Badolato: primo centro di accoglienza in Calabria CARTA settimanale 18 - 24 Luglio 2008 Nella nostra testa non esiste. Non possiamo neppure pensare di prendere in considerazione una condizione come quella di chi si trova a vendere la propria casa, vendere quello che ha per pagare uno scafista e attraversare il mare (sette, ottomila euro), mettendo in conto di rischiare la vita. Possiamo essere solidali, buonisti, tutto quello che si vuole ma non si arriverà mai a capire veramente il dramma di queste persone. Diverso quando te li trovi davanti. Uno degli ultimi sbarchi, in Calabria fra Stignano e Riace, nella notte dell’8 luglio. Daniela è responsabile del Cric (centro regionale intervento cooperazione ) di Reggio Calabria, una quarantina d’anni, piglio decisionista perché il suo compito non è facile. Non è facile per una giovane donna lavorare in quelle situazioni di emergenza, farsi accettare come figura di riferimento. Una professionalità acquisita sul campo, grande energia, capace di inventarsi un coordinamento dei centri di accoglienza della zona: Cosenza, Acri, Riace, Crotone, Isola di Capo Rizzato, Badolato. La sua vita ha cambiato direzione da quando ha vissuto direttamente uno dei primi sbarchi sulle coste del mar Jonio. Era una domenica, il 24 agosto del ’97. Sulle spiagge sbarcano a Badolato quattrocento e sessanta immigrati, la metà sono kurdi irakeni. Daniela ricorda l’evento: “una marea umana che avanzava, un Quarto Stato”. Non lo sapeva ancora ma da quel giorno tutto sarebbe cambiato. Badolato piccolo borgo medioevale arroccato su una collina, paese pressoché spopolato decide di accogliere quelle persone lanciandosi in un progetto che divenne pilota. Facile capire le difficoltà incontrate, tuttavia la gara di solidarietà permette questa prima accoglienza. Sarà il sindaco di allora Gerardo Mannello con il Cir a dare vita a questa nuova forma solidale che parte dall’utilizzo delle case abbandonate. Qualche mese dopo a dicembre ’97 un nuovo arrivo con oltre ottocento persone in condizioni disumane. Famiglie divise, uomini da una parte donne e bambini dall’altra, Daniela si trova a fare da tramite ad accogliere le richieste di aiuto, a fare in modo che le famiglie si ritrovino. Esperienza che lascerà un segno grande e si trasformerà in un progetto lavorativo in un coinvolgimento totale.
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