La valle No Tav si scopre in frantumi

 

70 amministratori chiedono a Ferrentino di uscire dall’Osservatorio

 

di Massimiliano Borgia, da Luna Nuova del 4/12/07 – pag. 3

Gli amministratori più vicini ai comitati No Tav spingo­no sull'acceleratore dell'uscita dall' Osservatorio. Quattro sindaci (Bussoleno, Condove, San Didero, Chiusa S.Michele), un'intera giunta (Giaglione), e una cinquan­tina di consiglieri comunali hanno firmato un documento esplosivo che spacca il fronte unitario dei 23 comuni della bassa valle e che è un duro colpo all'immagine di leader istituzionale della protesta che Antonio Ferrentino ha in tutta Italia. Un documento che forza la mano sul fronte No Tav ma che rischia di ritorcersi come un boo­merang in quelle situazioni dove i sindaci firmatari sono sostenuti da una maggioranza che non è affatto d'accordo con l'impostazione del documento e con l'uscita dall'Os­servatorio.

 

Dopo un paio di riunioni il documento degli amministratori dissidenti è stato presentato ieri a Ferrentino che ha respinto le proposte che contiene, investendo subito la giunta di Comunità mon­tana convocata mercoledì per una riunione che si prevede burrasco­sa: in quella sede chiederà infatti una verifica di maggioranza.

 

Lo strappo era nell'aria. Sulla spinta dei comitati, gli ammini­stratori hanno deciso di andare oltre quelle delibere dei consigli comunali che l'estate scorsa ave­vano già fatto scricchiolare l'unità tra gli amministratori e tra ammi­nistratori e movimento. Ora inizia un confronto politico interno alla valle che, comunque vada a finire, non lascerà tutto come prima. Ad iniziare dal fatto che oggi è scritto nero su bianco che c'è una gran fetta di amministratori che non si riconoscono nelle posizioni di Ferrentino e che non si sentono da lui rappresentati quando parla a nome della valle di Susa.

 

Il documento chiede

«un in­contro politico urgente, entro la prima decade di dicembre, fra am­ministratori della valle. Potrebbe andar bene anche una Conferenza dei sindaci, purché allargata a tutti gli amministratori interessati, tutti con diritto di parola e tutti con pari dignità. Proponiamo di mettere in discussione e in votazione, in quella riunione, l'immediata usci­ta dall'Osservatorio, sulla base delle motivazioni sopra espresse. Proponiamo, nel caso in cui si rie­sca a raggiungere un accordo sulla richiesta di sospensione dei lavori dell’Osservatorio, o su una nostra uscita dal medesimo, di darne immediata e forte comunicazione al governo italiano, al Parlamento europeo e ai media nazionali e stranieri, motivandone le ragioni e segnalando come il lavoro, pur apprezzabilissimo e certamente onesto dei nostri tecnici, non abbia più ragione di prosegui­re, poiché sono venute meno le condizioni di base su cui l'Osser­vatorio stesso era stato istituito.

 

Proponiamo infine di pianificare insieme una nuova strategia per discutere ed eventualmerte fron­teggiare le prossime scelte  del governo in rnateria di politiche trasportistiche e di pianificazione territoriale riguardanti la Valle dì Susa. Siamo infatti convinti che sia nostro preciso dovere trovare oneste e dignitose alternative tanto all'attuale ambigua condi­zione di forzata sopravvivenza di un ormai inutile Osservatorio, quanto alla altrimenti inevitabile militarizzazione di un territorio che ha già dimostrato e continua a dimostrare in ogni modo pacifico e democratico la totale indispo­nibilità ad accogliere una nuova infrastruttura al suo interno».

 

Secondo i firmatari occorre uscire dall ' Osservatorio perché :

1)       ha esaurito il suo compito (la linea storica non è satura, dunque non serve progettare oggi e realiz­zare domani una linea nuova);

2)       ha via via modificato, nonostante l'impegno dei tecnici della valle, il suo mandato (valutare se fare l'opera e non presentarsi come luogo di trattativa, di "concerta­zione con i tenitori interessati", per decidere come e dove realiz­zare l'opera);

3)       è stato utilizzato con strategica precisione da chi nel governo prima ha a lungo convocato conferenze e preconfe­renze dei servizi, poi ha presentato progetti segreti, che nessuno ha visto o potuto vedere, per richiedere finanziamenti europei. E se il fatto non fosse in sé gravissimo, sarebbe ottimo materiale per una farsa.

 

Riteniamo che mantenere ar­tificialmente in vita questo stru­mento non faccia che aggravare il disorientamento generale attorno al tema. Disorientamento che i proponenti l'opera e i media sanno perfettamente come usare a loro favore e a nostro danno. E' evidente che non ci sfuggono la gravità del momento e i rischi futu­ri. Siamo consapevoli che la valle tornerà ad essère isolata, come è stata per tanti anni. E che meno si è, più facile è restare stritolati. Ma non siamo neppure mai stati tanto ingenui da pensare che il fronte del No, specie fuori dalla valle (dove è sempre stato piuttosto un fronte del "come") potesse resistere a lungo compatto. E' evidente che nessuno di noi ambisce a tornare a costruire barricate, sappiamo anche però che il momento in cui i giochi si scopriranno, i progetti fantasma saranno tirati fuori dal cilindro e si tornerà a parlare di carotaggi e discenderie e cantieri si fa sempre più vicino.».

 

Parole che sembrano uscite da alcuni leader dei comitati e che gli amministratori non avevano mai espresso in questi termini. Parole che sembrano portare indietro il fronte del No agli anni prima del 2005.

 

Ora Ferrentino è infuriato. «Vo­gliono mettere in un angolo me? Facendo così mettono in un an­golo tutta la valle di Susa. Questo territorio ha un estremo bisogno di uscire doli 'autoreferenzialità e dimostrare che ha delle ragioni a portare avanti questa battaglia. Ragioni che hanno bisogno di sedi di confronto per spiegarle. Con questa mossa intravedo solo il rischio di un isolamento marcato della bassa valle che non utile a nessuno. Un fatto che sarebbe estremamente negativo dopo che per anni abbiamo fatto tanto per estendere là nostra battaglia al di fuori della valle, a partire dai co­muni dell'area metropolitana».

Il presidente della Comunità montana bassa valle non ha ac­cettato le richieste contenute nel documento perché «quel percorso non è assolutamente praticabile. Che vuoi dire chiedere di formare una conferenza degli ammini­stratori interessati? Chi sono gli "amministratori interessati? Come li individuiamo? Finora abbiamo convocato la Conferenza dei sindaci e mai e poi mai accet­terò un 'assemblea generica di amministratori che abbia potere decisionale. Il nostro percorso ha sempre fatto perno sui sindaci. Sta a loro confrontarsi con i rispettivi consigli comunali oppure con le rispettive maggioranze. I rappre­sentanti dei comuni sono i sindaci, a loro è demandato il compito di fare sintesi tra le posizioni anche diverse che eventualmente vengo­no fuori nei comuni».

 

Eppure 59 amministratori della bassa valle (più otto dell'alta valle) che firmano per uscire dall'Os­servatorio su un totale di circa 400 consiglieri comunali del 23 comuni della bassa valle non sono pochi: non si può certo ignorare numeri così.

 

«Non minimizzo certo un fatto politico così importante. Il percorso che abbiamo intrapreso, accettando di entrare nel Tavolo politico e nell 'Osservatorio, è quello condiviso dalla stragrande maggioranza dei cittadini della valle di Susa. Io sono tra quelli che pensano che sia maturo il tempo per indire referendum in tutti i co­muni per fare esprimere i valsusmi sul percorso che vogliamo fare. Se c’è un problema di comunicazioni a tutti gli amministratori è un problema dei singoli sindaci e dei singoli comuni».

 

Che ne farà adesso di questo documento? «Un 'assemblea tra amministratori si può anche fare, per fare il punto della situazione. Un incontro tra amministratori, ma che non abbia assolutamente pote­re decisionale. Poi, se 14 sindaci (la maggioranza, ndr) verranno in Consiglio di Comunità mon­tana sostenendo le posizioni di questo documento, non potrò fare altro che trarre le mie conclusioni politiche».

 

 

Joannas e Vair: “Preoccupati dalle parole di Prodi”

 

L'Osservatorio ha dimostrato con il suo lavoro che il Tav non è urgente, anzi, se c'è un punto dove i lavori ferroviari sono urgenti è Torino e non al confine con la Francia. Quindi, per gli amministratori firmatari del documento consegnato ieri a Ferrentino, non ha più senso continuare a stare nell'Osservatorio. La sintesi la dà Beppe Joannas, sindaco di Bussoleno, da sempre su posizioni vicine ai Comitati. «L'Osservatorio è stato accettato dalla valle perché si presentava come il luogo dove avremmo potuto dimostrare che l'opera non serve - ricorda - Con i primi due quaderni i tecnici hanno concluso proprio che il Tav non è necessario oggi. E allora che ci stiamo ancora a fare? Se si vuole continuare a discutere del nodo di Torino si faccia pure ma mi pare una questione che non tocca più noi valsusini. I nostri tecnici hanno svolto un grande lavoro e l'Osservatorio è stata una scelta utile. Ma ora i lavori per noi valsusini sono finiti».

 

Joannas esprime un parere personale, ma su queste posizioni sono un po' tutti i firmatari. Il casus belli che ha convinto gli ideatori alla redazione del documento è stata l'ultima conferenza stampa di Prodi dopo il vertice di Nizza. «Come facciamo a fidarci quando il capo del governo detta i tempi dell'opera? La mia personale impressione è che alla classe politica di questo Osservatorio non gliene frega niente e che sia usato solo come schermo per dire che gli amministratori della valle di Susa sono concordi con il fatto che l'opera si deve fare».

Ma Joannas ribadisce che la sua è una posizione personale che non impegna la sua maggioranza a Bussoleno e che non deve suonare come una sfiducia a Ferrentino.

 

Giorgio Vair, vicesindaco di San Didero, invece punta di più sul pro­blema della rappresentanza degli amministratori che non la pensano come i sindaci che vogliono continuare a stare dentro l'Osservatorio. «Quello che chiediamo è un confronto sereno tra tutti gli ammini­stratori - afferma -possiamo decidere già lì cosa fare oppure aprire una serie di incontri rimandando la discussione anche ai singoli consigli comunali e in consiglio di Comunità montana. Però quello che vogliamo è che si discuta anche delle nostre posizioni che per ora sono minorotarie ma che comunque devono potersi confrontare con quelle degli altri amministratori». In pratica il riconoscimento che dai comuni della valle non esce più unanimità di posizioni ma che le posizioni sono almeno due: una che vuole stare dentro l'Osservato­rio e un'altra che vuole uscire. «Siamo semplicemente preoccupati di quello che potrebbe accadere tra qualche mese - continua Vair - Con un governo che continua a parlare di progetti e di tempi che saranno rispettati. E poi che male c’è a chiedere di allargare la par­tecipazione al confronto? Ci sono molti consiglieri che per come si svolgono le riunioni e le convocazioni della Conferenza dei sindaci non sanno nulla di quello che si dice. Non possiamo pensare che un sindaco decida su cose su cui non ha informato il proprio consiglio comunale».