ricordi che il territorio segusino non è un'isola in mezzo al mare, ma confina con altri comuni e ogni linea che si traccia (sia una teleferica o una strada) ha un immediato risvolto anche sui paesi vicini. Credo che una trattativa, legittima, per carità, non possa però avanzare a macchia di leopardo, trascinandosi dietro uno strascico di ingiustizie e malumori che rischia di avvelenare il clima sociale.